Comunità energetiche: crea, risparmia e vendi energia rinnovabile
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La crisi energetica che ha colpito l’Europa obbliga il Parlamento europeo e gli Stati membri ad adottare nuove strategie volte «ad affrontare l’impatto immediato del caro prezzi odierno e rafforzare la resilienza agli shock futuri», come dichiarato dalla Commissione europea nel documento “Tackling rising energy prices: a toolbox for action and support“. Tra le proposte avanzate dall’UE ai Paesi europei spiccano i sostanziosi investimenti dedicati alla produzione di energia rinnovabile, oltre ai sussidi e ai tagli delle tasse per le famiglie meno abbienti. Misure certamente utili nel processo della necessaria transizione energetica, tassello fondamentale per il raggiungimento della più ampia transizione ecologica. Nella lunga lista degli strumenti adatti a una rivoluzione green riguardante le modalità di produzione, distribuzione e consumo dell’energia emergono le cosiddette comunità energetiche, grazie alle quali è possibile decentralizzare e localizzare la produzione di energia tramite il coinvolgimento dei cittadini di un determinato territorio. Un’arma in più nella lotta alla crisi ambientale che però, come tutti i mezzi utili al raggiungimento di tale scopo, non può prescindere da un graduale ma essenziale cambiamento del nostro stile di vita. Prima di ogni ragionamento sulle nuove modalità di produzione dei beni e dei servizi utili alla società, è obbligatorio comprendere il primo passo per una vera transizione ecologica è rappresentato dalla riduzione dei consumi.

Comunità energetiche: cosa sono e a cosa servono

Ribaltare il ruolo che i cittadini hanno avuto e tutt’ora hanno nella lotta alla crisi climatica si può e si deve. A tal proposito le comunità energetiche possono aiutare a trasformare la passività in attività. Il concetto è molto semplice: attraverso un intento collettivo e un’adesione a un contratto comunitario, il “consumatore” (consumer) può tramutarsi in “produttore” (producer), dando così vita alla figura di prosumer ovvero quel cittadino che produce corrente elettrica da un proprio impianto di energia rinnovabile, ne consuma la parte necessaria al soddisfacimento dei propri bisogni e immette in rete la restante quota, condividendola con consumatori prossimi al prosumer stesso o immagazzinandola in un apposito sistema di accumulo. Secondo i risultati dello studio “Potential of prosumer technologies in tge EU” realizzato da CE Delft, entro il 2050 l’89% della domanda di energia potrà essere soddisfatta dagli impianti di autoproduzione (solare, turbine eoliche di proprietà collettiva etc.). I prosumer avranno quindi un ruolo fondamentale nel processo di transizione energetica ed ecologica europea.

Il report “Le comunità energetiche in Italia” redatto dall’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, afferma che «Le forme innovative di prosumption possono essere attuate attraverso le comunità energetiche (CE), ossia una coalizione di utenti che, tramite la volontaria adesione a un contratto, collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti energetici locali». Decentralizzando e localizzando la produzione energetica tramite le CE, la collettività del territorio in cui si decide di applicare tale soluzione può godere di un accesso a costi contenuti al mercato dell’energia rinnovabile. Due i primari principi base su cui si fondano le comunità energetiche:

  • coinvolgimento della popolazione nei processi produttivi di energia rinnovabile;
  • collaborazione fra cittadini (singole abitazioni, imprese, attività commerciali, aziende agricole etc.) utile allo scambio di quote energetiche in un’ottica di autoconsumo territoriale.

In Italia, in particolar modo nell’area settentrionale della penisola, le realtà delle comunità energetiche esistono e funzionano. Dalla provincia di Torino a Lecce, da Verona a Saint Christope, in Val D’Aosta, fino ad arrivare nella meravigliosa Val di Funes in Alto Adige, luogo in cui i cittadini producono energia rinnovabile (idroelettrico, biomassa e solare) in forma associata fin dal 1921.

I principali vantaggi di una CE

Il principio di autoconsumo, ovvero la possibilità di consumare l’energia prodotta presso la propria abitazione, azienda o attività commerciale, comporta vantaggi ambientali ed economici quali il risparmio in bolletta, la riduzione dell’impatto ambientale e la valorizzazione dell’energia prodotta. Inoltre la realizzazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile rientranti nell’ambito dell’efficientamento energetico degli edifici (abitazioni private, capannoni industriali etc.), è sottoposta ad agevolazioni fiscali come le detrazioni tributarie e i superammortamenti.

Altro importante beneficio derivante dalle CE è senza dubbio il contrasto alla povertà energetica (PE), undicesimo dei diciassette obiettivi contenuti nell’Agenda 2030 dell’ONU. Secondo il Rapporto OIPE 2020 “La povertà energetica in Italia“, «Nel nostro Paese non vi è ancora una misura ufficiale della PE […]. Tuttavia, dal 2017, il Governo italiano ha adottato nei suoi documenti ufficiali (SEN 2017 e PNIEC 2019) una misura proposta da alcuni ricercatori che per il 2018 fissa all’8,8% la percentuale di famiglie in povertà energetica in Italia». La partecipazione a una comunità energetica mitigherebbe tale problematica tramite azioni quali forme di solidarietà energetica, consistente nel fornire ai soci meno abbienti della CE un accesso a prezzi agevolati alla fornitura di energia e applicando al contempo strategie volte alla sensibilizzazione sul risparmio energetico, o iniziative pratiche come l’installazione di sistemi condivisi di monitoraggio dei consumi energetici individuali e l’adozione di protocolli utili all’ottimizzazione e alla riduzione dei consumi stessi.

Ultimi ma non per questo meno importanti, il risparmio energetico, ottenibile da provvedimenti di tipo gestionale (ottimizzazione e riduzione dei consumi da parte del cittadino o dell’impresa) o da interventi di efficientamento energetico (riduzione dei consumi attraverso l’istallazione di sistemi produttivi energetici più performanti), e l’attuazione dell’economia collaborativa (EC), un nuovo modello economico basato sull’utilizzo di piattaforme digitali utili alla condivisione di beni e servizi. Applicando i principi della sharing economy alle comunità energetiche è possibile ridurre lo spreco e il sottoutilizzo dell’energia apportando al contempo miglioramenti sul piano economico, sociale, culturale e ambientale. L’EC ribalta infatti il concetto di economia come lo conosciamo: non la proprietà a caratterizzare un bene o un servizio, ma il suo effettivo utilizzo. Da acquisto, e quindi possesso esclusivo, a condivisione e riutilizzo. Favorire la comunità prima che il singolo implica un miglioramento del benessere collettivo e, di conseguenza, individuale.

Le crisi ambientali, economiche, energetiche, sanitarie e sociali che stanno segnando il nostro tempo e che, se non si agisce in fretta, colpiranno sempre più violentemente la società umana, possono essere affrontate attraverso la trasformazione dell’ “essere cittadino”. Prima di ogni transizione energetica o ecologica, necessitiamo di una transizione culturale. La popolazione mondiale, finora “passiva” in quanto mero strumento di consumo e inquinamento, dovrà assumersi la responsabilità di trasformarsi in popolazione “attiva”, in cittadinanza capace di ridurre il proprio impatto ambientale e assicurare un futuro sostenibile alle nuove generazioni.

Marco Pisano

Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

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