È domenica mattina. Come più o meno tutti i ragazzi della mia età, mi sveglio tardi dopo aver fatto tardi ieri sera. E come tutti i ragazzi della mia età, decido di smaltire il sabato sera andando alla manifestazione del PD. Chi non l’ha mai fatto, no?

Zaino in spalla, camicia sul rosso/bordeaux per integrarmi all’atmosfera di sinistra (?), quadernetto con la penna pronto, e si va. Salendo le scale della metro a Flaminio (la manifestazione è in Piazza del Popolo) vedo tanta gente salire le scale mobili, ma come in un flash ho un atroce dubbio, che espongo anche alla mia ragazza; mi riservo però di metterlo da parte per valutare alla fine della manifestazione. Dopo la coda e i controlli di routine arrivo alla piazza, dove la prima cosa che vedo è questo cartello: Manifestazione PD Roma EmilianoInsomma, un’atmosfera serena e priva di tensioni interne.

In realtà, c’è da dire che stavolta il PD sembra aver fatto centro: la manifestazione è partecipata e Roma è intasata di militanti Dem.

Inizio a dare un’occhiata alle provenienze delle varie sezioni locali: principalmente Emilia-Romagna, Toscana, Liguria, Lazio. Tanto centro insomma, poco Sud e poco Nord, anche se all’inizio della manifestazione dal palco arriverà il saluto rivolto anche ai militanti di Milano e della Sicilia. In attesa dell’inizio c’è la musica di sottofondo: riconosco canzoni più o meno moderne (Coldplay) alternate a brani che richiamano una vecchia epoca di lotte di piazza (People have the Power). Parte Bob Dylan. The Times They Are a-Changin’. Uno di quei brani che ti fanno venire voglia di fare la rivoluzione anche da solo, anche ora:

«Your old road is rapidly agin’.
Please get out of the new one
If you can’t lend your hand
For the times they are a-changin’»

Alla fine della canzone, sento uno strano rumore di sintetizzatori.

«Lui chi è
È un altro uomo che è impazzito per te
Ma non penso che possa dirti
Tutto quello che ti dico io»

Sì, avete capito bene: uno sciagurato organizzatore ha avuto la geniale idea di far partire i Thegiornalisti dopo Bob Dylan, tra lo stupore e lo smarrimento dei più anziani. Magari l’avrà fatto per “avvicinare i giovani al PD”. Ma questa rimane la fotografia più fedele dello stato della sinistra attuale. Dopo i Thegiornalisti parte Bella Ciao dei Modena City Ramblers, cantata più o meno da tutto il pubblico: confusione totale. Finalmente si inizia, e dopo i saluti dei presentatori («Che cosa pacchiana i presentatori» mugugna una signora accanto a me) e l’Inno di Mameli (cantato anche con una discreta partecipazione da tutti: sembra di stare ad Atreju) si parte con gli ospiti: si inizia a parlare di Genova con il presidente del Municipio Val Polcevera.

Propone un gruppo PD che si occupi esclusivamente degli emendamenti sul decreto Genova, gli appelli all’unità del partito (accompagnato dai cori “unità, unità” che si ripeteranno tante volte oggi), e la proposta di “ripartire dai millimetri” che mi ricorda tanto Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica. Ma forse sono strano io.

Dopodiché tocca ai Giovani Democratici: il primo sul palco è Bernard, un ragazzo dall’evidente accento toscano molto deciso e sicuro. Mi ricorda qualcuno, ma non capisco di preciso chi. Parla di «PD non argine ai populismi, ma fiume», e dice che «il nostro avversario non è in questa piazza». Due signore di fianco a me discutono:
«Però, che bravo questo ragazzo. Mi ricorda tanto Renzi.»
«Quanto sono intelligenti questi toscani…»
E dunque decido di allontanarmi un attimo per vomitare.

Ritorno in tempo per sentire altri due GD: la prima è una ragazza che rilancia altri appelli all’unità (e a questo punto sento qualcuno che risponde «eh ho capito, ma se qualcuno fa di testa sua…») e a questo proposito cita Berlinguer: «Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno». Toh, qualcosa di sinistra. Il secondo è un ragazzo migrante che ci ricorda come l’Italia sia un paese «antifascista, democratico, dove sono importanti l’uguaglianza e la libertà, come ci ricorda l’articolo 3 della Costituzione». Dimostrando di conoscere la costituzione meglio di tanti “patrioti”.

Mentre si succedono gli ospiti, il caldo, la fame e la schiena a pezzi iniziano a farsi sentire, e mi allontano per rifocillarmi. Esco dalla piazza e incontro un’amica con un ragazzo: «Sono sceso con il pullman del PD di Bologna, ma era solo per scendere a Roma». Chi l’ha detto che il Partito dell’Amore non esiste più? Mentre attraverso la strada, mi accorgo che di fianco a me sta passando Marianna Madia, ma mentre penso a cosa chiederle lei passa oltre. Come giornalista d’assalto devo migliorare.

Arrivo in un bar, prendo acqua e caffè accanto a un indiano che mi sorride – evidentemente l’atmosfera di integrazione arriva fino a qui – e torno in piazza giusto in tempo per gli ultimi strascichi del discorso del comico Paolo Hendel (accompagnato da altri “unità, unità”) e per accorgermi che accanto a me c’è Andrea Orlando, non riuscendo a digli altro che “buonasera”. Come giornalista d’assalto devo migliorare.

Manifestazione PD Roma Balcone

Finalmente arriva alla manifestazione il segretario PD Maurizio Martina (“unità, unità”). Il discorso di Martina ha un tono molto acceso, ed è pieno di veleno verso Di Maio e Salvini: li definisce “assassini politici”, “ministri piromani”, “pericolosi nazionalisti di destra” – mentre dice ciò vedo un uomo con cappello e bandiera di Che Guevara e mi sento improvvisamente un sessantottino – e sembra avere una verve mai vista: perde la voce, ringrazia un volontario che gli porta dell’acqua, cita un cartello visto tra la folla («non ci affacciamo dai balconi ma siamo in piazza»), si ferma quando una persona nelle prime file si sente male e chiede l’aiuto di un medico, tra gli applausi.

Fa infiammare la piazza sulla lotta alla mafia, il ricordo di Marzabotto e alla tradizione della Resistenza (attaccando Salvini e le cene con Casapound). Se la prende con tutti: Toninelli, Conte («se c’è un Presidente del Consiglio si segnali»), i mancati investimenti al Sud (e finalmente intravedo il PD campano e molisano). Parla di un nuovo PD, una nuova sinistra (“unità, unità”), chiede un congresso immediato e soprattutto fa appello ai giovani che sono “il futuro del partito”. Mi ritorna il dubbio iniziale. Chiude citando Bauman e Martin Luther King tra le note di Born to Run di Bruce Springsteen. Inspirational.

Alla fine esco dalla piazza, sento diffondersi i primi numeri sui partecipanti (40/50mila) e altre voci incontrollate («Zingaretti non è male»). Inizio a parlare un po’ con tutti, e alla fine trovo un 70enne a cui mi sento di affidare il dubbio che mi tormenta dal principio: «Ma sbaglio o c’erano pochissimi giovani e tanti anziani?» e lui, per darmi ragione, mi racconta dei danni del berlusconismo nella vita culturale del paese e di quando, a 10 anni, lui si indignava già per la narrazione dominante sui fatti d’Ungheria del 1956.

E mi rendo conto improvvisamente di come quasi tutte le persone da me incontrate durante la giornata seguano questo profilo: nostalgici che cantano Bella Ciao col pugno alzato, senza riuscire a fare presa sulle nuove generazioni.
«Altri tempi quelli, bei tempi» gli dico. Ma ho una frase che mi rimbomba nella testa: “Non ti fare fottere dalla nostalgia”.

Simone Martuscelli

10 Commenti

  1. Se gli anziani non riescono a far presa sui giovani vuol dire che non hanno nemmeno la voglia di pensare da dove anche loro provengono. Bello sarebbe poter vedere dove questo pensiero nuovo portera’. O forse lo vedremo presto

  2. Non ti avevo mai letto.Complimenti.Comunque, da ex quasi sessantottina,ti assicuro che i giovani c’erano, a confronto di altre manifestazioni.Moltissimi nonni, forse pochi genitori comunque svariati nipoti.Non me li aspettavo.Ha ragione Hendel: la speranza è l’ultIma a morire!

    • Innanzitutto grazie mille.
      Forse sono un po’ pessimista io, o forse sono stato solo sfortunato; fatto sta che la mia impressione (e non solo la mia) è stata quella di una piazza molto piena ma con davvero pochi giovani. Spero vivamente di sbagliarmi!

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