Pile e microfibre sintetiche: storia di comodità e inquinamento
Immagine: giuntialpunto.it

Con l’arrivo della stagione invernale occorre dare il via al rituale del cambio di stagione nei nostri armadi. L’outfit estivo con cui si tenta di tener a bada un caldo sempre più asfissiante viene sostituito da pesanti indumenti realizzati con stoffe naturali e sintetiche quali lana, flanella, cotone, nylon o pile. Di questi ultimi, dei tessuti sintetici, si è scritto e parlato molto. Resistenti, versatili, traspiranti e, grazie allo sviluppo scientifico, termoregolatori: i molteplici e indiscutibili vantaggi hanno catapultato tali stoffe tra quelle più utilizzate al mondo, soprattutto in ambito sportivo. Ma, come per tutti i prodotti derivati dal petrolio, questi tessuti hanno un sempre più elevato impatto ambientale sulla natura. Un nuovo studio pubblicato sul PLOS ONE, una comunità di riviste che collaborano con lo scopo di far progredire la scienza a beneficio della società, rivela che l’inquinamento dovuto alle fibre sintetiche è in forte aumento.

Storia del pile e delle fibre sintetiche

Correva l’anno 1981 quando l’azienda americana Malden Mills brevettò il moderno pile sintetico, un tessuto composto da fibre di poliestere, materiale con il quale si creano le comuni bottiglie di plastica. Fin da subito emersero i vantaggi di tale stoffa rispetto agli indumenti ricavati da tessuti naturali: economicità, leggerezza e resistenza sono solo alcuni dei pro del pile.

Inizialmente utilizzato per l’abbigliamento sportivo, le vendite di tale tessuto aumentarono al punto da portare numerose aziende a investire nella ricerca di fibre sintetiche simili. Oltre al poliestere, da cui si ricava il pile, esistono infatti molte altre fibre sintetiche sempre più utilizzate nell’ambito quotidiano: fibre poliammidiche, acriliche, polipropileniche e elastometriche. Da queste vengono creati i cosiddetti filati chimici tra cui i più conosciuti nylon, acrilico, kevlar, elastam e gore-tex.

Tra i vantaggi del gore-tex un elevato tasso di impermeabilità.
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Lasciarsi influenzare troppo dai vantaggi di questo tipo di tessuti risulterebbe però errore assai grave: come ogni prodotto derivante dai combustibili fossili, il pile e i suoi simili non rientrano nella lista dei prodotti biodegradabili. Tali fibre sintetiche possono inoltre provocare reazioni allergiche importanti e, data la lavorazione con sostanze e composti chimici, possono essere potenzialmente tossici. Tuttavia il pericolo imminente riguardante le fibre tessili deriva dalla dispersione nell’ambiente di micro particelle plastiche.

Tanta comodità, tanto inquinamento

Le fibre sintetiche hanno invaso ogni ambiente terrestre. Lo conferma un recente studio redatto dai ricercatori della Bren School of Environmental Science & Management dell’UC Santa Barbara, secondo cui tra il 1950 e il 2016 ben 5,6 milioni di tonnellate di microfibre sintetiche (derivanti dal lavaggio degli indumenti) sono state rilasciate nell’ambiente. Tale inquinamento riguarda tanto gli ambienti acquatici quanto quelli terrestri: «I corpi idrici hanno ricevuto 2,9 Mt, mentre le emissioni inerenti gli ambienti terrestri (1,9 Mt) e nelle discariche (0,6 Mt) sono altrettanto elevate», si apprende dal rapporto scientifico.

La problematica relativa all’inquinamento da fibre sintetiche è un processo noto ai ricercatori da molti anni, ma l’esatta quantità delle emissioni e i percorsi lungo cui tali microfibre viaggiano fino ad arrivare nei luoghi di accumulo erano finora sconosciuti. Il fattore che più preoccupa i ricercatori e che di conseguenza dovrebbe preoccupare l’intera società civile, riguarda il tasso di crescita di siffatto inquinamento. Roland Geyer, co-autore dello studio, dichiara che «Stando alle cifre si nota l’enorme crescita nella produzione di indumenti sintetici e, di conseguenza, un aumento dell’inquinamento da microfibra sintetica». Nell’ultimo decennio (2005 – 2015) la quantità di fibre sintetiche rilasciate nell’ambiente è raddoppiata.

Pile e fibre sintetiche: storia di comodità e inquinamento
Pile, nylon e altri tessuti: queste le emissioni cumulative di fibre sintetiche dal 1950 al 2016.
Immagine: journals.plos.org

La mitigazione dei danni dovuti all’inquinamento dovuto al lavaggio degli indumenti realizzati in pile, nylon e simili, non passa solo dall’efficientamento del trattamento delle acque reflue. Secondo i ricercatori occorre infatti prevenire le emissioni alla fonte: azioni quali l’utilizzo di dispositivi atti alla cattura di fibre e microfibre sintetiche, lavaggi meno frequenti e più delicati, o semplicemente una riduzione dell’acquisto di tessuti sintetici, risulterebbero operazioni molto più efficaci nella lotta all’ennesima forma di inquinamento perpetrata dall’uomo ai danni della natura.

Marco Pisano

Marco Pisano
Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

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