«Le quattro rate per l’Fmi valgono 1.6 miliardi di euro, questo denaro non sarà versato perché non ce n’è da versare» 

Questa l’ultima dichiarazione del ministro dell’interno Nikos Voutsis alla tv greca Mega, che ha chiaramente detto al Fondo Monetario Internazionale che, non essendoci risorse sufficienti, la Grecia non può permettersi, realisticamente, di onorare il proprio debito con l’organizzazione governativa presieduta da Christine Lagarde.

«La Grecia ha fatto enormi sforzi per raggiungere un accordo. È venuto il momento che le istituzioni facciano la propria parte. Siamo venuti loro incontro per tre quarti del cammino, tocca a loro venirci incontro sull’ultimo quarto»

Yanis Varoufakis, il tanto chiacchierato ministro delle finanze, è stato altrettanto duro nei confronti del FMI. Intervenendo in collegamento con lo studio della BBC, durante il programma condotto da Andrew Marr, ha ribadito risolutamente la posizione della Grecia in questa fase delle trattative, che da ormai quattro mesi mettono in dubbio le sorti della culla della democrazia e dell’intera eurozona. Varoufakis ha inoltre detto che non c’è alcuna possibilità che la Grecia esca dall’euro e che il popolo greco è indubbiamente dalla parte del governo, visto l’ottimo risultato elettorale ancora molto vicino, e che non ritiene dunque necessario un referendum sull’accordo, nonostante numerose voci abbiano fatto trapelare la volontà dell’esecutivo di portare avanti una simile iniziativa per superare le opposizioni interne a Syriza e mostrare agli altri interlocutori internazionali la propria forza.

«Negli ultimi 4 mesi, la Grecia non ha dovuto solo gestire il pagamento di stipendi e pensioni, ma ha dovuto estrarre dal pubblico il 14% del Pil per rispettare gli impegni con i creditori internazionali. Ad un certo punto non saremo più in grado di farlo e dovremo ovviamente prendere quella scelta che nessun ministro delle finanze dovrebbe prendere», ha poi concluso Varoufakis.

Le parole dei ministri greci si pongono perfettamente in linea con quanto dichiarato dal primo ministro Alexis Tsipras che, tornando dal meeting di Riga, ha ancora inoltre affermato che «I termini dell’accordo non possono essere irragionevoli o umilianti nei nostri confronti».

Il meeting di Riga è stato un incontro fondamentale per le questioni principali dell’Unione Europea che da anni gioca un ruolo molto importante nella costruzione di un fronte baltico di «contenimento» della Russia, in cui anche la Grecia occupa un punto cruciale nella strategia geopolitica dell’Unione. Non a caso Putin ha avanzato la proposta di un ingresso della Grecia nei paesi BRICS, a condizioni molto più favorevoli di quelle poste dalla cosiddetta Troika; non a caso dunque Angela Merkel ha in questa sede voluto incontrare ancora una volta il premier greco, assieme all’ormai onnipresente François Hollande, nella speranza di raggiungere un’intesa che possa scongiurare uno sconvolgimento degli attuali equilibri politici ed economici. Se la Grecia cedesse alle avances della Russia, sarebbe una grossa sconfitta per l’Unione Europea che vedrebbe un proprio membro traghettarsi sostanzialmente verso l’area di influenza russa, con risultati davvero incerti per il futuro politico ed economico dei balcani e quindi dell’Europa unita. Angela Merkel ha ribadito in conferenza stampa come l’accordo debba essere concluso con la partecipazione delle «tre istituzioni».

La partita in corso è ancora molto lunga e quattro mesi di discussioni sono ancora stati insufficienti, perché l’asse FMI-Banca Centrale-Commissione Europea non sembra disposto a concedere nulla alla Grecia a cui si ritiene di aver dato già troppo. Angela Merkel sa che la linea dura della Troika è molto rischiosa e può condurre Tsipras direttamente nelle braccia di Putin che così toglierebbe all’Occidente un alleato fondamentale, soprattutto per la posizione geografica che occupa. D’altro canto però la cancelliera è consapevole delle forti pressioni che provengono tanto dalla Troika, quanto dal suo stesso partito (all’interno del quale, circa un terzo dei deputati si è detto assolutamente contrario a nuove concessioni alla Grecia), che rendono sempre più complesso il proprio ruolo di «portatore degli interessi dell’Unione», vista anche la debolezza e la reticenza degli altri stati membri sulla questione.

Il futuro dell’Europa è oggi più che mai in gioco.

Antonio Sciuto
Fonte immagine di copertina: corriere.it

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