Chi ha avuto la sorte di non addormentarsi a scuola durante l’ora di geografia il giorno in cui il professore illustrava la composizione demografica del Belgio, saprà che all’interno di questa piccola monarchia del centreuropa convivono tre diversi gruppi linguistici, distribuiti fra tre grandi regioni: quella di Bruxelles Capitale, le Fiandre, dove si parla olandese, e la Vallonia, di lingua francese e in parte tedesca.
Tale distinzione è talmente rilevante per il popolo belga che ognuna di queste aree possiede un governo e un parlamento regionale, con poteri piuttosto ampi. Fra i quali, a quanto pare, rientra la facoltà di paralizzare un accordo commerciale fra Canada e Unione Europea.
Il cosiddetto accordo CETA, acronimo che sta per Comprehensive Economic and Trade Agreement, è stato bloccato dalla Vallonia.
Il testo definitivo, a cui si è arrivati dopo circa sette anni di trattative, prevede l’abolizione della quasi totalità delle tariffe e delle barriere doganali che ci sono al momento fra Canada e Unione Europea. Le stime più accreditate dicono che, con l’approvazione dell’accordo CETA, gli esportatori europei che lavorano in Canada risparmieranno circa 500 milioni di euro all’anno.
Tecnicamente, è opportuno precisare che non è stato il parlamento vallone a interagire direttamente con la sua controparte americana, ma la decisione dell’organo locale ha obbligato il governo belga a votare contro il CETA in sede di Consiglio dell’Unione Europea.
Nonostante le rassicurazioni del presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz sul buon esito della trattativa, la situazione resta delicata, prova ne è che il 21 ottobre scorso è fallito l’incontro fra il ministro per il commercio canadese Chrystia Freeland e i rappresentanti del parlamento vallone, svoltosi nel capoluogo belga di Namur.
Secondo alcune indiscrezioni, sarebbero già cominciati dei negoziati di emergenza per provare ad avvicinare le parti, salvando così il CETA.
L’intera vicenda, tuttavia, dimostra una volta di più che l’Europa è tutt’altro che unita anche sul fronte del commercio internazionale, ambito in cui pochi mesi fa è stata registrata un’altra clamorosa disfatta, la mancata approvazione dell’accordo TTIP con gli Stati Uniti.
Carlo Rombolà