Il “ddl sull’acqua pubblica” passa alla Camera con 243 voti favorevoli, 129 contrari e 2 astenuti, per poi essere passato all’esame del Senato, tra le forti proteste dei deputati di Sinistra Italiana e M5S e Possibile, che urlano al tradimento dell’esito referendario di 5 anni fa.

La questione della legge appena approvata in aula non si può comprendere se non si ricorda l’evoluzione subita dalla gestione pubblica della rete idrica dopo il referendum 2011.

L’articolo 23 bis dell’allora decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, la cui abrogazione faceva parte dei quesiti della propaganda dei “4 Sì”, prevedeva l’obbligo per gli enti locali di indire delle gare d’appalto per l’affidamento dei servizi pubblici locali essenziali, tra i quali l’erogazione acqua; gli appalti avrebbero dovuto essere rivolti a soggetti pubblici, privati o misti tra pubblico e privati che dovevano partecipare alla gestione della società, e che dovevano possederne almeno il 40% del capitale azionario.

La mossa dell’allora Governo Berlusconi ha costituito una prima e significativa apertura verso una gestione privata delle risorse idriche, confermata col “Decreto Rochi” nel 2009, celata nella formula, tutta in politichese, di una “adeguata remunerazione del capitale investito dai gestori”.

Con la vittoria dei “Sì” di 5 anni fa viene affermato il principio in base al quale si afferma il carattere pubblico dell’erogazione e della conduzione del servizio idrico, che tuttavia i comuni non sarebbero stati obbligati nuovamente a sostenere.

Era già sentito nel 2007 il rischio di lasciare a privati un bene che dovrebbe restare comune e lontano da ogni possibile scopo di lucro, soprattutto se si pensa che i più accreditati nuovi gestori possano essere delle multiutility: è infatti in quell’anno che viene depositato in Parlamento un disegno di legge di iniziativa popolare, allora sostenuto da 400.000 firme.

Tale proposta di legge, ridiscussa nella Camera dei Deputati nello scorso marzo, considera imprescindibile il principio dell’affidamento del servizio idrico solo a enti di diritto pubblico pienamente controllati dallo Stato, garantendo un anno agli enti per l’adeguamento,

Tuttavia, è in occasione della discussione questa proposta legislativa con prima firmataria Federica Daga (M5S), che si manifestano le prime contraddizioni del PD, e la sostanziale continuità progettuale sull’acqua dal 2011 a oggi.

Pochi ricordano che il partito di governo non prendeva posizioni ufficiali in tema, e che il segretario nazionale Bersani si decise a sostenerlo soltanto con la mobilitazione dei circoli territoriali democratici, che partecipavano alla raccolta firme del referendum; viceversa Renzi, allora sindaco di Firenze, aveva espresso la sua contrarietà al quesito sulla remunerazione dell’investimento, pur sostenendo il Sì al quesito sul carattere pubblico del servizio.

Nel caso del Premier, legalmente e formalmente va bene riconoscere il carattere di bene pubblico delle nostre acque, purché gestite dal mercato, con – e nonostante – i disastrosi risultati che illustra il portavoce del Forum dell’Acqua, Marco Bersani, tra i sostenitori della legge popolare.

La visione del PD renziano in materia emerge l’8 marzo, coi 2 emendamenti dei dem Borghi e Carrescia, che cancellano l’art. 6 della legge sostenuta dal Forum, che affermaval’affidamento in via prioritaria a società completamente pubbliche”.

I due testi legislativi hanno trovato terreno fertile nella campagna mediatica della stampa “d’area” e nell’attività del governo: aprono alla privatizzazione dei servizi pubblici locali Sblocca Italia, Legge di Stabilità e decreto attuativo della “Riforma Madia”, che riprende pedissequamente la formula della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, di berlusconiana memoria.

L’esecutivo si difende richiamandosi alla disciplina comunitaria, con la direttiva Ue 2014/23 in termini di concessioni. Inoltre, i membri della maggioranza difendono la bontà dell’operazione ricordando i problemi infrastrutturali del servizio idrico; problemi tuttavia in parte dovuti allo spreco dei fondi pubblici da parte di alcuni dei privati, che stanno per mettere le mani sulla gestione dell’acqua.

Eduardo Danzet

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