Si chiama Ctrl-Labs la start up acquistata da Facebook che potrebbe rivoluzionare presto il nostro rapporto con il digitale e con la realtà. Ad annunciare l’acquisto Andrew Bosworth, vicepresidente di Facebook, che ha spiegato con un post il fulcro del lavoro.
Per controllare i dispositivi interattivi basterà indossare un braccialetto, ed ecco che i nostri pensieri verranno trasformati in movimenti senza che effettivamente ci sia un movimento. Insomma, un software ci aiuterà a controllare il computer con i nostri pensieri.
Semplice? Più a farlo che a dirsi
Spiega il vicepresidente di Facebook: «Hai neuroni nel midollo spinale che inviano segnali elettrici ai muscoli della tua mano dicendo loro di muoversi in modi specifici come fare clic con il mouse o premere un pulsante. Il braccialetto decodificherà quei segnali e li tradurrà in un segnale digitale che il tuo dispositivo può capire, dandoti il controllo della tua vita digitale. Cattura le tue intenzioni in modo da poter condividere una foto con un amico usando un movimento impercettibile o semplicemente, beh, con l’intenzione di farlo».
L’interfaccia neurale da anni rappresenta la sfida del digitale dei nostri tempi. Se fino a qualche anno fa sembrava impensabile riuscire a tradurre pensieri in azioni e controllare a distanza i movimenti, oggi sappiamo che non lo è, che Black Mirror non è più una realtà distopica così lontana e che bastano tra i 500 milioni e 1 miliardo per scommettere sulle nuove opportunità – è questa la cifra spesa da Facebook per l’acquisizione della start up secondo la CNBC.
Qual è lo scopo del progetto finanziato da Facebook?
Tempi felici per i pigri, si potrebbe dire. La velocità di azione è chiaramente uno dei vantaggi che la riuscita di questo lavoro finanziato da Facebook potrebbe realizzare, così come la facilità e la comodità. E, diciamolo, l’idea di essere finalmente compresi prima ancora di parlare – pena che spesso l’essere umano deve sopportare e per cui tanto fiato si spreca con continui “tu non mi capisci mai” – è ovviamente entusiasmante.
Ma c’è sempre un però. I percoli non sono pochi: i sistemi virtuali di interazione hanno già profondamente cambiato non soltanto i legami umani, quanto il rapporto tra umano e reale, e tra uomini connessi e uomini sconnessi. Basta pensare al nostro rapporto con il digitale largamente inteso ma anche a Facebook, Instagram, Snapchat, Tik Tok.
«La nostra vita» come scrive il sociologo e filosofo Bauman, «è scissa in due universi, la vita online e offline, ed è irrimediabilmente bipolare. Ognuno di questi universi ha proprie leggi, propri contenuti e una propria semantica».
Differenze che oggi risultano spesso impercettibili nel sentire comune, così i linguaggi si sono mescolati e sono oggi indistinguibili. L’assuefazione alle tecnologie ha poi opacizzato i pericoli che queste nascondono. Siamo abituati a essere connessi, ma a cosa? A Facebook, Instagram, a una realtà che non è realtà, o almeno lo è solo in parte. Viviamo quotidianamente una quasi-realtà in modo così fluido da non essere pienamente consapevoli della dipendenza dal digitale, una tecno-dipendenza.
Siamo tutti iperconnessi
Online e offline non esistono più. Con più di 4 miliardi di connessi al mondo registrati da Wearesocial – 55 milioni in Italia, cioè 9 persone su 10 –, siamo pienamente consapevoli di essere nell’era onlife. Progetti come quello su cui lavorerà il gruppo formato da Facebook e la start up Ctrl-Labs rientrano chiaramente nelle novità dell’era onlife in quanto mirano a offrire prodotti che ci permettono di essere iperconnessi, quasi come se l’obiettivo finale fosse abolire la possibilità di essere scollegati, di essere offline.
C’è ancora la possibilità di sottrarsi a quello che sembra un determinismo della società contemporanea? Si può ancora preservare uno spazio offline nell’era degli iperconnessi pur restando al passo con i tempi? Si corre il rischio che il nostro pensiero venga sorvegliato (Facebook Gate è solo un esempio) – ed estremizzando, manipolato – dalle nuove tecnologie più di quanto non si faccia già? Le risposte verranno date certamente dal tempo, ma è bene non farsi trovare impreparati.
Proprio in questi giorni a Milano si è svolto l’evento Onlife dedicato al mondo digitale e alle nuove tecnologie per riflettere sui futuri cambiamenti che si avranno sulle nostre vite. Non soltanto scienziati, perché non si tratta soltanto di scienza. L’impatto è sociale, filosofico, letterario, culturale.
È opportuno che si rifletta per tempo sui benefici ma anche su possibili scenari d’azione di un progetto come quello su cui ha investito Facebook, al fine di trovarsi culturalmente preparati a simili novità.
Alba Dalù