Femminicidio Giulia Tramontano

Lo sapevamo già, non è stato difficile immaginare cosa fosse successo. Giulia Tramontano è morta con suo figlio in grembo per mano del compagno violento. Un’altra vittima del sistema patriarcale.

No, quello di Giulia Tramontano non è un caso isolato. Giulia è una vittima, e nell’assordante silenzio istituzionale la sua memoria viene infangata da chi non vuole riconoscere la matrice patriarcale del suo femminicidio, che in quanto tale ha carattere sistemico. Una parte consistente della popolazione italiana ritiene che alla donna (e alle sue scelte) si debba ascrivere la colpa della violenza perpetrata ai suoi danni, una modalità di pensiero che viene alimentata anche dalle testate nazionali più conosciute: “Insegniamo alle ragazze come salvarsi” era il titolo che campeggiava sulla pagina social de La stampa qualche giorno fa, mentre sempre più diffusa è la retorica del not all men, secondo cui non tutti gli uomini sono assassini, quindi nel parlare di violenza sistemica si commetterebbe l’errore di generalizzare. Al di là della differenza sostanziale che esiste tra la generalizzazione e l’analisi di sistema – la prima è un’incapacità di discernere le differenze tra i diversi casi contingenti di un qualsiasi fenomeno, mentre nel secondo caso si tratta di un’analisi che oltrepassa i limiti della contingenza e analizza le strutture e le sovrastrutture che ne costituiscono la base fondante – è opportuno sottolineare come la violenza nei confronti delle donne, sia cis che trans, non si fermi al solo femminicidio. È ovvio, non tutti gli uomini sono, per fortuna, assassini. Ma il femminicidio non è che la punta di un iceberg, l’oppressione patriarcale si manifesta in forme anche meno evidenti: noi donne veniamo oppresse anche quando vediamo minato il diritto ad abortire, quando siamo vittime di stupri e molestie, quando abbiamo paura di camminare per le strade delle nostre città o di tornare a casa, perché ci potrebbe succedere qualcosa, oppure quando siamo costrette al lavoro domestico.

E mentre Giulia Tramontano muore, le istituzioni tacciono e se si esprimono non dicono comunque abbastanza. Anche da parte della sedicente progressista Elly Schlein giusto una nota fredda e insufficiente tramite comunicato. La sinistra istituzionale da tempo non è in grado di fare opposizione, nonostante il cambio di passo nella direzione del più grande partito di centrosinistra d’Italia. Intanto la destra è al governo e al Ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità siede una donna, Eugenia Roccella, che ha manifestato più volte la sua avversione nei confronti della comunità LGBTQIA+, dell’aborto e della adozione di bambinз da parte di coppie omogenitoriali. Di certo non ci si può aspettare che da parte del governo attuale venga proposta una legge che introduca l’aggravante del femminicidio, che in ogni caso sarebbe un palliativo rispetto ai danni provocati dal sistema patriarcale nella sua totalità.

La discrepanza tra il Paese reale e la politica istituzionale si avverte più forte quando, come pochi giorni fa, la popolazione esprime il suo sdegno nelle forme che più le sono consone. Al presidio organizzato dal nodo napoletano di Non Una di Meno più di trecento persone si sono raccolte per onorare la memoria di Giulia Tramontano. Il presidio si è spontaneamente trasformato in un corteo, accolto da applausi da parte deз cittadinз del centro storico.

Giulia Imbimbo

Giulia Imbimbo
Nata a Napoli a ridosso del nuovo millennio, sono una studentessa di Lettere Moderne, divoratrice di album e libri. Credo nella capacità della cultura umanistica e dell'espressione artistica di rifondare i valori della società contemporanea.

2 Commenti

  1. Ho appena visto un video sull’argomento. Un video di una linguista professionista, molto intelligente e capace di esprimere magnificamente le sue argomentazioni. Poco dopo mi imbatto in questo articolo, che definire senza significato è dire poco. Ci sono tutti i sintoni di un disturbo delirante, classico di chi promuove questa visione folle della realtà. Di fatto non esiste nessuna violenza sistemica, non esiste nessuna cultura dello stupro o del femminicidio. Tali circostanze si possono constatare semplicemente mettendo a fuoco la realtà che ci circonda. In Italia abbiamo 23 milioni di uomini. Il numero di femminicidi (qui bisognerebbe aprire una parentesi perché purtroppo è una parola molto strumentale e nel novero del conteggio ci finiscono tutti i casi in cui un uomo uccide una donna, gonfiando di fatto i numeri che sono comunque – per statistiche – in costante diminuzione – per fortuna aggiungo eh -) si aggira mediamente sui 100 e rotti ogni anni. Ora, prendiamo per buono che siano tutti davvero femminicidi (probabilmente no), implica che 100 uomini hanno ucciso una donna, su 23 milioni di uomini presenti in Italia. Se facciamo un calcolo in percentuale esce fuori 0%. Perché la maggior parte delle calcolatrici non riesce a darci un risultato così tanto in sotto decimale. Anche se i femmicidi fossero 200, anche 500, sarebbero sempre una percentuale insignificante se rapportato al totale degli uomini che vivono in Italia. Uomini normali, che non uccidono e non ucciderebbero nessuno. Ciò nonostante, chi soffre di disturbo delirante, arriva a parlare di educazione verso i maschi, di violenza sistemica, addirittura di cultura. Follia, vera e propria follia. Nessuna scuola, nessuna famiglia, nessun corso, nessun ambiente sociale, insegna ai maschi la violenza. Non esiste proprio il presupposto. Chi si macchia di violenza NON rappresenta la norma, rappresenta una minoranza insignificante di persone che soffrono di qualche disturbo o problema, al punto da arrivare ad attuare atti estremi. NON esiste alcuna violenza sistemica, esiste solo un fenomeno molto preoccupante e in costante aumento, la misandria legittimata. Basta fare una prova logica, prendiamo questo articolo e sostituiamo la parola uomini con la parola immigrati. Potrebbe essere un articolo pubblicabile su qualunque sito di destra estrema. Un articolo che chiunque boicotterebbe. Io sono davvero rammaricata, questo delirio andrebbe fermato a ogni costo.

    • Qui di delirante esiste solo il tuo commento. La negazione della violenza sistemica vissuta da miliardi di donne nel mondo è al limite del patologico. Una sindrome di Stoccolma che porta a difendere un sistema costruito dal maschio, per il maschio. Un sistema in cui le donne sono considerate esseri inferiori, per alcuni addirittura non-persone, che hanno inferiori disponibilità economiche, inferiori opportunità, che patiscono ogni genere di discriminazione in qualsiasi campo della vita, sociale, scientifico, medico, artistico, ecc. per il solo fatto di essere donne.
      Decine di migliaia di studi, dati statistici, fatti di cronaca raccontano quotidianamente di un mondo in cui la parità di genere è ancora un miraggio irraggiungibile che prevede centinaia di anni prima che possa dirsi reale e tu “Silvia” fai parte di quel gruppo che rallenta e ostacola questo lentissimo processo. E nonostante l’evidenza abbagliante ancora neghi.
      Non si tratta di misandria ma di riconoscere che la costruzione e la narrazione del mondo sono a senso unico e guidate dalla soddisfazione dei soli bisogni del maschio. Tutto il resto, le donne e le loro vite, sono funzionali alla gratificazione del membro maschile.
      Religioni, costumi sociali, leggi, abbigliamento, mezzi di trasporto, medicine, accesso a professioni, studi, posti di potere, ecc. sono state costruite da maschi per i maschi e mantenute con la violenza.
      La violenza è sistemica, culturale, legislativa, economica, fisica ed è prerogativa maschile. Il maschio non nasce violento ma è educato ad esserlo e ad usare la violenza, di qualunque genere, come strumento per soddisfare i suoi bisogni. Perché la violenza paga e paga bene. E i maschi lo imparano presto, così precocemente e così radicalmente da negare poi che il fenomeno esista. Sono così dipendenti dai loro privilegi che ammazzano le donne piuttosto che cederli.
      E lo imparano anche le donne che perpetuano questo modello culturale in cambio di briciole, come cagne rassegnate alla tavola del padrone, felici di non essere prese a calci se stanno al loro posto. Che tristezza mi fai.

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