L'America Latina sul baratro di un nuovo decennio perduto
Fonte: Latin America News Dispatch

Dal primo caso in America Latina (in Brasile, il 26 febbraio), l’allerta è massima. Il continente, in data 8 aprile 2020, registrava nel complesso almeno 45.800 casi confermati di COVID-19 e le cifre sono in costante crescita. Molti Paesi hanno dichiarato lo stato d’emergenza e chiuso le frontiere, mettendo in campo lockdown e misure generalizzate di contenimento della pandemia.

Come in Europa, i paesi dell’America Latina stanno vivendo una crisi sanitaria eterogenea: dalle minimizzazioni di Bolsonaro le cui conseguenze rischiano di colpire la popolazione più vulnerabile (tra cui le popolazioni indigene), alle relative buone risposte di Argentina e Cile, fino a una drammatica crisi sanitaria in Ecuador, con i corpi dei deceduti lasciati in strada a causa della lentezza dei servizi sanitari per prelevarli.

Tuttavia, come sottolinea la Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL) in un rapporto appena pubblicato, il continente affronta la pandemia in una posizione molto più debole rispetto al resto del mondo, e la crisi sociale generalizzata rischia di esplodere e di diventare una questione di classe.

Manifestazione a favore del Presidente Bolsonaro, Brasilia, 15.3.2020. Fonte: limes

Infatti, da un lato il decennio appena conclusosi ha registrato per l’America Latina un tasso di crescita medio del PIL piuttosto debole (+2%) e un incremento nei tassi di povertà e di povertà estrema (giunti rispettivamente al 30% e al 11%), secondo l’Osservatorio COVID-19 della CEPAL; dall’altro, le già fosche prospettive del commercio estero regionale non faranno che aggravarsi, sia in termini di valore che di volume delle esportazioni, per via della caduta dei prezzi delle materie prime (nelle quali i Paesi latinoamericani sono specializzati), del crollo dell’attività economica dei principali partner commerciali (soprattutto la Cina) e della distruzione di anelli delle cosiddette catene globali di valore.

Senza contare il possesso di armi spuntate che inabilitano una reazione forte, dovute ai limitati spazi fiscali rispetto alla crisi 2007-2008, come avverte José Antonio Ocampo, in passato Segretario Esecutivo della CEPAL e oggi professore alla Columbia University. Di conseguenza, le Banche Centrali dovranno intervenire comprando titoli di Stato e garantendo linee di liquidità, o monetizzando direttamente i deficit ormai inevitabili.
Secondo le stime più ottimistiche (CEPAL) il PIL del continente nel 2020 cadrà del 2%, mentre per Goldman Sachs la caduta si assesterà intorno al 4%, con grandi disparità tra i Paesi, soprattutto per quelli più a rischio di crisi finanziaria domestica (Ecuador e Argentina).

Non solo, ma la crisi economica indotta dalla crisi sanitaria e dalle misure di contenimento si propagherà capillarmente avendo impatti sociali ancora più devastanti, esacerbando la struttura profondamente diseguale del continente (a livello sanitario, educativo, occupazionale e di protezione sociale) e mettendo sotto pressione le già fragili democrazie della regione.

I sistemi sanitari in America Latina, alcuni già in difficoltà per l’epidemia di dengue, mancano del personale qualificato e di dispositivi medici, per gli insufficienti livelli di investimento in questi anni (in media 2% del PIL, ben lontani dalle raccomandazioni delle Nazioni Unite del 6%).
La loro frammentazione in sistemi più o meno privatizzati e la concentrazione geografica nei centri urbani non garantiscono affatto un accesso universale alle cure, che come risultato sono qualitativamente diverse per strati diversi della popolazione.

La chiusura delle scuole avrà impatti ben più ampi del solo aspetto educativo, negativo in termini di apprendimento: molti programmi di sicurezza alimentare per i bambini si effettuano proprio attraverso le strutture scolastiche, mentre moltissime istituzioni educative non possiedono le infrastrutture digitali necessarie per proseguire con le lezioni, né gli alunni hanno pari accesso a dispositivi digitali o a internet a banda larga.

La crisi è drammatica anche sotto il punto di vista occupazionale, sproporzionatamente più pesante sugli strati della popolazione più vulnerabili e sulle micro, piccole o medie imprese (che rappresentano il 99% del tessuto imprenditoriale). Basti pensare che il settore dei servizi (commercio, trasporti, servizi alle imprese e sociali costituiscono il 64% dell’occupazione regolare) e il settore informale che nella sola America Latina rappresenta più della metà dell’occupazione (53%) stanno soffrendo già solo per le misure di quarantena.

Gli alti tassi di lavoro autonomo e di informalità dell’economia latinoamericana portano alla luce l’insufficiente protezione sociale (pochissimi Paesi ad esempio hanno sistemi di sussidi di disoccupazione), mentre i programmi già esistenti per le fasce più povere e finanziati con la fiscalità generale (le cui capacità sono minime) dovranno essere necessariamente ampliati includendo gruppi di reddito più alti.

A conclusione del suo rapporto, la CEPAL raccomanda stimoli fiscali poderosi, sia per sostenere i sistemi sanitari nazionali sia per proteggere i redditi e l’occupazione. Un’altra misura da intraprendere è potenziare i meccanismi di protezione sociale attraverso trasferimenti diretti di reddito, la proroga del pagamento di affitti e mutui e prestiti alle imprese per pagare gli stipendi.

A livello multilaterale, le organizzazioni internazionali dovrebbero progettare nuovi strumenti finanziari per sostenere economicamente l’America Latina, consentendo il differimento del debito estero per aumentare lo spazio fiscale (per esempio per l’Argentina e molti paesi dei Caraibi) e togliendo le varie sanzioni che impediscono l’accesso ad alimenti, materiale sanitario e tamponi.

In America Latina la crisi sanitaria sta mettendo in evidenza quanto il sistema della globalizzazione e il modello di sviluppo sottostante siano fragili, retti dal solo commercio internazionale come motore di crescita.
O si riforma nel profondo la geopolitica della globalizzazione per un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo, intaccando le disuguaglianze strutturali di cui è contraddistinta, o l’America Latina, come avverte l’attuale Segretaria Esecutiva della CEPAL Alicia Bárcena, andrà verso il baratro di un «nuovo decennio perduto».

Augusto Heras

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