Sembra arrivata la resa dei conti, il momento in cui le sorti della Grecia verranno decise dalla consultazione referendaria di domenica prossima si avvicina inesorabile e, con esso, avanzano a gran passo le paure e il caos in tutto l’apparato economico globale.

Troppo dure e umilianti, inaccettabili le richieste dei creditori (rappresentati, lo ricordiamo, da Unione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale) per il primo ministro ellenico Tsipras, che in virtù del patto sottoscritto con gli elettori ha ritenuto di non potersi spingere oltre verso l’approdo di un compromesso, chiamando il popolo greco a decidere, autonomamente, del suo destino.

Con ogni probabilità, la mossa ha spiazzato i creditori al punto da spingerli, quest’oggi, a ripiegare verso una linea di maggiore apertura per bocca di Angela Merkel, che ha affermato a chiare lettere: “Se fallisce la Grecia, fallisce l’Europa. Siamo disponibili a trattare, se Tsipras lo vuole”.

Pare insomma che, a fronte del caos abbattutosi questa mattina sui mercati finanziari di tutto il mondo, la rigidità della linea europea si sia ammorbidita e che adesso sia la Grecia ad avere il coltello dalla parte del manico. La decisione di tenere chiuse le banche per l’intera settimana, limitando i prelievi agli sportelli bancomat per evitare una fuga di capitali che avrebbe ridotto nel giro di poche ore l’economia greca in macerie, non è stata accolta per nulla bene: in Asia le Borse di Tokyo e Shangai hanno chiuso in ribasso del 3% circa, così anche in Europa tutti i listini sprofondano arrivando a perdere, come nel caso di Milano, oltre il 4%.

A pesare, come si può facilmente intuire, non è il fallimento della Grecia in sé, evento che appare ormai questione di giorni, ma la credibilità che l’Unione Europea conserverà in seguito a tale figuraccia, all’incapacità di mediare e di tenere sotto controllo l’instabilità finanziaria.

Eppure, a ben vedere, riesce difficile immaginare come si possa proseguire con queste condizioni: neppure la gravissima crisi ha spinto la governance di Bruxelles a rivedere i propri paradigmi, mostrando timide aperture in fatto di sviluppo e investimenti, ma continuando a praticare una rigida austerità e rendendo di fatto inevitabile l’avvitamento della situazione.

Sembra davvero troppo tardi per emendare ogni colpa. Il presidente della Commissione Europea, Juncker, ha lanciato un appello dai toni drammatici: “Chiedo al popolo greco di votare sì, indipendentemente dalla domanda che ancora non conosciamo”. Ma il dado è tratto: alla Grecia, culla della democrazia, spetterà il compito di determinare le sorti di un’Europa quanto mai debole e spaventata.

Emanuele Tanzilli

Fonte immagine di copertina: corriere.it

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