Vegan outreach: il miglior discorso che non starai mai a sentire
Immagine: profilo Facebook di Vegan Outreach

Nel 2017 la Effective Altruism Foundation, che è una delle organizzazioni ispirate dal lavoro del filosofo autore del celebre libro-manifesto dell’antispecismo Animal Liberation, Peter Singer, ha pubblicato un breve articolo dal titolo The strongest argument for veganism, il migliore argomento pro-veganismo. L’argomento consiste in questo: dato che siamo tutti d’accordo che non dovremmo far soffrire gli altri animali se non è necessario; dato che il consumo di prodotti zootecnici comporta molte sofferenze per gli altri animali; e dato che tale consumo non è necessario per la nostra sopravvivenza ma può essere completamente sostituito da una dieta vegana, allora non dovremmo consumare prodotti animali.

Sette anni prima, il famoso e controverso animalista Gary Yourofsky pronunciava un discorso al Georgia Institute of Technology noto come The most important speech you will ever hear, il discorso più importante che potrai mai ascoltare (in alcune versioni, “il miglior discorso che potrai mai sentire”). Un’apologia del veganismo da oltre quattro milioni di visualizzazioni su YouTube, tradotta in quasi quaranta lingue. Più recentemente, Ed Winters, noto come Earthling Ed, che sul suo sito si definisce “vegan educator e public speaker”, ha tenuto un lungo discorso all’università di Costanza, The hidden cost of our food choices: il costo nascosto delle nostre scelte alimentari. Una dissertazione sugli impatti ambientali, climatici, economici, sanitari e sulle implicazioni etiche del mangiar “carne” e derivati. In effetti, “Il costo nascosto delle nostre scelte alimentari” non è l’unico discorso tenuto da Ed Winters in un’università. Negli scorsi anni, l’attivista è stato in tour nel Regno Unito dove, sponsorizzato dalla sua associazione Surge e dalle donazioni dei suoi sostenitori, ha tenuto iniziative e discorsi in molte università per “diffondere il messaggio vegano”.

Scrivendo del discorso più celebre di Winters, Every arguments against veganism, il popolare media Plant Based News invita così alla visione del suo video: “Osserva l’attivista affrontare ogni principale argomento che le persone utilizzano per non diventare vegane e ‘debunkarlo’ (sfatarlo, demistificarlo, NdA) logicamente per mostrare loro che non c’è nessun argomento vero e valido contro l’argomento vegano”. Di Earthling Ed, l’attivista Joey Carbstrong ha ripreso la pratica dei dibattiti in strada con avventori e avventrici non vegan. In piedi o seduti a un tavolo sul marciapiede, microfono e videocamera a registrare la scena, Carbstrong parla con il suo interlocutore cercando di metterlo in contraddizione e di confutare le sue idee “speciste”. I canali social di Carbstrong abbondano dei video dai titoli e dalle immagini di copertina sarcastiche dei suoi “dibattiti” stradali con alcune delle persone più pittoresche incontrate dall’attivista.

Purtroppo, a questi trionfi dialettici a spese dei passanti non sta facendo seguito una diminuzione nella produzione e nel consumo di prodotti animali, triplicata nel giro di cinquant’anni. Apparentemente incuranti di ciò, gli Earthling Ed, i Joey Carbstrong e le organizzazioni impegnate nel vegan outreach continuano a sfornare video e guide su come “veganizzare” il prossimo, di cui alcune davvero peculiari. Nonostante le differenze fra i loro stili comunicativi, c’è un tratto che accomuna tutti i soggetti impegnati principalmente nell’informazione e nella sensibilizzazione pubblica: la concezione in base alla quale il mondo cambia quando cambiano le idee sul mondo. «Poiché secondo la loro fantasia», scrive Marx ne “L’ideologia tedesca”, «le relazioni fra gli uomini, ogni loro fare e agire, i loro vincoli e i loro impedimenti sono prodotti dalla loro coscienza, i Giovani hegeliani coerentemente chiedono agli uomini, come postulato morale, di sostituire alla loro coscienza attuale la coscienza umana, critica o egoistica, e di sbarazzarsi così dei loro impedimenti […] Nonostante le loro frasi che, secondo loro, “scuotono il mondo”, gli ideologi giovani-hegeliani sono i più grandi conservatori. I più giovani tra loro hanno trovato l’espressione giusta per la loro attività, affermando di combattere soltanto contro delle “frasi”. Dimenticano soltanto che a queste frasi essi stessi non oppongono altro che frasi, e che non combattono il mondo realmente esistente quando combattono soltanto le frasi di questo mondo» (Karl Marx, “L’ideologia tedesca”, 2018, pag. 83).

Per il “mondo realmente esistente” che i Giovani hegeliani – ovvero i discepoli radicali e progressisti di Hegel, la “Sinistra hegeliana” – secondo Marx non combattevano, il filosofo del Manifesto intende le condizioni materiali di esistenza. Si tratta dell’ossatura economica della società, composta da un lato di forze produttive, cioè gli elementi necessari al processo di produzione, come la forza lavoro umana e degli altri animali; dall’altro dai rapporti di produzione, ovvero le relazioni che si definiscono a partire dalla divisione sociale del lavoro e dal possesso dei mezzi produttivi. Forze e rapporti produttivi formano specifici modi di produzione, come quello capitalistico: ovvero particolari organizzazioni sociali del lavoro, della produzione, della creazione e della distribuzione della ricchezza e delle risorse: la base materiale della storia. Fra le idee che circolano nella società, quelle dominanti, cioè quelle che più si affermano e che più si diffondono, sono sempre le idee delle classi dominanti. Questo accade sia perché le idee, e con esse i valori e addirittura il “sentire” di un’epoca, sono funzionali al mantenimento dell’ordine prestabilito e quindi vengono strumentalmente utilizzate dalle classi dominanti; sia perché originano dalle condizioni materiali di esistenza. «Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello umano», continua il filosofo a pagina 87 dell’edizione citata, «sono necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia».

Nonostante, come visto sopra a proposito dell’andamento della produzione e del consumo di carne, i numeri siano impietosi, è difficile affermare con certezza che l’attivismo à la Gary Yourofsky e à la Earthling Ed non funzioni: manca la controprova. Potrebbe darsi che senza di esso il trend dei prodotti animali sarebbe ancora più in crescita, e che esso faccia da barriera a una marea ancora più nera di quella in cui affoghiamo. Tuttavia se l’attivismo si fissa nella ricerca del discorso perfetto, dell’argomentazione imbattibile e della comunicazione più efficace, esso cade nello stesso fraintendimento imputato da Marx alla Sinistra hegeliana, e combatte solo le “frasi” di questo mondo: cioè le idee, i valori, le credenze, mentre lascia intatte le condizioni materiali di esistenza che producono e riproducono lo sfruttamento animale. «Tutto l’errore finora», scrive sarcastico Marx in una sua critica a Proudhon, «è stato soltanto che i consumatori non sono educati, non sono formati, non consumano umanamente». È questo che ha in mente Earthling Ed quando ci chiede di considerare il costo nascosto delle nostre scelte alimentari. «… se si parte dal consumo si può essere soddisfatti quando si è dichiarato che oggi non si consuma “umanamente” e quando si è enunciato il postulato di “consumo umano”, dell’educazione al vero consumo, e frasi di questo genere, senza soffermarsi neppur lontanamente sulle reali condizioni di vita degli uomini e sulla loro attività […] Quando si parte dalla produzione», invece, «è necessario che ci si preoccupi delle condizioni reali della produzione e dell’attività produttiva degli uomini» (“L’ideologia tedesca”, cit., pag. 487).

L’attivismo della persuasione del prossimo cerca di innescare un cambiamento sociale in senso antispecista a partire dall’informazione e dalla sensibilizzazione di consumatori e consumatrici, postulando che l’offerta sia determinata dalla domanda, che la domanda sia libera e che il modo migliore per influenzarla siano l’informazione e la sensibilizzazione pubbliche volte al cambiamento di idee, valori e credenze sugli altri animali e sul nostro rapporto con loro. Che questa strategia non stia cambiando le cose come e quanto avremmo bisogno di cambiarle non dipende dallo scarso impegno o dalla scarsa abilità degli attivisti e delle attiviste; e non si risolve acquistando una formazione, il biglietto di partecipazione a un convegno o un libro in più sulla comunicazione empatica e sull’attivismo efficaci. Né si risolve “decostruendo” pregiudizi e luoghi comuni “specisti”, come vorrebbe invece (perlomeno a giudicare da quanta centralità dia a queste pratiche virtuose) tanta “Sinistra hegeliana” odierna, cioè il mondo dell’antispecismo anarchico e quello liberal-progressista dell’intersezionalismo interclassista e filosoficamente idealista. Se è vero che nell’attività rivoluzionaria «il mutamento di sé stessi coincide con il mutamento delle circostanze» (“L’ideologia tedesca”, cit., pag. 231), l’attivismo per la liberazione animale ha un’unica strada da intraprendere se vuole aumentare la sua efficacia: individuare e trasformare le circostanze materiali che originano e sostengono lo sfruttamento animale e la sua giustificazione teorica, lo specismo.

di Dario Manni, Gruppo di Antispecismo Politico

Gruppo di Antispecismo Politico
Gruppo di Antispecismo Politico è un collettivo ecosocialista antispecista con un approccio multidisciplinare, attivo nello studio e nella ricerca sui temi della giustizia animale e sociale. Ci proponiamo, fra le altre cose, di indagare e denunciare l’influenza del neoliberalismo sul mondo della lotta per i diritti e la liberazione animale e su quello dei movimenti sociali in generale.

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