Officina delle Culture Gelsomina Verde di Scampia
Fonte immagine: pagina Facebook (R)esistenza Anticamorra

Ciro Corona, Cavaliere della Repubblica e presidente dell’Associazione (R)esistenza Anticamorra, ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la chiusura dell’Officina delle Culture “Gelsomina Verde”, bene confiscato e centro di legalità e speranza nel cuore di Scampia

Non siamo Gomorra” sono le parole che accompagnano il breve tratto di strada che porta dalla fermata della metropolitana di Scampia all’Officina delle Culture “Gelsomina Verde”, centro polifunzionale gestito dall’associazione (R)esistenza Anticamorra. Parole scritte sui muri delle case, sui cartelli stradali e sulle famigerate Vele, emblema di un quartiere che, anche a causa della serie televisiva di Sky, è diventato nell’immaginario collettivo sinonimo di camorra, di criminalità, di violenza e di spaccio. Ma, come ci ricordano queste scritte, Scampia non è solo questo; Scampia è anche resistenza e legalità, economia sociale e cooperazione. Scampia è anche il coraggio e la forza con cui Ciro Corona, fondatore e presidente di (R)esistenza Anticamorra, nominato Cavaliere della Repubblica dal presidente Mattarella, lotta da anni per offrire un’alternativa alla criminalità e un futuro migliore a chi è nato in questa periferia a nord di Napoli. 

Eppure proprio il centro di questa lotta, l’Officina delle Culture “Gelsomina Verde”, rischia al momento la chiusura totale. A causa di questioni burocratiche che si trascinano da anni, l’Associazione (R)esistenza Anticamorra non potrà infatti più rinnovare le assicurazioni necessarie per svolgere attività all’interno della struttura. L’Officina, che prende il nome da una vittima innocente di camorra torturata e uccisa a soli ventun anni, ospita al momento una biblioteca pubblica, una sala multimediale, una palestra e numerosi altri spazi in cui ogni giorno più di 400 persone partecipano a laboratori artistici, lezioni di fitness e karate o alla scuola di musica. Inoltre, è in questa struttura che l’associazione (R)esistenza organizza numerose attività volte al reinserimento sociale di detenuti ed ex-detenuti agli arresti domiciliari. “Se l’Officina chiude, oltre 400 persone al giorno perderanno il posto dove passano le giornate, e i 14 detenuti con cui stiamo svolgendo un programma di recupero saranno costretti a tornare in carcere” dice Ciro Corona, che il 10 gennaio ha iniziato uno sciopero della fame e un presidio davanti a palazzo San Giacomo per protestare contro la chiusura dell’Officina. 

I problemi burocratici che stanno portando alla chiusura dell’Officina sono iniziati poco dopo l’apertura della struttura. Ex-scuola superiore, usata per anni dalla camorra come deposito di armi, piazza di spaccio e vera e propria roccaforte durante la feroce faida di Scampia dei primi anni 2000, la struttura che è diventata l’Officina delle Culture “Gelsomina Verde” è stata affidata all’associazione (R)esistenza Anticamorra nel 2012. Nei due anni successivi, e senza fondi pubblici, l’associazione si è occupata dei lavori di ripulitura, ristrutturazione e bonifica della struttura, per riaprire il bene alla comunità e trasformarlo in uno spazio sociale: “Ricordo che abbiamo fatto partire 12 camion di spazzatura e tolto 45 bidoni di siringhe, il tutto grazie all’impegno di volontari”, racconta Ciro. Eppure, appena finiti i lavori nel 2014, la struttura è stata assegnata dal Comune ad Asia, azienda partecipata del Comune di Napoli che si occupa di igiene urbana: da quel momento in poi, (R)esistenza non ha più potuto continuare con i lavori né richiedere i permessi necessari per svolgere qualsiasi attività. “Il Comune si è scusato, dicendo che avevano fatto un pasticcio e che avrebbero risolto a breve” racconta Ciro, “invece, quasi 10 anni dopo, nulla ancora è stato risolto”

Dal momento che l’Officina è ufficialmente assegnata ad Asia, che per statuto non può dare a terzi i propri beni strumentali, e il Comune di Napoli non è più proprietario del bene e quindi non può rinnovare il comodato d’uso, da quando (nel 2018) è scaduto il contratto che permetteva a (R)esistenza di usufruire dell’Officina l’operato dell’Associazione si è svolto in una condizione di fatto abusiva. Non avendo la titolarità della struttura, numerosi progetti di (R)esistenza sono stati sospesi: per esempio, una casa famiglia per bambini da 0 a 6 anni costata 210 mila euro e regalata dalla fondazione Pizzarotti di Parma è in attesa di essere inaugurata da tre anni, e si sta ormai deteriorando a causa di infiltrazioni. Inoltre, l’associazione si è trovata costretta a licenziare 7 persone negli scorsi anni. “Siamo ritenuti abusivi dal Comune di Napoli che non fa nulla per aiutarci a funzionare in modo regolare, però il tribunale continua a mandare detenuti a frequentare i nostri laboratori, e nel frattempo lo Stato mi ha premiato come Cavaliere della Repubblica per il mio lavoro: insomma, mettetevi d’accordo” dice Ciro, con un’ironia che non riesce a mascherare completamente la stanchezza e la frustrazione di fronte a quella che sembra un’odissea senza fine. “La vecchia amministrazione, per quattro anni, ha semplicemente continuato a dirci ‘ci stiamo lavorando’, lasciandoci in questo limbo burocratico” prosegue. La nuova amministrazione del sindaco Manfredi, insediata a ottobre, ha chiesto a Ciro di aspettare fino al 17 dicembre, nell’attesa che venisse discussa la questione del debito del Comune di Napoli, senza poi però farsi sentire nonostante i ripetuti solleciti. Ad oggi, il Comune non ha ancora intrapreso alcuna azione concreta: le assicurazioni sono scadute, (R)esistenza non ha la titolarità per rinnovarle, e quindi né la popolazione di Scampia né i volontari possono più accedere all’Officina delle Culture. 

Non solo la chiusura dell’Officina delle Culture comporterà la perdita di un luogo di aggregazione per la comunità di Scampia, ma rappresenterà per essa un ennesimo abbandono da parte di quei politici che dovrebbero avere a cuore i suoi interessi. “Noi siamo trasparenti con le persone con cui lavoriamo, quindi la popolazione è consapevole delle innumerevoli disattenzioni burocratiche e della mancanza di supporto da parte delle istituzioni”, conferma Ciro, che illustra l’attaccamento della comunità all’Officina delle Culture raccontando un avvenimento emblematico avvenuto qualche anno fa. Dopo l’ennesimo blitz di polizia voluto dall’amministrazione comunale per controllare la regolarità dei permessi che la stessa amministrazione non aveva concesso, mentre la polizia stava procedendo a chiudere la struttura, numerosi abitanti del quartiere si sono presentati all’Officina. “Tramite vari giri di telefonate, le mamme dei ragazzi che frequentano quotidianamente la struttura sono scese in strada, tante addirittura in vestaglia o in accappatoio, a dire che l’Officina non si tocca” racconta Ciro, spiegando come l’Officina sia considerata dagli abitanti del quartiere come un luogo protetto per i propri figli. 

“Non siamo Gomorra” è l’urlo che arriva dall’Officina delle Culture e da Ciro Corona: Scampia non è solo camorra, non è solo criminalità, non è solo l’immagine creata da fiction che spettacolarizzano la realtà per adattarla agli schermi e massimizzare gli ascolti. In questa periferia dimenticata dalle istituzioni e dai politici, sbocciano anche esperienze di solidarietà e di speranza; eppure, proprio queste realtà e questa spinta dal basso non vengono supportate da una volontà politica concreta. Da anni, Ciro lotta per garantire che anche chi nasce a Scampia possa vivere dignitosamente nella legalità; eppure è necessario che lo Stato adempia al suo dovere. Risolvere i problemi burocratici che stanno portando alla chiusura dell’Officina delle Culture “Gelsomina Verde” richiederebbe ad esempio che il Comune di Napoli assegni ad Asia un’altra struttura e lasci l’Officina in comodato d’uso a (R)esistenza, o anche solo che venga modificato lo statuto di Asia in modo che la partecipata possa concedere a terzi l’utilizzo di un proprio bene per finalità sociali. “È una questione di mancanza di volontà” ripete Ciro, che ribadisce la sua intenzione di portare avanti uno sciopero della fame e un presidio davanti al Municipio finché la questione dell’Officina delle Culture non verrà messa all’ordine del giorno: “Di parole e di pacche sulla spalla ne ho ricevute fin troppe negli anni: questa volta voglio atti ufficiali e azioni concrete”

Elena Colonna

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