Il 25 novembre del 1985, verso mezzogiorno, colpita da un infarto, ci lasciava la straordinaria personalità di Elsa Morante, una delle autrici più acclamate del Novecento letterario italiano.

Era nata a Roma il 18 agosto del 1912, allevata dalla madrina e poi avviata agli studi classici del ginnasio. Dopo l’iscrizione alla facoltà di lettere – che dovette abbandonare per problemi economici – cominciò la collaborazione col Corriere dei piccoli e col Meridiano di Roma in cui vennero pubblicati i suoi racconti poi raggruppati sotto il titolo Lo scialle andaluso.

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Il 1936 fu l’anno cruciale: conobbe Alberto Moravia,  scrittore di successo e reduce dall’acclamato Gli indifferenti:

Quando l’ho conosciuta, Elsa abitava in un piccolo appartamento molto carino a corso Umberto. Non aveva letteralmente di che mangiare. Viveva compilando tesi universitarie. Non era capace di fare altro: era molto accurata nelle ricerche e scriveva bene. Mi ricordo che fece una tesi su Albertazzi e un’altra su Lorenzino de’ Medici; me ne parlava continuamente. Quando ci siamo sposati, ho dovuto pagare le sue cambiali; neanche io avevo molti soldi e dovetti pensare a come guadagnarli.

Comincia così un tira e molla che durerà per tutta la vita – nonostante nel 1941 convoleranno a nozze . Il loro fu un amore tormentato e difficile che segnò Elsa per tutta la vita. A testimoniare la tensione di quegli anni ci sono le Lettere ad Antonio, un’opera sotto forma di diario in cui sono raccolti quei momenti (oggi edito da Einaudi col titolo Diario 1938).

 

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Le coppie di letterati sono una peste. Tu mi domandi dell’amore… Esso va male, nel senso che mi pare impossibile d’averlo mai provato e di poterlo provare ancora. Com’era? Che cos’era? Eppure mi sembrava d’esser tanto versata in questa materia, invece ho dimenticato tutto. In compenso il mio libro è pieno d’amore. Vorrei riposare e riposare e riposare, soffro di astenia e di esaurimento psichico fin nella radice dei capelli. Sono tormentata dai ricordi, dai rimorsi e dal futuro. Questo non vuol dire affatto che io sia infelice: forse basterebbe ch’io stessi un poco in alta montagna. Ho passato i tuoi saluti al “grande” Moravia (l’attributo è tuo, lo mettesti tu nella tua lettera, se ricordi – io te lo restituisco fedelmente).

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La Morante e Moravia durante il soggiorno a Capri

Vissero per un lungo periodo a Capri, dove Moravia scrisse il romanzo Agostino mentre Elsa cominciava la stesura di Menzogna e Sortilegio che sarebbe stato poi pubblicato presso Einaudi nel 1948, vincitore del Premio Viareggio. Insieme conobbero e frequentarono i circoli letterari a cui partecipavano scrittori come Pasolini (con cui Elsa strinse una profonda amicizia), Umberto Saba, Giorgio Bassani e Sandro Penna.

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La Morante, Moravia e Pasolini seduti a un caffè

Nel 1952 comincia la stesura del suo capolavoro, L’isola di Arturo, che verrà pubblicato cinque anni dopo. Quest’opera riscosse molto successo, tanto da vincere il Premio Strega, e consacrò la Morante alla fama nazionale.

E’ la storia di un ragazzo, della sua entrata nel mondo adulto, e del difficile rapporto col padre, con l’incantevole Procida scelta come scenario, perchè definita dalla scrittrice come “una scheggia di cielo” .

“Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra, fu tutto” poiché “tutto quello che avviene nell’Isola di Arturo potrebbe dirsi come una tempesta in un bicchier d’acqua”.

Nel 1962 la sofferta storia con Moravia arriva al capolinea. Lui si lega alla scrittrice Dacia Maraini, lei al pittore newyorkese Bill Morrow, conosciuto durante un viaggio in America. Quando però Morrow perde tragicamente la vita precipitando da un grattacielo, Elsa subisce un duro colpo da cui non si riprenderà mai più. Continuerà a scrivere sporadicamente, e poi nel 1974 pubblicherà La Storia, con grande riscontro positivo da parte del pubblico. Quest’opera voleva essere “Un’Iliade dei giorni nostri” maturata a seguito della lettura dei classici latini e greci.

Qualche anno dopo, però, a seguito di un incidente al femore è costretta al ricovero. Quando poi, nel 1983,  la sua salute peggiora tanto da impedirle quasi di camminare tenta il suicidio aprendo i rubinetti del gas. Trovata dalla domestica e portata in ospedale, si riprende apparentemente sopravvivendo solo altri due anni.

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Ho appreso la morte di Elsa a Bonn, in Germania, dove mi trovavo in viaggio per un’inchiesta giornalistica. Era pieno inverno, aveva nevicato moltissimo. Ho appreso la morte al telefono dell’albergo. Allora sono uscito, ho camminato a lungo nella neve. Ero commosso e cercavo di dissipare la commozione con il gelo della giornata invernale. […] Tornai a Roma in tempo per il funerale, andai a vedere la salma esposta nella bara. Il viso di Elsa negli ultimi anni si era trasformato nel senso di una vecchiaia un po’ funesta. Con la morte era tornato a un aspetto quasi infantile, sereno, forse sorridente.[…] Nella corsa del carro funebre i fiori, probabilmente male assicurati alla corona, volarono via uno dopo l’altro e andarono a schiacciarsi sull’asfalto: quei fiori che volavano via tra il carro funebre di Elsa e la mia macchina mi fecero un’impressione delirante e simbolica: così era volata via Elsa dalla mia vita.  – Alberto Moravia

Maria Pisani

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