Popoli indigeni e deforestazione: tra Covid-19 e follia di Bolsonaro
Fonte: Amnesty International Brasile

I popoli indigeni sono tra i soggetti più vulnerabili alla Covid-19, che in Brasile sta assumendo dimensioni drammatiche e rischia di causare un nuovo genocidio. Non solo, ma le popolazioni tradizionali sono nel mirino del progetto amazzonico del Presidente Bolsonaro, i cui cardini sono la deforestazione, l’accaparramento di terre e la diffusione di attività economiche illegali e inquinanti. Come per altri suoi colleghi, la Covid-19 non pare affatto rallentare i propositi del Presidente, che anzi sembra approfittare della pandemia per continuare a devastare l’ambiente.

I popoli indigeni e la Covid-19

Popoli indigeni e deforestazione: tra Covid-19 e follia di Bolsonaro
Fonte: Governo Federale del Brasile

Per i popoli indigeni la foresta amazzonica è al tempo stesso vita e condanna: è la loro fonte di sostentamento e il principale portone d’entrata per la Covid-19 che, come precedenti malattie respiratorie altamente contagiose per le quali non hanno memoria immunologica, minaccia di spazzarli via.

In Brasile sono presenti 462 riserve indigene (il 12% del territorio nazionale), abitate da circa 900 mila índios. Queste comunità, spesso isolate dalla “civiltà”, non sono sicure nei confronti del virus, perché le interazioni e gli scambi commerciali con le città sono molteplici, mentre la sanità brasiliana in Amazzonia ha oggettivi limiti logistici e infrastrutturali. Inoltre, la Covid-19, colpendo soprattutto gli anziani, danneggia la memoria comunitaria e l’organizzazione sociale delle tribù, esacerbando discriminazioni e disuguaglianze.

Secondo il Ministero della Salute, la Covid-19 ha colpito 371 indigeni, con 23 decessi. Data la sottostima destinata ad aumentare, l’APIB (Associazione dei Popoli Indigeni del Brasile) ha invece stimato 537 casi e già 102 vittime, tra cui il capo della maggior comunità indigena del Parque das Tribos, a Manaus.

Popoli indigeni e deforestazione: tra Covid-19 e follia di Bolsonaro
Fosse comuni a Manaus, capitale dello Stato di Amazonas. Fonte: Repubblica

Molti popoli indigeni, consapevoli della loro vulnerabilità epidemiologica, hanno già adottato misure di isolamento, separandosi in piccoli gruppi e rifugiandosi nella foresta. Per quanto possibile si stanno proteggendo e stanno dimostrando una certa resilienza, attingendo dalle conoscenze mediche ancestrali per non dipendere dai pochi ospedali e mettendo a punto una piattaforma regionale per lo scambio di informazioni sulla Covid-19.

Tuttavia, diverse comunità non hanno i mezzi per ridurre il rischio di contagio e alla pandemia si aggiunge l’insicurezza alimentare conseguente dalla rottura dei contatti con le città. La minaccia è particolarmente grave per i popoli indigeni in isolamento volontario dalla “civilizzazione”, perché la mafia del legno e missionari evangelici hanno aumentato le incursioni nei loro territori.

La deforestazione continua

Infatti, l’accaparramento illegale di terre, l’industria del legno e quella estrattiva non hanno interrotto la loro attività in territori indigeni e la distruzione della foresta continua imperterrita. Se un anno fa gli incendi che hanno devastato l’Amazzonia erano all’ordine del giorno, oggi, con l’attenzione rivolta alla pandemia e alle crisi politiche di Bolsonaro, le aggressioni ambientali stanno proseguendo in sordina.

Secondo l’Istituto Brasiliano di ricerche spaziali, tra agosto 2019 e marzo 2020 la deforestazione è quasi raddoppiata rispetto all’anno precedente. Considerando un lasso temporale più ampio, tra marzo 2019 e marzo 2020, la deforestazione dell’Amazzonia Legale (secondo la sua denominazione socio-geografica) è cresciuta del 279% (254 chilometri quadrati totali), su dati del Sistema di Allerta per la Deforestazione (SAD) di Imazon.

Nonostante il significativo rallentamento della deforestazione intorno al 2004, dove l’azione della Fondazione Nazionale per i popoli indigeni (FUNAI) è stata fondamentale, dell’Amazzonia brasiliana (che consiste in più della metà della foresta) è scomparso circa un quinto rispetto agli anni Settanta e la situazione è drasticamente peggiorata.

Difatti, un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature avverte che a causa della deforestazione l’Amazzonia si sta avvicinando ad un punto di non ritorno climatico (climate tipping point), oltrepassato il quale molte aree della foresta tropicale potrebbero trasformarsi in un ecosistema simile alla savana, ma con meno biodiversità. Un immenso pericolo per gli equilibri ecologici mondiali.

Popoli indigeni e deforestazione: tra Covid-19 e follia di Bolsonaro
Stato del Pará, nel nord-est del Brasile, 2019. Fonte: Greenpeace

Il progetto amazzonico di Bolsonaro

L’irresponsabile e criminale progetto di Bolsonaro in Amazzonia è stato definito dagli stessi popoli indigeni un “genocidio, etnocidio ed ecocidio”, denunciando il razzismo istituzionale delle negligenti autorità brasiliane.
Nelle intenzioni di Bolsonaro vi sono vari strumenti per compiere l’opera: lo smantellamento della legislazione ambientale, l’esplorazione economica delle terre indigene, l’appoggio ad attività economiche legate a crimini ambientali e l’uscita dall’Accordo di Parigi del 2015. Tra queste attività, a occupare il dibattito parlamentare in questi mesi vi sono l’attività mineraria artigianale (garimpo), con uso intensivo di mercurio, e l’accaparramento di terre (grilagem).

Per quanto riguarda le attività estrattive, i popoli indigeni dell’Amazzonia hanno denunciato un aumento dell’attività mineraria illegale durante la pandemia. La Covid-19 infatti ha aumentato il prezzo dell’oro, scatenando una nuova corsa al metallo prezioso assecondata dallo stesso Bolsonaro, prono alle esigenze del settore minerario. I garimpeiros stanno di conseguenza ampliando le operazioni nel territorio Yanomami, la terra indigena più grande del Paese, equivalente al Portogallo. L’arma legislativa tesa a normalizzare queste incursioni è il progetto di legge 191/20, avente come obbiettivo l’apertura dei territori indigeni allo sfruttamento minerario e idrocarburifero, legalizzando attività criminali sotto l’argomento dello sviluppo sociale ed economico dei territori.

L’altra questione è l’accaparramento di terre: su questo fronte il progetto di legge 2.663 (l’ex-misura provvisoria 910), in discussione al Congresso in questi giorni, riguarda la regolarizzazione fondiaria. Di fatto però, esso autorizzerebbe la titolarità delle terre pubbliche accaparrate illegalmente da chi sta devastando la foresta. Con la giustificazione di facilitare la regolarizzazione dei piccoli proprietari agricoli, la proposta in realtà apre le porte a un enorme condono e alla perpetrazione di un processo secolare di saccheggio del patrimonio pubblico (spesso a scapito di aree protette e indigene). Come se non bastasse, la legge, autorizzando le incursioni in terre selvagge, aumenterebbe il rischio di espansione della pandemia in Amazzonia.

Attività estrattive illegali (garimpo) in Amazzonia. Fonte: Amazônia saqueada

Veri e propri guardiani della foresta, i popoli indigeni sono fondamentali per proteggere la biodiversità della Terra, come riconosciuto dall’IPCC (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico). La Covid-19 e il progetto di Bolsonaro in Amazzonia, avendo come bersaglio le comunità e le loro terre, stanno mettendo a repentaglio il futuro del nostro pianeta.
Così, ancora una volta, quello che sta accadendo in Brasile riguarda tutti noi.

«Antonio José Bolívar Proaño si tolse la dentiera, l’avvolse nel fazzoletto, e senza smettere di maledire il gringo primo artefice della tragedia, il sindaco, i cercatori d’oro, tutti coloro che corrompevano la verginità della sua Amazzonia, tagliò con un colpo di machete un ramo robusto, e appoggiandovisi si avviò verso El Idilio, verso la sua capanna, e verso i suoi romanzi, che parlavano d’amore con parole così belle che a volte gli facevano dimenticare la barbarie umana».
Luis Sepúlveda, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore

Augusto Heras

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