Pavel Nedved Sanna Marin
Pavel Nedved. Credit: Wikimedia commons

Hanno destato un certo scalpore i video diffusi sui social della premier finlandese Sanna Marin e del vicepresidente della Juventus Pavel Nedved, intenti a – rullo di tamburi – a divertirsi durante i loro momenti di svago.
Video privati divenuti in un lampo di pubblica visione, conseguenza inevitabile di questo pazzo mondo, dove è sempre più ostico fare una qualsiasi esperienza senza lasciare una traccia effimera come un post o una story sui social.
Gli avidi media hanno istantaneamente dato risonanza ai video spacciandole come breaking news, sottolineando implicitamente qualcosa di atipico e disdicevole nella condotta dei due protagonisti. Una moltitudine di commentatori in rete non ha perso occasione per bacchettare e chiederne metaforicamente la testa, qualcun altro ha incensato il coraggio (il coraggio!) dei due usciti per un attimo fuori dagli schemi.

Sanna Marin e Pavel Nedved
Sanna Marin, capo ministro finlandese (fonte immagine: ilmattino.it)

E proprio di schemi parliamo. Perché il clamore suscitato da questi due eventi vicini nel tempo e nelle modalità fa riflettere per almeno due motivi:

  • La stupidità della notizia perché la notizia – di fatto – non c’è.
  • Più importante, il clamore generato dai due eventi che riflette le tracce di un capitalismo che da modello economico (dis)funzionale, si trasforma in un pervasivo modello culturale e religioso sul quale legittima il suo maledetto e deleterio funzionamento.

La paralizzante mentalità economico-capitalistica

Come ben ricorderete la lezioncina delle medie, il capitalismo infatti è fondato sulla mentalità economica del profitto a tutti i costi, dove ricchezza genera altra ricchezza e tutte le risorse (anche umane) devono essere disposte e orientate al progressivo accumulo di capitale. Per perpetuarsi e far sì che anche le risorse umane si prostrino a questo insano obiettivo, il modello deve incidere culturalmente e fondare una supposta moralità sostenuta dagli uomini stessi e basata ritegno e sul pudore, dove è negata qualsiasi forma di divertissement perché, ribadiamolo, ogni risorsa deve essere spremuta per puntare unicamente al profitto.
Gli unici momenti di sfogo sono dati dal consumo (l’altro anello fondamentale per il funzionamento del sistema capitalistico stesso) e dal fisiologico riposo fisico. Cartina di tornasole della suddetta situazione: non indigna che qualche vip multimilionario acquisti un’isola mentre nel mondo vivono in condizione di povertà estrema 902 milioni di persone. Non indigna se in 26 persone possiedono le ricchezze di 3,8 miliardi di persone nel mondo e se il loro patrimonio sia raddoppiato nei due anni della pandemia. Indignano, invece, le partecipazioni alle feste di Sanna Marin e le notti brave di Pavel Nedved dove quest’ultimo balla, alza il gomito e tocca consensualmente delle tette.

L’uomo come macchina produttiva senza sentimenti

Il messaggio implicito è semplice: le figure di vertice e più in vista del sistema per conservare i loro benefit in termini di potere economico e status devono fornire un preciso modello di condotta, quello dell’uomo produttivo, serio, puritano quanto basta, dove ogni forma embrionale di trasgressione o edonismo è riprovevole. Un vero e proprio ricatto.
Questo potremmo definirlo come un subdolo tentativo di trasformare l’uomo in una macchina economica e produttiva che non deve provare sentimenti, non deve lasciarsi andare ad alcuna forma di divertissement, figuriamoci a una qualche forma di trasgressione.
In questo contesto, l’uomo d’onore e meritevole è colui che ha la camaleontica capacità di essere un ingranaggio funzionale alla macchina capitale e che aderisce a una vita dedita al sacrificio economico dove i godimenti sono centellinati e prestabiliti e gli eccessi demonizzati (o ben nascosti).

pavel nedved
La cultura capitalistica ci vuole così: tristi (fonte immagine: virgilio.it)

È innegabile, insomma, che il capitalismo abbia sviluppato una sorta di configurazione religiosa, caratterizzata dai suoi riti, i suoi codici, i suoi giudici e sacerdoti. Una “religione di puro culto”, ben definita da Walter Benjamin in “Capitalismo come religione“. Una religione senza teologia, ma coi suoi dogmi che se non osservati comportano un declassamento sociale del soggetto. La de-umanizzazione del lavoro, infatti, mira a togliere libertà e confondere doveri contrattuali del lavoro e sfera privata, come testimoniano i recenti casi di Sanna Marin e Pavel Nedved presi in analisi. Non è un caso che Sanna Marin abbia subito una vera e propria gogna mediatica internazionale, sia stata obbligata (dall’opinione pubblica e dalla sua coscienza che ha interiorizzato questi “valori”) a giustificarsi di fronte alle telecamere e istituzioni, abbia rischiato il posto, sia stata costretta a sottoporsi a un test anti-droga. Così come l’ex calciatore oggetto di scherno e aspre critiche che, scommettiamo, dovrà affrontare imbarazzato le domande fuori-posto dei giornalisti per giustificare ciò che dovrebbe essere la normalità.

Pavel Nedved e Sanna Marin loro malgrado sono sacerdoti della religione capitalistica

Il capitalismo odierno, insomma, vuole uniformare culturalmente per perpetuare la differenza del potere economico. Per farlo, vuole affogare l’unico ambito di libertà che nel momento in cui viene vissuto ci rende uguali: il divertimento. Dal nostro punto di vista, oltre lo scoramento per la situazione, non ci resta che confessare a Sanna Marin e Pavel Nedved che se mai dovessimo incrociarci in un occasione privata, il primo giro lo offre la redazione.

Enrico Ciccarelli

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