Popoli incontattati e legge genocida
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Grande vittoria per le popolazioni indigene del Perù, che sono riuscite ad ottenere la revoca della legge genocida 3518, il decreto promosso dal partito conservatore Fuerza Popular che mirava a disconoscere l’esistenza dei PIACI (Pueblos Indígenas en Aislamiento y Contacto Inicial).

L’Asociación Interétnica de Desarrollo de la Selva Peruana (AIDESEP) e l’Organización Regional de Pueblos Indígenas del Oriente (ORPIO) hanno lottato affinchè il progetto di legge, da loro definito genocida poiché prospettava conseguenze devastanti per le popolazioni indigene, fosse annullato. La legge era stata promossa dai fujimoristi, i sostenitori del dittatore peruviano ultraconservatore Alberto Fujimori, già condannato per crimini contro l’umanità (tra cui la sterilizzazione di migliaia di donne indigene), adesso confluiti nel partito populista e conservatore Fuerza Popular, guidato dalla figlia di Fujimori.

Nello specifico, con la legge 3518 si intendeva negare l’esistenza delle popolazioni indigene affinché queste ultime non costituissero burocraticamente un intralcio alla realizzazione delle opere di sfruttamento industriale previste dalle grandi aziende di estrazione del petrolio affiliate con la destra fujimorista.

«Sono molto felice perché abbiamo lavorato duramente per fermare questo disegno di legge che viola i diritti dei popoli incontattati e di recente contatto. L’archiviazione del disegno di legge protegge i nostri parenti incontattati, i loro diritti e le loro vite, ed evita il genocidio e l’ecocidio che avrebbe scatenato» ha dichiarato Tabea Casique (Ashaninca) di AIDESEP. Secondo l’associazione è necessaria un’ampia campagna di informazione in merito all’esistenza e alla presenza delle popolazioni indigene in territorio peruviano, che deve essere supportata anche dal governo e dai suoi organi ufficiali.

Ne è convinto Jorge Pérez Rubio, presidente dell’AIDESEP, il quale ha spiegato durante un intervento al parlamento peruviano che la causa per cui attualmente i popoli indigeni del Perù non hanno una grande visibilità è da rintracciare anche nella loro decisione di vivere isolati per difendersi dalle diverse aggressioni che hanno subito nel corso della storia recente. Invece, la parlamentare transfemminista Sigrid Bazán ha ricordato all’assemblea l’esistenza di un’altra legge, la 28736 – anche conosciuta come ley PIACI – che si pone l’obiettivo di proteggere i diritti, i territori e le forme di vita dei popoli PIACI.

A dimostrazione del grave impatto che le aziende di estrazione petrolifera hanno sulla vita delle popolazioni incontattate basti ricordare i fatti degli anni ’80. In quel periodo, infatti, a seguito delle prospezioni petrolifere guidate dalla Shell, fu inevitabile il diffondersi di diverse malattie mortali che sterminarono la metà della popolazione Nahua, precedentemente ancora incontattata. Per i popoli PIACI e, in generale, per le popolazioni indigene, il contatto con i popoli che adottano uno stile di vita capitalista e occidentale diventa una grave minaccia, perché queste ultime potrebbero essere responsabili della trasmissione di malattie verso le quali non sono in grado di difendersi.

Attualmente sono più di 100 i popoli incontattati nel mondo, e con il loro stile di vita autosufficiente e autorganizzato ci dimostrano che esiste un modo alternativo di vivere, che esula dal consumismo occidentale e capitalista. Le popolazioni indigene non inquinano, non usano automobili né frigoriferi, ma vivono in armonia con la foresta e con i territori che occupano. Forzarne i contatti vuol dire commettere violenza e non riconoscere il diritto di ogni popolo all’autodeterminazione.

Giulia Imbimbo

Giulia Imbimbo
Nata a Napoli a ridosso del nuovo millennio, sono una studentessa di Lettere Moderne, divoratrice di album e libri. Credo nella capacità della cultura umanistica e dell'espressione artistica di rifondare i valori della società contemporanea.

1 commento

  1. A volte mi chiedo: “Come è stato possibile che funghi velenosi come fujimori in Perù e meloni in Italia siano spuntati invadendo gli spazi incontaminati della democrazia?”.
    E trovo la risposta nel fatto che la democrazia va coltivata e curata come una foresta, lasciando che ogni pianta cresca a modo suo, rispettando i suoi spazi e la sintonia di vicinanza con le altre, così come la sua forma che a noi potrebbe sembrare sbilenca. La democrazia richiede solo attenzione amorevole anche per piccole piante del sottobosco e rispetto di ogni specie, permettendo all’informazione tra varie diversità di fruire libera come ossigeno, anche negli angoli più reconditi della foresta. Altrimenti arriva il marciume.

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