“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Così inizia l’articolo 11 della Costituzione, per quanto valore possa conservare una citazione dalla carta fondante della nostra Repubblica: potrei ricopiare i ghirigori dei Rotoloni Regina ed avere pressappoco la stessa forza espressiva.

Brainch
Autrice: Laura Arena

Cari lettori, viviamo una delle epoche più degradanti e moralmente aride dell’intera storia umana, un’era che, se fossi un sociologo di grande lustro, non esiterei a definire di regressione, poiché in quindici anni di crisi e privazioni abbiamo interrotto ogni sorta di progresso e sviluppo, abbandonandoci alla primitiva e rassicurante condizione di ignoranza e razzismo.

A mio parere, la sorte che ci aspetta nel medio-lungo periodo è già segnata: una nuova epoca di totalitarismi (e su questo in Italia stiamo a buon punto) e, forse, anche di guerra continentale, proprio qui nella pacifica e solidale Europa – in Ucraina si sono anticipati, al di fuori del continente stanno messi più che bene, quindi a posto così, grazie.

Chissà per cosa combatteremo, in futuro. Di petrolio ne rimane sempre meno, l’acqua è destinata ad una fine analoga (non a caso il processo di privatizzazione prende una piega via via più marcata in sfregio di ogni referendum) e scarseggiano anche i metalli preziosi. Forse, fra cinquant’anni, combatteremo per il possesso delle armi; o per il semplice gusto di farlo, chi può dirlo. Nel frattempo, l’Italia è stata impegnata militarmente in Iraq, in Afghanistan, in Libia, in Siria e altrove, pagando un prezzo altissimo in termini economici e di vite umane.

Certo, si può obiettare la motivazione della missione umanitaria, ma non è questo il posto giusto per raccontarci frottole: succubi della NATO e del suo imperialismo, abbiamo usato la carta costituzionale per pulirci il culo e seminare democrazia a destra e a manca, peraltro senza neanche riuscirci. “Guerra” è un concetto molto sfumato, specie al giorno d’oggi, e da bravi esportatori del pensiero spicciolo siamo prodighi di auguri di sventure, al di fuori dei nostri confini nazionali, e dimentichi delle miserie e delle sofferenze patite non più di settant’anni fa, seppure codardamente pronti a rivendicarle come un’eredità spirituale in caso di bisogno.

MafiaEbbene, se sapeste, la guerra più significativa abbiamo rinunciato a combatterla. È tutta interna, ed è la guerra alla criminalità organizzata, alla mafia, alla ‘ndrangheta, alla camorra. I malavitosi, quelli sì, mettono a repentaglio l’incolumità nazionale cospargendo di illegalità e terrore il suolo patrio, quello tanto caro ai nostalgici di zio Benito. Ma no, fa più in alto i cuori prendersela con gli immigrati, mi pare ovvio: in fondo, i camorristi sono pur sempre di sangue italico.

Mafia, camorra, instillano il loro regime di omertà e collusione, sostituendo o completando simbioticamente la presenza delle istituzioni e non soltanto nelle aree disagiate, come abbiamo avuto modo di constatare. La malavita è ovunque, ed è ad essa che l’Italia dovrebbe muovere, legittimamente, guerra – quella sì in risposta ad una reale offesa, e non per il capriccio di qualcuno in quel di Washington. I nostri militari sarebbero di certo più utili qui, aiutando gli italiani a casa loro, se necessario presidiando il territorio, per contrastare la diffusione di mafia e camorra e le loro attività criminali.

Non sarebbe forse questo un utilizzo più saggio delle nostre risorse? Certo, vaglielo a dire a Governo e Parlamento, di dichiarare guerra ai suoi sodali: la mia è un’utopica provocazione, ma provate solo per un attimo ad immaginare un’Italia senza mafia, senza camorra… no, non ci riuscite, vero?

Neppure io.

Emanuele Tanzilli
@EmaTanzilli

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