Sul pianeta dei Bonomi il futuro non è un diritto
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In una recente intervista a “Mezz’Ora in più”, programma giornalistico condotto da Lucia Annunziata e in onda su Rai3, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha dichiarato «Abbiamo bisogno di una strategia di indipendenza che è fondamentale per noi e per l’Unione europea. Dobbiamo cambiare gli investimenti del Pnrr nell’energia, nella difesa e nella ricerca. Il Pnrr deve essere modificato va riscritto ed allungato nella sua estensione temporale. La transizione green può essere realizzata se accompagnata con investimenti molto forti che oggi non ci sono. Quindi o si va avanti così e si mettono in conto i costi sociali oppure bisogna essere realisti, allungare i tempi ed accompagnare la transizione». L’intervista rilasciata pochi giorni dopo la pubblicazione della seconda parte del sesto rapporto dell’IPCC sui cambiamenti climatici, solleva parecchi interrogativi: cosa vuol dire investire nella difesa? È possibile rimandare la transizione ecologica? Carlo Bonomi e tutti coloro che negli ultimi tempi si angustiano per i cosiddetti “costi sociali” sanno di cosa stanno parlando?

La Difesa è il peggior attacco

Lo scorso 29 settembre il Premier Mario Draghi dichiarò che in Italia «Dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora». Affermazione confermata dai dati dell’Osservatorio Mil€x secondo cui nel 2022 il Belpaese ha di recente aumentato il budget del Ministero della Difesa del 5,4% rispetto al 2021. Un bilancio che grazie all’incremento di 1,35 miliardi di euro è arrivato a sfiorare i 26 miliardi. L’accrescimento dei fondi per la Difesa ha tra gli obiettivi l’acquisto di nuovi armamenti, intento incluso nei nuovi e numerosi programmi di riarmo presentati dal Ministro della Difesa Lorenzo Guerini al Parlamento. Caccia Tempest 2, nuovi eurodroni classe Male, aerei Gulfstream per la guerra elettronica, batterie missilistiche antiaeree per missili Aster, nuovi blindati Lince, due nuovi cacciatorpedinieri lanciamissili e molto altro.

La triste “lista della spesa” stilata dal Governo italiano non accontenta Carlo Bonomi che, durante la trasmissione condotta da Lucia Annunziata, ha sottolineato l’urgente necessità di un ulteriore aumento degli investimenti nel campo della Difesa. Per il presidente di Confindustria, «La produzione industriale italiana è stimata in forte caduta a gennaio -1,3%, dopo -0,7% a dicembre». Una contrazione «dovuta al caro-energia e al rincaro delle altre commodity che comprimono i margini delle imprese e, in diversi casi, stanno rendendo non più conveniente produrre». La guerra in Ucraina ha inasprito la crisi energetica e, di fatto, anche quella economica. Per questo motivo Bonomi suggerisce una revisione del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR), modifica utile a rimandare la transizione ecologica. Un’eresia politica e scientifica dettata dall’infinito desiderio di profitto e da una forma mentis imprenditoriale non più sostenibile.

Assecondare tali richieste, tra cui «la sospensione del mercato Ets (il mercato dell’UE utile a controllare le emissioni climalteranti), nuovi impianti gnl (gas naturale liquefatto) magari in mare, l’aumento della produzione nazionale di gas e rinnovabili», vorrebbe dire disattendere tutti gli urgenti piani in materia di lotta alla crisi climatica, dare uno schiaffo alle future generazioni in nome di un presente che, è evidente, sta crollando a causa di progetti di sviluppo malsani avanzati dalle stesse classi dirigenti che ci hanno portato fin qui, fino all’orlo del baratro economico, ambientale e sociale. Una classe imprenditoriale che utilizza le rinnovabili come un tappeto sotto cui sotterrare montagne di proposte imbarazzanti, che se ne frega altamente e in modo palese delle chiare richieste della scienza e della società civile, che giorno dopo giorno si concentra sull’oggi posticipando le azioni utili a garantire il domani. Il tempo però scorre inesorabile e rimandare per l’ennesima volta i piani in materia di tutela ambientale vorrebbe dire condannare definitivamente chi in quel domani dovrà viverci, chi in quel domani ha il diritto di viverci.

Bonomi è la chiara rappresentazione di quello di cui l’Italia non ha bisogno: un uomo di potere che detta leggi dall’alto del suo scranno, incurante delle conseguenze per le nuove generazioni causate da proposte che dovrebbero essere cestinate ancor prima di essere ascoltate. Un uomo con talmente tanta esperienza da assumere le sembianze di un theós, divinità intoccabile, da non contraddire, pena l’atroce supplizio inflitto da Zeus a Prometeo. Eppure, e l’intervista rilasciata a “Mezz’ora in più” lo dimostra chiaramente, anche personalità di spicco come Bonomi e il suo lunghissimo curriculum commettono errori, sottovalutando i rischi del non agire in settori di cui evidentemente sanno poco o forse nulla.

Caro Bonomi, a volte il silenzio è d’uopo

Il Sesto Rapporto di Valutazione (AR6) dell’IPCC rappresenta «la più aggiornata e completa valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi e sulla biodiversità, a livello globale e locale, e delle conseguenze per il benessere delle persone e per il pianeta». In particolare, la seconda parte (WGII) del report sottolinea l’estrema urgenza di un’immediata e ambiziosa azione utili ad affrontare i rischi ambientali derivanti dalla crisi climatica. Per il Presidente dell’IPCC Dr. Hoesung Lee «Le mezze misure non sono più una possibilità». Un’amara constatazione confermata anche dal Prof. Hans-Otto Pörtner, fisiologo e biologo marino presso l’Alfred Wegener Institute Helmholtz Center for Polar and Marine Research a Bremerhaven, secondo cui «L’evidenza scientifica è inequivocabile: i cambiamenti climatici sono una minaccia al benessere delle persone e alla salute dell’ambiente. Ogni ulteriore ritardo nell’azione concentrata a livello globale farà perdere quella breve finestra temporale per garantire un futuro vivibile».

Le nuove e più aggiornate osservazioni contenute nell’AR6 dell’IPCC dovrebbero spingerci a non esitare ulteriormente. Nel 2019 le emissioni di gas serra sono cresciute ulteriormente (410 parti per milione per CO2 e 1866 parti per miliardo per il metano). La temperatura media globale per il periodo 2011-2019 è stata di 1.09 °C superiore ai livelli pre-industriali. Superare gli 1,5 °C senza aver compiuto alcuna azione significativa vorrebbe dire provocare impatti climatici irreversibili con gravissime conseguenze sociali ed economiche per l’intera società umana. A confronto i “costi sociali” da affrontare nel presente, citati sia da Bonomi che a più riprese dal Ministro Roberto Cingolani, risulteranno essere inezie, bazzecole, pinzillacchere. Riflessione a parte meriterebbe il termine “costo sociale”, mai utilizzato con tanta convinzione prima d’ora. A quanto pare, la transizione ecologica ha avuto il merito di far comprendere ad alcune personalità di spicco e dal curriculum infinito il significato (se non addirittura l’esistenza) dei danni alla collettività derivanti dalle attività politiche e imprenditoriali. Preoccupazioni legittime che però questa volta sanno di socialwashing se si considera che tale “costo sociale” vuol essere evitato grazie all’acquisto di nuove armi, all’estrazione di idrocarburi inquinanti e alla riapertura delle centrali a carbone. Dettagli.

Tra le principali cause dell’emergenza climatica spicca la produzione di energia. Le attività umane, tra cui l’estrazione e l’utilizzo dei combustibili fossili come fonte energetica, hanno fatto registrare la più alta concentrazione di gas serra degli ultimi 800.000 anni. «Dobbiamo sbloccare la burocrazia sulle rinnovabili: non è possibile metterci dieci anni per un impianto. Serve una strategie di indipendenza, è fondamentale per noi e per tutta l’Ue. Dobbiamo cambiare investimenti». Tra le discutibili dichiarazioni del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, quella sulle energie rinnovabili e sugli impianti fotovoltaici sembrerebbe essere la più sensata. Rendere i singoli cittadini indipendenti vorrebbe dire rendere l’intera collettività italiana indipendente. Certo, serve tempo, ma soprattutto occorre azione politica. Incentivare l’acquisto di pannelli solari, favorire la creazione di comunità energetiche, puntare sulla resilienza energetica delle città: iniziative politiche, queste, che non possono essere più rimandate.

Non abbiamo più tempo da perdere. Procrastinare vorrebbe dire fallire. Eppure, ancora una volta, è questa la direzione intrapresa dalla politica italiana. Una triste realtà che incontra il favore di grandi imprenditori e dirigenti d’azienda. In un presente incerto, il futuro non è una priorità: è questa la penosa lezione a cui siamo costretti ad assistere. Nel Paese dei politici senza lungimiranza il futuro va guadagnato. Sul pianeta degli imprenditori multimilionari il futuro non è un diritto.

Marco Pisano

Marco Pisano
Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

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