Domenica 22 gennaio si è tenuto, in Francia, il primo turno delle primarie del Partito Socialista, che si diceva, da mesi, alla ricerca di un candidato valido. Benoît Hamon, con il 35,21%, e Manuel Valls, con il 31,56%, sono i primi due nomi scelti dall’elettorato della sinistra francese.

La Francia, dunque, ha quasi trovato il suo candidato di sinistra. Mentre Montebourg, ex ministro dell’Economia, che era stato fra i nomi favoriti a queste primarie, non convince e riceve soltanto il 18%, non riuscendo a qualificarsi per il secondo turno. A margine, gli altri candidati – Vincent Peillon (6,5%), François de Rugy (3,5%), Sylvia Pinel (2,1%) e Jean-Luc Bennahmias (1,6%) – rimangono completamente sorpassati in una gara che vedrà il suo risultato finale il prossimo 29 gennaio, al secondo turno delle primarie socialiste.

Un dato, prima ancora dei due nomi, è significativo: la scarsa partecipazione alle urne dell’elettorato francese. Si stima che a votare siano andati tra l’1.7 e l’1.9 milione di persone. Un dato deludente, se si pensa che alle primarie socialiste del 2011 i votanti erano stati 2.6 milioni e che lo scorso novembre tra  i 3.9 e i 4.3 milioni di votanti hanno partecipato alle primarie del centro-destra che hanno visto vincitore Fillon. Ma certo non stupisce: la sinistra francese, dopo il governo Hollande, sta cercando di riprendersi in seguito a un’esperienza politica e istituzionale fra le più impopolari in Francia.

A ciò si aggiunga il fatto che, se anche molti elettori hanno deciso di astenersi, molti altri hanno deciso di guardare altrove, e non necessariamente a destra. Emmanuel Macron è una delle alternative, figura difficile da collocare politicamente, ma che potrebbe attrarre aree più centriste della sinistra. E poi una miriade di nomi di quella sinistra francese al di fuori del Partito Socialista: i verdi di Yannick Jadot, Jean-Luc Mélenchon con il Partito di Sinistradi orientamente neo-giacobino ed ecologista, Philippe Poutou del Nuovo Partito Anticapitalista e Nathalie Arthaud di Lotta Operaia.

Tuttavia, non sembra plausibile l’idea che questi nomi della sinistra meno conosciuta possano gareggiare con la sinistra classica della Francia. Tanto più che, quasi a sorpresa, il nome di Benoît Hamon potrebbe risvegliare e attirare i consensi di quella sinistra tanto delusa da Hollande e contraria alla candidatura di Valls. Mentre quest’ultimo, infatti, è ricordato dal suo elettorato per il suo operato molto discutibile da Primo Ministro sotto il governo Hollande, Benoît Hamon rappresenta senza dubbio una figura nuova, che potrebbe risollevare il Partito Socialista da alcuni atti come l’approvazione della legge sul lavoro (simile al Job’s Act italiano) e riconsegnarlo ai veri albori socialisti. In più, lo stesso Montebourg, una volta saputi i risultati, ha detto esplicitamente di supportare la sua candidatura.

Ma chi è Benoît Hamon, il rivale di Valls?

Hamon, 49 anni e in politica fin da giovane, è stato eurodeputato nel 2004 e poi Ministro dell’Educazione nazionale, dell’Insegnamento superiore e della Ricerca sotto il governo Valls, con cui però entra ben presto in contrasto – per le politiche “troppo centriste” e poco di sinistra – tanto da essere escluso nel secondo governo Valls nel 2015.

Nella sua campagna elettorale la Francia lo ha sentito parlare di temi molto importanti dal punto di vista del lavoro. Hamon, infatti, ha proposto il reddito universale a termine, basandolo su un’imposta sui ricchi e azzardando anche una cifra, 750 euro. Parla di creare maggiore democrazia e dare più voce ai cittadini, dando più facilmente la possibilità di proporre leggi per la Francia. Originale, ma in linea con il pensiero, è risultata la proposta di tassare i robot per le industrie: l’idea è che investire sui robot significhi dare meno spazio ai lavoratori e che questa non sia la giusta direzione e vada fermata.

Un candidato definito “utopista”, che però, al netto di questa parte di primarie, risulta certamente una sorpresa per la Francia e per l’Europa.

Elisabetta Elia

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