Responsabilità e solidarietà, non è più il tempo per gli scontri
Fonte immagine: Focus junior

C’è un qualcosa di apocalittico nella realtà di oggi fatta di strade vuote, silenzi e sirene di ambulanze; le città sono luoghi d’esilio e i morti numeri, ognuno con la propria storia. In uno scenario simile l’appello comune non può che essere uno: esercitare il senso di responsabilità. Una parola che di certo è riecheggiata ovunque negli ultimi giorni, nei giornali e alla tv, richiamata da Sergio Mattarella, e sollecitata dai provvedimenti contenitivi presi dal Governo. La responsabilità appartiene a tutti in modo diverso, è declinabile in varie misure ma ha un comune effetto che è la solidarietà sociale.

Se tutti rispettano le regole non solo rispettano loro stessi e i familiari ma aiutano la comunità a uscire prima da questo momento“. Sono le parole pronunciate da Giuseppe Conte nella conferenza stampa del 24 marzo. Lo sforzo richiesto a partire dall’8 marzo è stato enorme, continua tuttora. I cittadini sono stati i primi a essere chiamati a rispettare le direttive, non soltanto per evitare multe e problemi legali che saranno maggiorati, secondo quanto dichiarato dallo stesso Conte. La responsabilità è un dovere etico e sociale, è solidarietà verso anziani, immunodepressi, verso sé stessi. Molti hanno già risposto e continuano a farlo, la massa obbedisce a provvedimenti che limitano le libertà individuali in ragione di un bene più grande, comunitario.

Responsabilità, l’altra Italia

Di fronte alla solidarietà tutta italiana fatta di volontari, medici, raccolte fondi, riscoperta del vicinato, c’è un’altra faccia meno piacevole ma reale. Vai a casa, e giù un secchio d’acqua. È capitato a una farmacista nel salernitano mentre rientrava a casa dopo il lavoro. “In questo condominio abitano una neonata di 6 mesi e una signora ultra ottantenne vedova. Perciò usi le massime precauzioni quando utilizza gli spazi comuni”. È il cartello trovato nell’ ascensore da un medico a Pisa. La resistenza è il riflesso di una solitudine profonda e universale.

Il cugino figlio del nipote è in quarantena. Parte il panico, caccia all’infetto. Ed è subito l’inarrestabile vortice di messaggi diffamatori. E così mannaggia ai runners, a quelli che lavorano nelle fabbriche, nel frattempo ordino vestiti comodamente da casa, mannaggia ai carcerati, gli immigrati non mancano mai. Ogni peste implica un untore e la psicosi è già emersa. E alla fine una verità ovvia non sembra oggi così banale: anche restare lucidi è un atto di responsabilità. Così come utilizzare canali di informazione affidabili per evitare ansie e follie.

A essere chiamato al rispetto è anche chi Governa

Mai il Paese si è trovato di fronte a una crisi simile, il richiamo all’unità è il primo passo verso il bene comune. Ma anche il non mancare ai propri doveri di Parlamento. Ciò di cui si può fare a meno è l’isteria del momento. Sullo scontro tra Stato e Regioni, Conte: “La competenza sulle misure restrittive deve essere dello Stato. Alle Regioni lasciamo la possibilità di adottare altre misure”.

Sullo stretto di Messina intanto non sono mancati attimi di tensione con quasi 200 persone bloccate, solo per fare un esempio. Toni tesi tra il governatore della Regione Musumeci e il sindaco di Messina De Luca. Il primo ricorda quando già un mese fa, senza mezzi termini, chiedeva di bloccare “i turisti” dal Nord e per questo era stato fortemente criticato anche dallo stesso De Luca. Quest’ultimo, dopo l’esodo seguito dalla chiusura delle fabbriche (a poco è servito l’appello alla responsabilità), ha bloccato fisicamente gli arrivi al porto: “Schiererò il mio esercito per far rispettare la mia ordinanza”, “Non mi faccio pisciare addosso da Roma”. Ma il Governo rassicura che si è trattato di categorie legittimate a effettuare il traghettamento. Eppure la situazione in tutto il Sud è peggiorata in seguito ai rientri, e non sono mancati i rientri di persone infette. Servono ancora più stringenti limitazioni per quel Sud che soffre una sanità precaria e un forte divario economico? Intanto la ministra Lamorgese ha denunciato De luca per vilipendio.

Cosa serve e cosa non serve per la solidarietà

Non servono i “mestieranti dello sdegno”, politici travestiti da pennivendoli che travalicano i tradizionali canali istituzionali. Abbiamo bisogno di sobrietà oggi più di ieri e di posizioni dure se necessarie, ma pronunciate con mitezza. Il pericolo è autorizzare all’ isteria collettiva.

Certo è che quando tutto sarà finito si dovrà parlare dei tagli alla sanità, della questione europea, dei modi usati dalla Cina di comunicare la pandemia, delle modalità di comunicazione adottate dal Governo attraverso conferenze stampa notturne nonostante l’appello al mantenere la calma, degli spazi limitati e delle modalità discutibili concessi ai giornalisti per le domande.

Domani, quando molte cose cambieranno. Oggi serve responsabilità in nome della solidarietà collettiva.

Il nemico è invisibile, non indossa una divisa, non è bianco né nero. La sua essenza ha diviso epidemiologi, giornalisti, politici. Il nemico può essere nell’altro o dentro di noi. Qualcuno sostiene che sia il prodotto di una costruzione artificiale, altri che sia il frutto di evoluzioni naturali. Tutto resta sospeso tranne poche verità. Il nemico ha colto di sorpresa. Il nemico ha ucciso tutti.

Alba Dalù

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