«LIlva deve continuare ad essere un sito produttivo. Io non andrei a passare le mie vacanze lì. A meno di non farne una grande Eurodisney, ma servirebbe una quantità di fondi privati». Parola di Gian Marco Centinaio (Lega), ministro delle Politiche Agricole e del Turismo nel governo Conte.

Botta e risposta

La risposta, come prevedibile, non si è fatta attendere. Per Michele Emiliano quella di Centinaio «È una dichiarazione molto impegnativa per un ministro, perché vuol dire che c’è una compromissione dello stato di salute così grave che bisognerebbe immediatamente intervenire». Qualora il Governo decidesse di chiudere l’acciaieria più grande d’Europa, il presidente della Regione Puglia non si opporrebbe di certo. «… Se viceversa si deciderà per la sua continuità produttiva, noi insisteremo sulla nostra posizione perché è evidente che l’acciaieria non può certo continuare come ora» le parole di Emiliano.

Anche il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci ha replicato alla frase incriminata. Il primo cittadino ha invitato il neo ministro Centinaio e il leader della Lega Salvini nella “Città dei due mari” affermando che «Il ministro del Turismo ha l’obbligo di promuovere ogni angolo del Paese che rappresenta, anche il luogo meno avvenente deve essere messo da lei in condizione di creare sviluppo e turismo».

Di Maio in peggio

Nell’articolo dedicato al capitolo ambientale, contenuto nel contratto per il governo del cambiamento stilato da M5S e Lega, avevamo già accennato al presunto e sempre più probabile scontro che coinvolgerà le due forze politiche di maggioranza nel momento in cui sarà necessario affrontare concretamente la qestione Ilva.

Da un lato il partito guidato da Matteo Salvini che non ha mai avuto intenzione di chiudere il sito siderurgico tarantino e che lo ribadisce; dall’altro, il Movimento capitanato da Luigi Di Maio che sembra cambiare idea sui vari argomenti in base a un fattore talmente misterioso da risultare incomprensibile anche al più accanito elettore grillino.

In questi giorni il neo Ministro dello Sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, intervistato da Rtl, ha sottolineato l’importanza del diritto alla salute dei cittadini di Taranto, precisando al contempo che «Tutte le decisioni sull’Ilva saranno prese col massimo della responsabilità».

Un’opposizione confusa

Se per Michele Emiliano la decisione da prendere è quanto mai chiara, nel Partito Democratico parrebbe esserci una gran confusione.

Lo scorso 12 maggio, su Twitter, il social network preferito dal mondo politico, andava in scena l’ennesimo scontro tra uomini di potere. La particolarità stava nel fatto che i due protagonisti facevano parte dello stesso schieramento, il Partito Democratico. La lite fra Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico, e Francesco Boccia, ex Presidente della V Commissione della Camera dei deputati e sostenitore di Michele Emiliano come candidato alla segreteria, è solo una delle tante crepe che la questione Ilva sta aprendo all’interno del PD.

Anche Gennaro Migliore sembra essere contro quella che sotto l’aspetto ambientale rappresenterebbe la scelta giusta da prendere – l’unica scelta sensata, in effetti. L’ex enfant prodige della rivoluzione ha infatti accusato di irresponsabilità il Governatore della Puglia, che ribadiamo essere a favore della chiusura dell’Ilva.

«Bisogna uscire da questa dicotomia. La quantità di scelte che abbiamo è determinata dalla politica, ma esistono altre alternative». Tra mille opinioni e apparentemente solo due soluzioni, molto interessante è la prospettiva su cui Viola Carofalo, portavoce di Potere al Popolo, basa la propria idea.

La logica delle cose per l’Ilva e per Taranto

Il discorso legato alla più grande acciaieria d’Europa è certamente una spina nel fianco per l’attuale Governo, come lo è stato per quello precedente. Un articolo non basterebbe a spiegare in maniera approfondita la questione, che da anni è oggetto di discussione sia politica che pubblica.

Sui piatti della bilancia, da un lato le sorti di 14 mila lavoratori e di un consistente indotto sociale ed economico, dall’altro l’infausto destino a cui l’ambiente va incontro, con le inevitabili, prevedibili, quanto drammatiche conseguenze per la salute dei cittadini. I tarantini saranno costretti a compiere l’infame, immorale scelta tra lavoro e salute, entrambi diritti costituzionalmente garantiti.

Per alcuni, per molti in realtà, la scelta più logica da prendere è quella che vede una riqualificazione ambientale del sito utile a garantire la continuità del lavoro assicurando al contempo la tutela ambientale. Per altri l’unica soluzione logica è la totale chiusura delle acciaierie e, magari prendendo spunto dall’idea di Beppe Grillo, una riconversione delle stesse in una nuova attività non inquinante atta a proteggere i posti di lavoro. Ed è qui il caso di scomodare Albert Einstein, prendendo in prestito una sua citazione: «La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto».

Punti di vista

Per uscire dalla suddetta dicotomia possono rivelarsi utili le parole di Aldo Battista, cassaintegrato Ilva, secondo cui, tenendo conto della chiara espressione di voto dei tarantini che lo scorso 4 marzo hanno scelto i 5 Stelle, consentendogli di imporsi come primo partito in città con il 47% dei consensi, l’impianto siderurgico va chiuso.

E i lavoratori? «La dismissione creerà lavoro per altri 30 anni. La struttura dovrà essere smantellata, il territorio bonificato, poi ripopolato di quelle colture agricole che ne rappresentavano la vocazione naturale. Non sarà facile, perché il danno ambientale perpetrato in 50 anni di Ilva è stato enorme, ma bisogna cominciare. Questa può diventare la capitale d’Italia della decrescita felice», afferma Battista.

In realtà quello di cui abbiamo urgentemente bisogno è un radicale cambiamento di mentalità, che ci permetta di affrontare i problemi sotto nuovi punti di vista, di scoprire nuovi modi di intendere il lavoro e più in generale il significato di benessere. Forse questo ci farà scoprire che il pensiero dicotomico, il black and white thinking, il ridurre la complessità delle cose, dei problemi a due sole categorie contrapposte, che si escludono l’una con l’altra o che sono in irreparabile conflitto tra loro, non è altro che un vecchio modo di fare, un vecchio modo da dimenticare.

Questo vecchio modo di fare potrebbe portare a uno scontro tutt’altro che improbabile tra le due forze politiche di maggioranza. Come già ampiamente dimostrato, la questione Ilva rappresenta un vero e proprio banco di prova per il “Governo del cambiamento”, il primo che potrebbe portare a una crisi in cui, nonostante tutto, pochi sperano, poiché rimanderebbe ancora una volta a domani quello che doveva essere fatto ieri l’altro.

Marco Pisano

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