La Transizione Ecologica di Cingolani va nella direzione giusta?
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Con la presentazione del PNRR emergono maggiori dettagli sui progetti del ministro Roberto Cingolani per attuare la Transizione ecologica italiana. Ma le associazioni ambientaliste, Fridays for Future in testa, non sono sicure che quella di Cingolani sia la direzione giusta per contrastare l’emergenza climatica. 

In un’intervista a la Repubblica, Cingolani sostiene che le energie rinnovabili siano un mezzo fondamentale per raggiungere l’obiettivo europeo di ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030: nei prossimi 10 anni il Ministro per la Transizione ecologica punta quindi a installare 65 – 70 gigawatt di energie rinnovabili, in modo che il 70% circa dell’energia elettrica totale sia prodotta da centrali eoliche e fotovoltaiche. 

E il restante 30%? Cingolani vuole puntare sul gas naturale come misura di transizione, affermando che questa risorsa sia comunque molto meno inquinante rispetto al carbone. Tuttavia il gas è un combustibile fossile il cui utilizzo contribuisce all’effetto serra, ed è proprio questo punto a sollevare alcune criticità. 

Primo: puntare sul gas come energia di transizione significa necessariamente costruire infrastrutture e investire denaro per sfruttare una risorsa sulla quale non si hanno progetti a lungo termine, con il rischio di sprecare investimenti indirizzabili su energie più pulite. Secondo: il metano, il componente principale del gas naturale, è altamente inquinante e dannoso per la salute ed è responsabile di un quinto delle emissioni totali di gas serra. 

Le dichiarazioni di Cingolani sollevano ancora più dubbi soprattutto dopo la pubblicazione di un report dell’ONU che evidenzia la necessità di fermare le emissioni di metano al fine di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius, come previsto dagli accordi di Parigi. 

Le emissioni di metano nell’atmosfera sono causate soprattutto dai settori dei combustibili fossili, dei rifiuti e dell’agricoltura: in particolare, nelle operazioni di estrazione, processazione e distribuzione del gas come fonte energetica si possono verificare significative perdite di metano, che è più inquinante rispetto alle emissioni che si produrrebbero dalla sola combustione del gas naturale. Un’altra caratteristica del metano è che si deteriora molto velocemente e impiega circa 10 anni per scomparire dall’atmosfera, a differenza della CO2 che ne impiega centinaia. Ridurne le emissioni, quindi, potrebbe aiutare nel contrasto al riscaldamento globale in tempi brevi. 

Ci sono altre due posizioni di Cingolani che hanno attirato critiche: la prima riguarda le auto elettriche, la seconda l’idrogeno. Nella stessa intervista a Repubblica, Cingolani ha infatti dichiarato che attualmente non ha senso investire sull’utilizzo delle auto elettriche per gli spostamenti, dal momento che la maggior parte dell’energia verrebbe prodotta da fonti fossili. 

Cingolani ha chiarito ulteriormente il suo pensiero durante il programma Piazza Pulita, dove ha specificato che per stimare la reale sostenibilità delle auto elettriche è necessario considerare anche il cosiddetto Life Cycle Assessment, il ciclo di vita del prodotto dalla fase di progettazione allo smaltimento. Secondo il Ministro, se è vero che sugli spostamenti le emissioni di CO2 delle auto elettriche sono molto basse, la loro filiera di produzione, che prevede tra le altre cose l’estrazione di litio per la fabbricazione delle batterie, non è altrettanto sostenibile. 

Tuttavia, un report di RSE (Ricerca Sistema Energetico) e altri studi scientifici dimostrano che l’alto impatto della filiera produttiva viene compensato dalle bassissime emissioni quotidiane, che rendono l’auto elettrica in ogni caso più sostenibile rispetto a quella tradizionale. Inoltre, secondo uno studio di BloombergNEF, entro il 2027 le auto elettriche potrebbero arrivare a costare meno rispetto a quelle a combustione, il che risolverebbe il problema dei prezzi d’acquisto piuttosto elevati. 

Infine, l’idrogeno: nel PNRR si prevede l’investimento di 3,19 miliardi di euro per sostenere la transizione verso questa risorsa. In un’intervista a Milena Gabanelli, Cingolani afferma che prima di arrivare alla produzione di idrogeno verde (ricavato dall’acqua utilizzando energia pulita) è necessario passare dall’idrogeno blu (prodotto da combustibili fossili come il gas naturale, ma le cui emissioni di CO2 sono catturate e stoccate sotto terra con il sistema del CCS – Carbone Capture and Storage). 

Il problema è che la produzione di idrogeno blu rilascia 9 kg di anidride carbonica per ogni kg prodotto, un dato che la rende incompatibile con l’obiettivo primario di limitare le emissioni di CO2. Tuttavia, progetti come questo trovano il sostegno delle industrie petrolifere come Eni, che ne ricavano diversi vantaggi: salvaguardare l’utilizzo dei combustibili fossili, iniettare la CO2 nei giacimenti per estrapolare le ultime risorse e condurre un’operazione di greenwashing promuovendo lo stoccaggio di anidride carbonica – che tuttavia non verrebbe prodotta affatto se si puntasse da subito sulle energie rinnovabili. 

Per questo motivo le associazioni ambientaliste come Greenpeace, Legambiente, Fridays For Future ed Extinction Rebellion protestano e chiedono al ministro Cingolani un impegno maggiore per una vera transizione ecologica. Ad esempio, il movimento Fridays for Future ha pubblicato un documento in cui invita Cingolani a far sì che l’Italia partecipi alla costituzione di un Comitato Tecnico Scientifico per la gestione della Transizione Ecologica. Un’operazione che darebbe alla politica la possibilità di prendere decisioni informate e improntate a principi scientifici oggettivi. Affinché il PNRR non si trasformi in un’occasione per avvantaggiare l’industria e la finanza fossile a scapito del pianeta. 

Valeriano Musiu

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