La nuova stagione della serie cult True Detective è alle porte, e tutti ci facciamo la stessa domanda: questa seconda stagione sarà all’altezza della prima?

La domanda è tutt’altro che scontata. La prima stagione è stata un trionfo di regia e sceneggiatura, magistralmente sorretta dalle impeccabili performance di Matthew McConaughey e Woody Harrelson (in veste, oltre che di attori, anche di produttori esecutivi). Sviluppata su più piani temporali, la macabra vicenda dell’omicidio di Dora Lange aveva spinto i due detective Martin Hart e Rust Cohle ad indagare nei più oscuri reconditi del loro animo, a fare i conti con sé stessi, in una Louisiana spenta, polverosa e piena di segreti inconfessabili. Azione, drammaticità e tensione si univano in un mix perfetto, che ha fatto di True Detective una serie amata da pubblico e critica. Un prodotto eccelso della golden age delle serie tv in cui il grande cinema riesce ad entrare nel piccolo schermo.

Ma ormai il cielo stellato della Lousiana è lontano. Alla regia non ritroviamo più Cary Fukunaga, vincitore dell’Emmy Award. La coppia McConaughey-Harrelson rimane solo in veste di produttori.
Il primo episodio di questa seconda stagione, The Western Book of the Dead, ci porta a Vinci, California. In un “posto costruito su una dipendenza di interessi”, dove la corruzione dilaga a tutti gli strati della società, si muovono i passi dei protagonisti. Il detective corrotto Raymond Velcoro, la detective Antigone Bezzerides, l’agente  Paul Woodrugh e l’imprenditore Frank Semyon: ognuno di loro ha un passato che getta la sua ombra sul presente e che trova, in questa prima puntata, solo un primo, riuscitissimo, esito. Un esito dovuto anche alle perfette interpretazioni di un cast di tutto rispetto, costellato di nomi quali Colin Ferrell, Rachel McAdams, Taylor Kitsch e Vince Vaughn e alla solida regia di Justin Lin non ci fa sentire la mancanza di Fukunaga e conosce attimi di vera ispirazione. Il tutto retto dalla sceneggiatura di Pizzolatto, che rispetta i canoni a cui ci aveva abituato nella prima stagione. Una menzione a parte merita la sigla: le immagini evocative e la canzone “Nevermind” dell’immenso Leonard Cohen sono una goduria per gli occhi e le orecchie.

In conclusione, la prima puntata della seconda stagione di True Detective è proprio ciò che volevamo: la serie crime firmata da Nic Pizzolatto è un prodotto che mantiene alti i suoi standard, con profondità psicologiche vertiginose e un impianto tecnico da grande cinema. I detrattori, perlopiù nostalgici di McConaughey, stiano alla larga: True Detective è ancora pronto ad appassionare, angosciare e sconvolgere lo spettatore.

Davide Romano

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