#VIVODIDANZA, Fonte: Ciro della Volpe
#VIVODIDANZA

#VIVODIDANZA è l’hashstag lanciato in seguito al DPCM del 24 ottobre, con il quale il governo ha sancito la chiusura delle attività del mondo dello spettacolo per ridurre la mobilità e prevenire il contagio da Covid19. Con questo slogan si è tenuta a Roma e a Milano una grande mobilitazione nazionale a cui hanno partecipato le Scuole di Danza e di Balletto con un flash-mob, abiti bianchi, punte e mezze punte. A fine ottobre, dopo il “Decreto Ristoro”, il Ministro dei Beni culturali Franceschini ha firmato tre Decreti per sostenere tre diversi settori della cultura colpiti dall’emergenza sanitaria: scuole di danza, mostre ed eventi dello spettacolo che sono stati annullati dal vivo. Con il decreto “Cura Italia” sono stati destinati 10 milioni del fondo emergenza spettacolo e cinema per il sostegno delle scuole di danza.

Ma ciò era davvero indispensabile? E soprattutto, è risolutivo?

La danza è una di quelle discipline che necessita di spazio, da definizione è il movimento del corpo nell’aria. I dati inerenti all’emergenza sanitaria non erano affatto preoccupanti per la questione dei contagi nel mondo dello spettacolo. Nonostante ciò, il governo ha ugualmente deciso di chiudere tutto.

Mentre tutte le proteste pacifiche durate un singolo giorno sono state dimenticate all’indomani o preservate unicamente nel ricordo di una instagram stories sui social, ad Aversa è nata una vera e propria protesta della vetrina con gli hashtag “#VIVODIDANZA”, “#VIVODISPORT”, #VESTOLADANZA”.

L’idea è nata dai due ballerini oltre che commercianti, Ciro della Volpe e Armando Segreto. Una protesta silenziosa ma che non demorde e che continua a sensibilizzare il paradosso dei tempi che stiamo vivendo. “Tutti mi scoraggiano – afferma Ciro – anche qui in paese, mi dicono tanto non cambia niente ma io non mi arrendo, così la mia vetrina resta aperta nonostante le scuole di ballo siano chiuse”.

La vetrina #VIVODIDANZA serve a diffondere il messaggio di una mancata tutela che avviene nei confronti del settore della danza. Lo Stato ha stanziato dei fondi per coloro che lavorano nelle scuole di ballo ma è impensabile credere che seicento euro siano sufficenti a pagare affitti dei locali, utenze, dipendenti che hanno famiglie e spese. Nonostante ciò, oltre il danno anche la beffa. I commercianti che operano nel mondo della danza appartengono alla categoria sportiva, pur non essendo tali. Dunque non percepiscono aiuti perché da decreto i negozi sportivi possono rimanere aperti nonostante tutte le attività sportive di base sono state chiuse; la danza, il calcio dilettantistico, karate etc. Ciro ci racconta;

“Noi siamo stanchi, spazientiti e soprattutto sfiduciati. Ci sono state tante proteste pacifiche nel corso delle settimane e ad oggi non abbiamo ricevuto neanche un comunicato da parte della regione o degli enti. In quanto negozianti lo Stato ci lascia la possibilità di stare aperti perché apparteniamo alla categoria dei negozi di articoli sportivi, non riceviamo aiuti ma il nostro settore è completamente fermo. Noi vendiamo articoli di danza e ballo. A chi dovremmo venderla la merce se le scuole di ballo sono chiuse? Che motivo ha, a questo punto, tenere i negozi aperti? Anche se lo Stato non ce lo vieta, siamo ugualmente costretti a chiuderli.”

La vetrina è un segno di protesta anche a nome di tutti i ballerini che in un periodo simile avrebbero potuto continuare a ballare, senza creare alcun danno al Paese e rispettando le misure di sicurezza anti-Covid19. Ciro, da insegnante di danza oltre che ballerino spiega:

“Noi usufruiamo di sale di danza specifiche perchè la danza ha bisogno di spazio. Non c’è assembramento, non c’è contatto fisico. Tolto il passo a due non ci sarebbero stati problemi nello svolgere le attività di danza continuando a rispettare quelli che erano i protocolli del CONI prima delle chiusure, limitando il numero dei partecipanti in sala. Faccio un esempio; una sala di danza contiene in genere circa 20 persone. Metterne 5 significa riempire un quarto della capienza. Ogni ballerino/ballerina avrebbe potuto svolgere la propria coreografia a distanza di cinque/sei metri quadrati di distanza dal proprio compagno. L’insegnante inoltre, non ha bisogno di avvinarsi per spiegare degli esercizi perché si possono mostrare anche da lontano, con le parole e con i gesti. In questo modo almeno i ragazzi si sarebbero potuti allenare anche senza competizioni. A differenza di altre discipline la danza ha bisogno di un allenameno fisico costante che è impossibile da svolgere a casa proprio perché è necessario dover avere tanto spazio per fare aperture, salti! Noi chiediamo la possibilità di far tornare quanto meno i giovani adolescenti ad allenarsi a porte chiuse, nelle loro scuole di danza, mantenendo ancora di più il distanziamento. Già per loro è un anno difficile, non vanno neanche a scuola. La danza avrebbe potuto aiutare ad alleviare un po’ di negatività dalle loro vite.”

Sabrina Mautone

Sabrina Mautone
Sabrina Mautone nasce a Napoli il 18/05/96 e vive a Milano. Giornalista pubblicista laureata in Lingue Moderne presso la Federico II e specializzata in Comunicazione e Cooperazione Internazionale per Istituzioni ed Imprese presso l'Università Statale di Milano. Con un master post-lauream in Giornalismo Radio-Televisivo a Roma, lavora da freelancer e segue eventi in Italia e all'estero.

1 commento

  1. Caro Ciro, collega e amico, non dobbiamo farci piegare dalle avversità. Noi siamo la danza, viviamo di danza, e Lei ci ha forgiato come dei guerrieri :lottare contro ogni ostacolo, con perseveranza, senza arrendersi mai, finché l’obiettivo non è raggiunto. Fatica e sudore e lacrime… Non le abbiamo versate per nulla.
    Il nostro sogno non sarà fermato da uno Stato miope, corrotto e impreparato sotto ogni aspetto.
    Ne’ da un progetto capitalista che sta provando a sotterrarci.
    Iovivodidanzadaquandohoimparatoarespirare….. Ed io, con i massi che trovo sul mio cammino, ci costruisco il ponte che porta al mio sogno ? resta nei paraggi ?

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