Da un satellite sarà grande quanto un pugno di noci – forse stiamo anche esagerando – e sì, vi perdereste a cercarla anche sulla prima cartina a portata di mano perché, in realtà, sono tanti i paesi e le metropoli nascoste fra un confine e l’altro; tuttavia da sette anni a questa parte sulle mappe di (quasi) ognuno di noi ha esordito anche Singapore.

A localizzarlo si impiega un po’ di tempo, e per farlo dobbiamo spostarci fin sull’estremo più a sud della penisola malese, a 152 km dall’equatore, in piena zona monsonica, dove al massimo potreste restare due o tre giorni a godervi gli oltre settemila abitanti per chilometro quadro. Il tempo,  insomma, di rendervi conto di esser sbarcati in uno Stato di cui l’omonima capitale occupa (quasi) l’intero territorio e in cui, probabilmente, dal 2008 ad oggi, siete finiti solo perché, in genere a metà settembre, è in programma il Gran Premio di F1.

Attenzione, perché non fareste assolutamente dieci e passa ore di volo per starvene lì fermi a guardarvi il noiosissimo tracciato di Marina Bay, e presentarvi in tribuna magari in mascherina e binocolo, se dal principio non valgono alcune certezze. Un vero e proprio cittadino, uno di quelli in cui – altro che Monaco, dove le strade sono lisce e levigate! – l’asfalto è altamente abrasivo, caldo e consumato; un tracciato impervio, ricco di curve, staccate al limite e per questo decisamente lento, dove lo sforzo dei piloti va sicuramente incrementando. Un’ulteriore complessità è data dall’arredo urbano, comprese le strisce pedonali e i tombini che possono far slittare le vetture e rappresentare un pericolo in più per chi siede nell’abitacolo. Il Gran Premio di Singapore ritrasforma interamente gli assetti delle vetture, che devono così passare da un setup molto scarico (utilizzato a Monza e in Belgio) a uno ad alto carico aerodinamico, rivedere il telaio e, soprattutto, salvaguardare gomme e carburante. Infatti, qui si brucerà la maggior quantità di benzina per giro della stagione, e in qualche caso si potrebbe arrivare al limite dei 100 kg di combustibile concessi.

Felipe-Massa-Ferrari-Singapore-2008

Ormai le parole “carburante”, “bocchettone” e “Singapore” si fa fatica a non farle entrare in una stessa frase. Il riferimento, chiaramente, è all’edizione del 2008 che, per farla breve, è quella in cui l’allora pilota della Ferrari Felipe Massa ripartì dai box portandosi dietro il bocchettone per il rifornimento (e per poco anche il meccanico!) e senza evitare di spargere carburante nella pit-lane. Un siparietto tanto comico quanto pericoloso, da cui scaturì in parte la successiva decisione di limitare i pit stop ai soli cambi gomme o a veloci operazioni sulla vettura dal campionato del 2010 in poi.

In realtà il contesto torna utile, dal momento che proprio pochi mesi fa – maggio 2015 – commentavamo il summit dello Strategy Group di F1 da cui è spuntata, tra le altre cose, la proposta di reintrodurre i rifornimenti per il 2017. Durante l’incontro, a cui parteciparono Bernie Ecclestone, il presidente della FIA, Jean Todt, e rappresentanti di Ferrari, Mercedes, McLaren, Red Bull, Williams e Force India, i punti toccati furono svariati, ma per lo più indirizzati verso un rinnovo in termini di spettacolo, aerodinamica, prestazioni e regolamento delle vetture. È chiaro, infatti, che con i progressi fatti negli ultimi tempi nell’ambito della gestione elettrica dei motori e nell’interesse di rendere le macchine ancor più performanti sul giro, un carico di carburante in meno alleggerirebbe considerevolmente le monoposto, abbassando nuovamente i tempi sul giro. A questo proposito, poi, suonano nette e precise le parole dello stesso Massa, ora in Williams, che nonostante abbia – ci prendiamo la responsabilità di scriverlo – perso un mondiale per una questione simile, si ritiene d’accordo sul ripristino del rifornimento in gara:

“I piloti devono essere coinvolti nelle decisioni. Mi ricordo che durante l’inverno ho parlato con Jean Todt e lui mi ha chiesto perché le gare ora sono molto più lente rispetto a prima. Gli ho spiegato che è perché abbiamo il serbatoio pieno, la vettura è più pesante e così la corsa è molto più tecnica e lenta rispetto a prima. Gli ho detto che come era prima le gare risultavano molto più veloci e attraenti. Quindi forse questo ha aiutato un po’ a cercare questa svolta.”

Intanto, nelle scorse giornate, la rilevazione dell’inquinamento atmosferico ha riportato un dato di 222 punti sulla scala ‘Pollutant Standard Index’ (PSI), il più alto dall’inizio dell’anno e ben al di sopra del livello 200 che classifica l’aria come “molto insalubre”. Detto questo, e considerato che l’alto tasso di inquinamento dell’aria è una costante di quell’ambiente, la scelta di piazzare il Gp in orari notturni si è rivelata utile (anche) sul piano tecnico, oltre che su quello dello spettacolo: quello che non mancherà difficilmente nella “cittadina” di Singapore, e che oggi ci ha fatto tornare su una delle plurime questioni irrisolte che la F1 si porta dietro da un bel po’ d’anni.

Appuntamento, dunque, per domenica alle 14.00 su Rai 2 e Sky Sport F1 per il Gran Premio di Marina Bay, Singapore. Cosa aspettarsi lo deciderà la dea bendata della F1; almeno in parte c’è da andar tranquilli, perché i veri appassionati, in verità, un Gp difficile (anche se non spettacolare) lo guardano anche di più.

Nicola Puca

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