La tabella di marcia del premier Renzi procede senza intoppi e senza per il momento alcun temibile avversario ad ostacolarne il corso.

Gli 80 euro, il Jobs Act, a breve il Senato, e adesso l’abolizione di Tasi e Imu.

Questione di tempo ed anche questa sarà fatta: la tanto proclamata riduzione delle tasse sarà parte integrante della prossima legge di stabilità, mentre bisognerà ancora attendere per la riforma delle pensioni.
Nonostante arrivi da più parti un sentimento di diffusa approvazione per il taglio alle tasse, con qualche perplessità tutt’al più riguardo alle coperture, si è distinta qualche giorno fa la voce dissonante del vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini. Una dura analisi quella di Fubini, che vale la pena di essere considerata.

Come fa notare il vicedirettore del Corriere, l’abolizione di Tasi e Imu sarà un provvedimento che “coinvolgerà” la maggior parte della popolazione italiana, secondo il più recente censimento ISTAT (2013) infatti il 72,1% delle famiglie italiane posseggono una casa di proprietà.
«Dunque poco meno di un terzo dei residenti in Italia resterà fuori dall’operazione Tasi e Imu, perché non le pagava», fa notare Fubini, ipotizzando, però, che sarà questo terzo della popolazione a doversi caricare gli oneri della manovra, in particolare i 3,5 miliardi di “compensazioni” promessi da Renzi ai Comuni per sopperire alla privazione di un grande introito.
Dunque l’abolizione di Tasi e Imu sarà una manovra finanziata dai pochi per agevolare i tanti: un provvedimento perfetto economicamente e politicamente parlando! Ma è proprio su questo punto che verte invece l’analisi critica di Fubini, che snocciolando ancora qualche statistica si interroga più approfonditamente sulla natura dei due terzi coinvolti nella manovra e su quella della terza parte (a suo avviso finanziatrice).
L’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane pubblicata lo scorso anno (su dati del 2012) mostra una considerevole inversione di tendenza rispetto al censimento ISTAT sopracitato, quando a venire considerate sono le famiglie con capofamiglia al di sotto dei 35 anni: tra queste solo il 44,7% possiede una casa di proprietà, e dunque fra i giovani una fetta importante non percepirà alcun vantaggio dalla manovra.
Pagano Imu e Tasi il 76,6% delle famiglie con capofamiglia laureato, mentre solo il 58,5% di quelle con capofamiglia diplomato. L’85,3% dei dirigenti, ma solo il 47,5% degli operai.

Giovani, poco istruiti, operai. La terza parte della popolazione italiana che non percepirà vantaggi dalla prossima manovra sembra corrispondere al perfetto identikit del precario, o del morto di fame se si preferisce, che secondo Fubini dovrà inoltre “compensare” i costi del provvedimento. «Un trasferimento di risorse dai giovani agli anziani, dai meno istruiti ai più istruiti, da chi guadagna meno a chi guadagna di più e dagli immigrati agli italiani», sentenzia il vicedirettore.

Tutto è fermo sugli altri campi. Il premier Renzi dà priorità assoluta a questa manovra, rimandando una discussione approfondita della questione pensioni “alle prossime settimane o ai prossimi mesi”, con buona pace di Cigl, Cisl e Uil che vorrebbero la riforma già nella prossima legge di stabilità. Una riforma “a somma zero” in ogni caso, perchè la scarsa disponibilità delle casse italiane è già adoperata oltremodo nella cancellazione di Tasi e Imu, possibile solo dopo l’ultima apertura europea ad un incremento della flessibilità sul debito pari allo 0,3 %.

Nel complesso la nuova operazione del governo costerà più di 25 miliardi, un investimento in prospettiva sperando nella crescita del Pil che ne dovrebbe derivare: Renzi mette soldi in tasca (o meglio non li leva) a quella larga fetta d’Italia che già poteva permettersi buoni consumi, che a questo punto dovranno diventare ottimi. Scansato per il momento il capitolo pensioni, marcisce ancora in commissione dal 2013 la proposta del Movimento 5 Stelle sul reddito di cittadinanza.
È questo un provvedimento del quale si è parlato molto, anche troppo in relazione a quanto effettivamente venisse discusso nel frattempo in Camera o in Senato, ovvero per nulla.
Il reddito di cittadinanza si pone come il principale antagonista della cancellazione di Tasi e Imu, in quanto propone gli stessi effetti (aumento del Pil) seguendo procedimenti opposti, strade parallele.
Questo non coinvolgerebbe la maggior parte della popolazione, e nemmeno un terzo, secondo le stime la fetta d’Italia che ne trarrebbe vantaggio sarebbe pari a circa il 10%. Ora è normale interrogarsi sul cittadino “tipo” che compone questa ristretta fetta, gli “ultimi” come ripetono i pentastellati: il provvedimento coivolgerebbe gli individui che non guadagnano più di 780 euro, ovvero gli individui sotto la soglia di povertà. Questi si vedrebbero consegnare dallo Stato l’esatta somma che gli manca per superare la soglia, al netto dell’attuale reddito. Qualora poi l’individuo avesse anche figli a carico, le elargizioni statali sforerebbero i 780 euro, fino a superare i 1000.
Gli unici obblighi che verrebbero imposti al beneficiario di tale agevolazione sarebbero la frequentazione di corsi di formazione, oltre all’accettazione di almeno un nuovo lavoro tra le tre proposte dell’agenzia di collocamento.

Come già detto, anche il reddito di cittadinanza punta ad un incremento graduale del Pil nazionale, con stime simulate che vanno dall’1% al 3%, secondo il vicepresidente della Camera Di Maio.
Il costo della manovra sarebbe di 15 miliardi di euro, dei quali 10 ricavabili da una cancellazione del bonus di 80 euro ormai diventato strutturale, e che con questa manovra sarebbe di fatto inutile. Quindi 5 milardi necessari di copertura, a fronte dei 25 della prossima abolizione di Tasi e Imu.

Che la manovra più onerosa sia anche quella più efficace? Lo dirà il tempo; ma se la sua controparte meno dispendiosa non vedrà mai la luce, un confronto sarà sempre impossibile.

Valerio Santori

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