I dPCM di Conte e i dubbi di costituzionalità che nessuno vuole affrontare
Conte firma il Dpcm 11 marzo 2020. Fonte: governo.it

Giorni, settimane, in cui la nostra vita, le nostre abitudini sono cambiate, tutto chiuso e tutti a casa per arginare il diffondersi del virus COVID-19. Gli strumenti giuridici utilizzati dal Governo italiano sono i dPCM, di cui sino a ieri quasi nessuno aveva mai sentito parlare, e che ormai sono diventati familiari alle nostre orecchie. Cosa sono nel concreto? Cerchiamo di analizzarne alcuni aspetti.

In questi giorni di piena emergenza sanitaria siamo tutti chiusi in casa e fuori ai balconi, a rispettare la “zona protetta” estesa a tutto il territorio italiano a seguito dei dPCM adottati dal Presidente del Consiglio Conte ed ormai divenuti un vero e proprio leitmotiv. Decreti che agiscono su garanzie costituzionali rilevanti come la liberà di circolazione. In molti, specie i tecnici, costituzionalisti in primis, hanno avuto immediatamente delle perplessità circa l’applicazione di tali decreti ai limiti del principio di legalità, quasi scaraventando il Parlamento via dal suo ruolo centrale. Certo in un periodo così particolare appare quasi fuori luogo andare ad analizzare tematiche così cavillose, aliene dal vivere quotidiano, che però avranno delle ricadute di forte impatto sociale. Le criticità derivano innanzitutto dall’art.16 Cost. che così recita: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza». Tecnicamente siamo dinanzi ad una “riserva di legge rinforzata“, ciò significa che tali materie, sanità e sicurezza, possono essere disciplinate solo dalla “fonte” legge e non da fonti di rango inferiore come per es. regolamenti, consuetudini, etc. Viene definita “rinforzata” perché la Costituzione non si limita a riservare alla legge la disciplina di una determinata materia, ma contiene prescrizioni sostanziali circa il contenuto.

A questo punto sembra lecito domandarsi se le misure adottate dal Presidente Conte siano in linea con il dettato costituzionale. A prima vista sembrerebbe di no, in quanto la libertà di circolazione è stata limitata con provvedimenti di rango inferiore alla legge, quali sono i dPCM. Questi ultimi rientrano nella sfera dei regolamenti dell’esecutivo, in particolar modo nei regolamenti ministeriali (D.M) i quali sono emanati dai singoli Ministri previo parere del Consiglio di Stato, e prima dell’emanazione comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri il quale ne può sospendere l’adozione. Se invece tali atti sono posti in essere direttamente dal Presidente del Consiglio, come è accaduto in questi giorni, il regolamento in questione verrà emanato sotto la forma di dPCM – decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Se guardiamo più a fondo in realtà ci accorgiamo che i vari dPCM sono sorretti dal Decreto – legge n. 6 del 23 febbraio 2020 , il quale a questo punto chiarisce gran parte dei dubbi sollevati dagli addetti ai lavori, essendo una fonte equiparabile alla legge ordinaria (atto avente forza di legge), utilizzata in casi di necessità ed urgenza come terremoti ed altre calamità naturali, e da convertire in legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione. In sostanza nessuno strappo alla Costituzione, la libertà di circolazione risulta esser stata compressa attraverso la fonte appropriata (la legge) soddisfacendo la riserva prevista in questi casi: sanità e sicurezza.

Certo non possiamo negare che l’uso di tali strumenti vada a eludere in un certo qual modo il controllo delle Camere e del Presidente della Repubblica, svilendo il ruolo del Parlamento e infine anche quello delle opposizioni, che di fatto stanno collaborando con il Governo (giusto che sia così), e che nella forma alzano la voce ritenendo i provvedimenti governativi non all’altezza della situazione emergenziale; ma del resto è il loro mestiere. Probabilmente per evitare i dubbi sorti sarebbe stato necessario deliberare lo “stato di guerra” ex art. 78 Cost. con il quale il Governo sarebbe legittimato a gestire poteri straordinari idonei a fronteggiare la gravità della situazione, a tal punto da poter comprimere anche norme garantite costituzionalmente.

Le analisi nel merito non mancano, in gran parte sono passate inosservate in quanto i mass media vi hanno dato poco peso e visibilità. È sembrato superfluo occuparsi in questo momento di argomenti cosi “sottili” essendoci cose più importanti da salvaguardare, la vita delle persone. Ineccepibile, ma il rispetto delle regole costituzionali va comunque osservato anche e soprattutto in periodi di forte difficoltà per l’intera comunità.

Più discutibile e controversa è l’ordinanza n. 15 del 13 marzo 2020 che prevede ulteriori misure per la prevenzione e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, adottata dal Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, in quanto è estremamente più restrittiva del dPCM in materia di libertà di circolazione, prevedendo per inciso e in maniera diretta senza perifrasi: «è fatto obbligo a tutti i cittadini di rimanere nelle proprie abitazioni». Da un lato il Viminale considera ammissibili le passeggiate, anche con il proprio cane, dall’altro la Regione Campania le considera come «situazioni di necessità correlate ad esigenze primarie delle persone, per il tempo strettamente indispensabile, e degli animali d’affezione per il tempo strettamente indispensabile e comunque in aree contigue alla propria residenza, domicilio o dimora». Nell’ordinanza è prescritta anche una sanzione di tipo penale: «salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente provvedimento è punito ai sensi dell’art 650 del codice penale, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro». Una misura che va oltre le competenze regionali benché caratterizzate da una certa autonomia, di sicuro non in materia di circolazione dei cittadini attribuita al livello nazionale e che trova esplicito contrasto con l’art 120 Cost. «La Regione non può istituire dazi d’importazione o esportazione o transito né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni». In questo caso diviene difficile trovare esperti o costituzionalisti che abbiano il coraggio di sollevare la questione all’opinione pubblica tenendo conto di una crisi sanitaria sempre più galoppante e senza freni, ma certamente terminato il periodo emergenziale sarà un dovere sottolineare tali criticità.

Gaetano Manzari

1 commento

  1. Se la costituzione è infranta, se provvedimenti sono intrapresi senza giustificato motivo, con scarsa efficacia e a scapito dei diritti delle persone oltre che del futuro economico del paese, non sarebbe bene evidenziarlo da subito da chi sta vivendo la situazione di infrazione e vede infranti i diritti, negato o compromesso un futuro (soggettivo e della salute , quantomeno economica, dell’economia) del paese in cui vive e danno per le generazioni presenti e future (piuttosto che avviare speculazioni filosofiche a posteriori su quanto hanno fatto male o sbagliato in passato certe persone)?
    (Quanto di sopra anche in considerazione del fatto che la dicitura “terminato il periodo emergenziale” sembra possibilmente dover essere rimandata a data anche indefinita, dato che si parla di convivere con il virus ed effetti già al momento previsti durare mesi se non anni).

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