Ci mancava solo l’evasione fiscale, davvero. Dello scandalo Volkswagen ce n’eravamo quasi dimenticati, persi a commentare i tragici fatti di Parigi e i venti di guerra che soffiano veementi in Medio Oriente. E invece niente, per la casa di Wolfsburg gli scandali sembrano non finire mai e le notizie che arrivano ci riportano alla triste realtà: dopo lo scandalo per le emissioni di NOx  (ossido di azoto) scoperto a fine settembre dall’ Epa (Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti) e il successivo allargamento anche alle emissioni di CO2 (anidride carbonica) per ammissione della stessa azienda, alla lista dei problemi si aggiunge anche un’inchiesta per evasione fiscale potenzialmente fatale. Potrebbe essere il colpo di grazia per il titolo in crisi nera e, soprattutto, farebbe crollare i residui di credibilità degli acquirenti a livelli minimi nella pluridecennale storia del marchio.

Sede storica della Volkswagen a Wolfsburg, in Germania.
Sede storica della Volkswagen a Wolfsburg, in Germania.

Klaus Ziehe, procuratore della Repubblica di Braunschweig, ha reso noto di stare indagando per sospetta frode ed evasione fiscale legata allo scandalo sulle emissioni di Co2, imputando a 5 responsabili della Volkswagen di aver deliberatamente falsato i dati per ridurre la tassazione sui propri veicoli.

Per capirne di più dobbiamo in primis distinguere nettamente gli scandali per i due diversi tipi di emissioni:
il primo, scoppiato intorno al 20 settembre per indagini della già citata Epa negli Stati Uniti, riguarda emissioni di NOx (ossido di azoto e miscele), normalmente rilasciate dai motori a combustione interna, e riguarda circa 11 milioni di veicoli contenenti un software capace di abbassare i dati;
il secondo scandalo, invece, sembra quasi scappato di bocca alla casa tedesca, visto che vi ha accennato essa stessa in un comunicato a inizio novembre, quasi di sfuggita e in maniera vaga. Si è poi scoperto che la casa ha falsato anche i dati per le emissioni di Co2 (anidride carbonica) in almeno 800mila veicoli, dato per certi versi ben più problematico.

Se lo scandalo sulle emissioni di NOx scoperto dall’Epa non ha conseguenze ambientali drastiche, infatti, quanto ammesso sulle emissioni di CO2 è gravissimo ed ha conseguenze rilevanti, di cui quest’inchiesta probabilmente è solo l’inizio: tutti gli Stati dell’Onu, infatti, si sono impegnati da tempo a ridurre le emissioni di anidride carbonica nel piano di contrasto al cambiamento climatico. In particolare proprio gli Stati europei (e su tutti proprio la Germania) sono quelli che hanno assunto gli impegni più stringenti, con l’Europa impegnata a ridurre le emissioni di Co2 entro il 2020 anche imponendo regole ferree alle aziende inquinanti. Tra tali regole figurano incentivi per i modelli di auto con emissioni più basse, spesso sotto la forma di minori tassazioni. È qui che starebbe la frode e l’evasione fiscale, oltre che le accuse di concorrenza sleale: se la Volkswagen (come è ormai evidente) inquina di più, avrebbe dovuto pagare di più. Dopo l’inchiesta avviata in Bassa Sassonia, quindi, si profila una ben più importante inchiesta a livello europeo, con una vicenda che potrebbe costare almeno 2 miliardi, tra risarcimenti e maxi-multe (a cui vanno aggiunti i 6,7 miliardi stimati fin’ora per lo scandalo sul NOx). Altro che auto del Popolo.

L'azione di Greenpeace, che già nel 2011 aveva denunciato il problema delle alte emissioni di CO2 della VW
L’azione di Greenpeace, che già nel 2011 aveva denunciato il problema delle alte emissioni di CO2 della VW (guarda il video)

Eppure il gruppo Volkswagen (che comprende anche Audi, Porsche, Skoda, con tutta probabilità anch’esse coinvolte) sta provando in tutti i modi a trasmettere tranquillità: dopo il cambio dell’amministratore delegato, è di ieri la notizia che le vetture con il motore incriminato (EA189: di cui 2.0 TDI, 1.6 TDI e 1.2) saranno richiamate presto per applicare la correzione tecnica che è stata appena trovata, anche se non sarà obbligatorio farlo perché il software non compromette la sicurezza o l’efficienza dei veicoli.

Magra consolazione, comunque, e nulla da festeggiare per la brutta vicenda tedesca (come qualcuno ha fatto, pensando stessimo giocando a calcio!), visto che le ripercussioni si stanno già sentendo anche sul mercato italiano e class action contro la casa di Wolfsburg si preparano in tutto il mondo. Quel che questa storia ci dimostra, e scusate se lo avevamo dimenticato, è la spietatezza del capitalismo moderno in cui la sola legge da rispettare è il profitto: se, come sembra profilarsi, il caso Volkswagen fosse solo la superficie di un sistema generale in cui i dati sull’inquinamento siano falsati da molti (indagini si stanno compiendo sulla Renault e sulla Bosch), sarebbe forse il caso di ripensare le nostre priorità e porre regole stringenti al liberismo sfrenato: vogliamo ridurre le emissioni o tutelare i profitti di pochi?
“Auto del popolo”? Ma mi faccia il piacere.

Antonio Acernese

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