Prospettive Italia è la sezione del Festival del Cinema di Roma che si propone significativamente di sondare il nuovo sottobosco registico italiano: ammesse solo opere in anteprima mondiale, naturalmente, ma soprattutto opere rappresentanti le strade che il cinema nostrano intende percorrere. Sembra che la direzione presa sia all’insegna della documentazione della vita vera, lontano dalle tendenze più comuni: cinguettii sul “infondo siamo tutti bravi cristi, volemose bene”, demenziale volgarità, drammi addirittura imbarazzanti, autocommiserazione.

fino a qui tutto bene

1. Proprio all’autocommiserazione dichiara guerra Fino a qui tutto bene di Roan Johnson, premiato dal pubblico: una commedia senza pretese di essere brillante, eppure vivace, incentrata su cinque universitari pisani che sfidano il futuro e sui loro ultimi giorni da coinquilini, le ultime ore dell’ormai iconica vita da studente. Bando ai piagnistei sull’Italia anti-giovani: l’intreccio sfuma nel simbolo con il calore di un sorriso per la fine di un’epoca acerba e fondamentale, e sprona ad alzarsi in piedi per combinar qualcosa di buono, ora che si è adulti.

looking for kadija

2. Secondo premio del pubblico va al documentario Looking for Kadija di Francesco Raganato. Con il pretesto di una storia d’amore anni quaranta, la cinepresa si muove fra le donne di un paese lontano e dimenticato: l’Eritrea. Alla scoperta di un luogo che conserva ancora i segni del suo incontro con l’Italia, Raganato osserva come da fuori ci si ricorda delle tracce lasciatesi dietro dai nostri nonni, trovando un’indulgenza e una simpatia che per noi stessi non abbiamo.

3. Meno male è lunedì di Filippo Vendemmiati, arrivato al festival in tuta da lavoro, ha toni un po’ paternalistici, ma non fa male a nessuno. Anche con questa pellicola si ribatte con voce squillante a chi piagnucola sulle ingiustizie del mondo che il destino ce lo si crea da soli, svegliandosi di lunedì e ricominciando da capo. Anche se si è in carcere. Anche se non è una singola settimana a dover essere rimessa in moto, ma un’intera vita.

menomalelunedì romatermini

4. Bartolomeo Pampaloni, dopo sei mesi passati in stazione, ha presentato il suo film-documentario Roma Termini, audace più per la voglia e per la costanza impresse nella preparazione che per l’idea. L’intenzione è quella di ridare vita a esseri umani caduti da diverse altezze e che si ritrovano tutti seduti sullo stesso pavimento – quello dove pendolari e indaffarati passano senza guardarli. Per fortuna c’è solo voglia di onestà e non troppi rimproveri moralistici all’occidente.

last summer

5. Ha un che di teatrale Last summer di Leonardo Guerra Seragnoli, sarà per l’intimità del set – una barca a vela – sarà perché il soggetto, l’addio, non si disperde nelle mille vie di una trama strutturata ma rimane a riflettere su se stesso, delicato e minimalista. Su uno sfondo blu mare, il film si tende su quattro giorni che una madre ha a disposizione per dire addio al figlio, in un’unità del tempo e dello spazio che permette di procedere lentamente e con cautela su sentimenti fatti di una tela di ragno vibrante al minimo tocco.

6. Sempre sulle onde si dipana il documentario di Elisabetta Sgarbi, Due volte delta, percorrendo il Po e le giornate dei suoi abitanti: uomini talmente avvezzi a navigare le sue acque e a viverne che sono entrati a far parte del suo ecosistema. Un film diviso in due episodi che, seppur in antitesi per le atmosfere, sono profondamente correlati nel racconto di una delle molte sfaccettature della nostra terra, così caratteristiche e per molti sconosciute.

duevoltedelta largobaracche

7. Quinto documentario è Largo Baracche di Gaetano Di Vaio, dedicato ai giovani dei Quartieri Spagnoli di Napoli. Ennesimo strascico dell’attenzione che Gomorra ha portato sulla città, la pellicola mette in opposizione chi non pensa che ci sia un futuro e chi, invece, ha voglia di distinguersi e lastricarsi la propria strada da sé. Sette giovani: persone da biasimare? Da incoraggiare sommessamente? Di Vaio era uno di loro, arrivato a Roma per dire la sua, come testimone.

index zero

8. Finiamo con un film che spezza il tono generale: Index Zero di Lorenzo Sportiello è un film di fantascienza. Ripetiamo: fantascienza italiana. Non che non sia mai esistita, anzi, non che fosse impossibile riuscirci, ma ci voleva un po’ di spirito per lanciarsi in una tale impresa. E ce la si è fatta: il frutto di tali fatiche è un film non perfetto, ma prezioso, che racconta di uno dei molti futuri possibili, distopico ma, nonostante ciò, vissuto da protagonisti che perseverano, sopravvivono.

Queste le prospettive del cinema italiano, dunque: poteva andare molto peggio, no?

Chiara Orefice

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