Tutto ha inizio il 20 febbraio 2020, con l’abbattimento della Vela verde del lotto M di Scampia e una gran folla ai piedi dell’edificio come a verificare che sia tutto vero. Molti lo sanno e pochi lo prendono in considerazione: l’abbattimento delle Vele non è un evento, ma un processo.
Così come sono sorte a seguito di un processo di programmazione dalle prospettive virtuose tra il 1962 e il 1985, nel 2020, sulle stesse basi, è emersa l’esigenza di abbattere le Vele di Scampia, i cui primi edifici furono già demoliti a partire dal 1997. Progetto virtuoso, ribadiamo, perché il complesso ideato da Franz Di Salvo doveva rappresentare una nuova maniera di pensare la residenza sociale, prevedendo unità abitative, grandi vie di scorrimento e ampie aree verdi, permettendo alle migliaia di famiglie di potersi integrare e creare una comunità. Una vera e propria città modello fuori dal solito perimetro del “centro” , partendo in primis dall’architettura, la stessa architettura che qualcuno definisce da sempre fallimentare, in piena coerenza con espressioni tipiche di ghetto o periferia.
Ma a seguito del terremoto dell’Irpinia del 1980 e all’assenza di presidi della polizia di Stato, di servizi sociali, nonché delle più svariate opportunità lavorative e culturali, Scampia assieme alle sue Vele diventa per il mondo intero espressione di criminalità e alienazione sociale. Stigma che ancora oggi permane, scalfito talvolta dalla lotta incessante dei suoi abitanti e dal Comitato Vele trainato per lungo tempo da Vittorio Passeggio. Si inizia a parlare di Scampia, è il 2017, il regista Matteo Garrone utilizza le Vele per girare alcune scene del film “Gomorra“, e gli edifici saranno presenti anche in “Gomorra – La serie“, provocando alcune spaccature sociali, perché Napoli non è solo Scampia e a Scampia non c’è solo la criminalità.
A Scampia e nelle sue Vele, è giusto sottolinearlo, non c’è solo il labirinto della criminalità. La storia delle Vele non può essere la storia di un fallimento architettonico: è forse più il fallimento della politica centrale e locale. Ecco perché né la nascita né l’abbattimento delle Vele possono essere considerate un evento, ma anzi un processo, poiché è la stessa Storia ad insegnarci che l’abbandono, la negligenza, l’incuria portano a determinare in qualsiasi posto del mondo un concentrato di delinquenza e criminalità. L’abbattimento delle Vele non porterà dunque una inflazione della criminalità, l’abbattimento non segna uno spartiacque, se non una traccia storica per alcuni cittadini che hanno vissuto all’interno di questi grandi edifici in condizioni precarie, spesso senza luce e senza riscaldimenti. A pagarne le conseguenze anche alcuni disabili che per molto tempo hanno vissuto nella loro casa: in una Vela di Scampia.
L’abbattimento delle Vele di Scampia nasce da una esigenza abitativa, dall’abbandono in cui versano gli edifici, divenuti sedi stabili di criminalità ma anche di attività sociali. Nel silenzio degli abitanti della Vela azzurra, a piccoli morsi la pinza morde il cemento della Vela verde che a poco a poco scompare. Da questo momento, che ha raccolto cittadini e Comune di Napoli, molti sono i dubbi che permangono: che ci si fermi all’evento? Perché se da una parte l’abbattimento segna la risoluzione di un’emergenza abitativa con i nuovi alloggi, dall’altra Scampia resta un territorio abbandonato, la cui criminalità è insita fuori dal cemento delle Vele.
Bruna Di Dio