Dieta vegana e ambiente

Correva l’anno 2010 quando l’UNEP (Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite) pubblicò lo studio denominato “Assessing the Environmental Impacts of Consumption and Production” con cui si affermava che «una riduzione sostanziale degli effetti sul pianeta del consumo di massa di carne sarebbe possibile solo con un cambiamento sostanziale di dieta a livello globale, allontanandosi dai prodotti animali». Sono due le principali alternative alla dieta onnivora: il vegetarianismo e il veganismo. Ma siamo sicuri che una dieta vegana su scala globale rappresenti un vantaggio per la tutela ambientale?

Onnivori vs. vegani: storia di una guerra infinita

Stando al Rapporto Italia 2018 redatto da Eurispes, l’Istituto di Ricerca degli italiani, negli ultimi anni nel Bel Paese abbiamo assistito a un incremento della dieta vegana e e di quella vegetariana. Del 7,1% dei nostri connazionali che hanno scelto di abbandonare la dieta onnivora, più di un terzo dichiara di averlo fatto poiché convinti dell’effetto benefico sulla salute della persona che le pratiche alimentari suddette comportano. Tra le tante motivazioni di tale scelta troviamo anche quella legata all’elevato impatto sull’ambiente provocato dall’eccessivo consumo di carne. Basti ricordare che gli allevamenti intensivi provocano il 15% di tutte le emissioni di gas serra prodotte dell’uomo.

Secondo la Fao il 15% di tutte le emissioni di gas serra prodotte dagli esseri umani provengono dalla filiera produttiva zootecnica.

Come accennato ad inizio articolo, per ridurre la nostra impronta ecologica abbiamo quindi bisogno di modificare le abitudini alimentari. Ma qual è la dieta più eco-friendly tra tutti i tipi di alimentazione ad oggi conosciuti? È la domanda a cui alcuni ricercatori hanno cercato di rispondere con un articolo pubblicato su Elementa, una rivista di scienze dell’antropocene. Lo studio, realizzato grazie a dei modelli di simulazione biofisica, mette a confronto dieci diversi tipi di abitudini alimentari tra cui una dieta vegana, cinque diete onnivore (divise per gradi di influenza vegetariana) due diete vegetariane e due diete che rispecchiano le attuali abitudini alimentari americane.

I risultati dimostrano che per soddisfare la “classica” dieta americana ogni cittadino statunitense ha bisogno di 1,08 ettari all’anno. «I fabbisogni di terra sono diminuiti costantemente tra le cinque diete sane onnivore, da 0,93 a 0,25 ettari a persona per anno, e il fabbisogno totale di terra per le due diete vegetariane e per quella vegana era altrettanto basso, da 0,13 a 0,14 ettari a persona per anno» si legge nel rapporto. Tuttavia le differenze inerenti al fabbisogno di terra pro capite non bastano per capire quale sia la dieta più eco-friendly.

Non tutte le diete utilizzano i terreni in egual maniera ed è quindi chiaro che la produzione di diversi tipi di cibo ha bisogno di diversi tipi di terra. È questo il punto su cui i ricercatori concentrano lo studio. Mentre le cinque diete onnivore contenenti una maggior quantità di carne sfruttano il 100% delle terre disponibili (terreni coltivati e da pascolo), quelle riguardanti una minore presenza o la totale assenza di carne utilizzano solo parte del totale dei terreni. Una dieta vegana su scala globale necessiterebbe dell’uso esclusivo di tutti i terreni per la produzione vegetali e frutta, ma bisogna tener conto del fatto che i terreni da pascolo, ad esempio, non sono adatti alle colture suddette.

Una dieta vegana su scala globale può rappresentare un problema per l’ambiente

«Il cambiamento dietetico è stato proposto come parte di una strategia per garantire la futura sicurezza alimentare per una popolazione mondiale in crescita, affrontando al contempo le sfide ambientali associate alla produzione agricola». Lo studio conferma che in una serie di condizioni di utilizzo del suolo, le diete vegetariane con l’apporto di una quantità di carne povera o modesta risultano essere più sostenibili di una dieta vegana.

In Cile le coltivazioni di avocado rappresentano una minaccia per gli esseri umani: le piantagioni di questo frutto stanno assetando la popolazione.

Una rondine non fa primavera tanto quanto un singolo studio non basta per determinare in via definitiva quale sia la dieta più ecosostenibile. La ricerca qui analizzata fornisce una base per esplorare una gamma ancora più ampia di scenari alimentari e per esaminare ulteriormente quali diete fanno un uso più efficiente della terra disponibile. Certo è che, lo ribadiamo, abbiamo bisogno di una drastica diminuzione del consumo e quindi della produzione di carne.

Sia chiaro, lo scopo di questo articolo non è giudicare le scelte etiche di chi, a volte anche con arroganza, dichiara di essere vegano. Risulta banale dirlo, ognuno sceglie il regime alimentare che più preferisce, ma è evidente che quando si parla di sostenibilità ambientale bisogna tener conto di tutti gli aspetti legati alla natura. L’impronta ecologica di una dieta onnivora è ovviamente maggiore rispetto a quella vegetariana o a quella vegana, ma come sempre gli estremismi, in questo caso alimentari, non fanno mai bene, né all’uomo né all’ambiente. Ne è un esempio l’eccessivo consumo e la produzione di avocado che in Cile sta assetando la popolazione, argomento di cui troppo poco parla il mondo vegan. Ecco perché prima di lanciarsi in discorsi epici riguardanti i diritti degli animali piuttosto che la tutela dell’ambiente, si consiglia sempre di informarsi, di tenere conto di ciò che dice la scienza. L’odierna e inutile guerra tra vegani e onnivori non ha portato e non porterà mai a nulla. Come per tutti gli ambiti, solo una corretta informazione figlia di ricerche scientifiche può aiutarci a capire ciò che abbiamo urgentemente bisogno di capire. Go Vegan? No, Go Nature!

Marco Pisano

Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

4 Commenti

  1. Finalmente qualcuno che lancia un appiglio a questa diatriba infinita e tendenziosa ambo i lati (soprattutto da parte dei vegani, mi duole dirlo).
    Detto ciò, le abitudini alimentari americane non sono sostenibili certo per l’ambiente, ma nemmeno per la salute e la forma fisica, ma sono da abbattere 🙂

  2. Ciao, un commento al volo. Lo dico subito, sono vegana, ma il mio cambiamento è iniziato per ragioni ambientali. Il tema trattato meriterebbe un ampio dibattito, ma intanto vorrei lasciare alcuni spunti di riflessione. Assodato che qualunque tipo di alimentazione ha un suo impatto ambientale, il problema legato all’allevamento degli animali non è tanto la sottrazione di terre e risorse per il pascolo, ma l’enorme quantità di terre necessarie per la coltivazione dei mangimi di gran lunga superiore a quelle necessarie se tali coltivazioni fossero convertite alla produzione di cibo destinato al consumo umano. Altri elementi fondamentali da tener presenti sono: l’uso smodato di pesticidi (compresi gli erbicidi) permessi per queste coltivazioni in quantità molto superiori a quelle consentite per coltivazioni ad uso umano; il problema dell’antibiotico resistenza la cui causa principale sono l’uso e abuso all’interno degli allevamenti intensivi (necessari a causa dell’affollamento e alle pessime condizioni igieniche in cui spesso gli animali si trovano); lo smaltimento delle deiezioni e il problema delle emissioni di gas serra e di PM10. Si aggiunga, oggi tornato alla ribalta, il problema della diffusione dei virus, in cui animali d’allevamento fungono spesso da innocenti veicoli di trasmissione da specie selvatiche all’uomo.
    L’altra riflessione riguarda il liquidare come semplicemente ‘una scelta’ quella di seguire un alimentazione onnivora o ‘vegana’. Il mio intento non è polemico, voglio solo stimolare un cambio di prospettiva. E’ chiaro che sia una scelta ma il nostro punto di vista antropocentrico ne sminuisce il senso profondo delle conseguenze. Andare al mare o in montagna, iscriversi a biologia o a filosofia sono pure scelte. Quando però una scelta và a influire sulla libertà, sull’integrità, dignità e vita stessa di qualcun altro che scelta è? Sicuramente non personale. Sul giusto o sbagliato non voglio esprimermi. Ma se fossimo noi al loro posto che scelta sarebbe? Cosa pensiamo di chi spara un cane perché abbaia troppo o di chi lo infila dentro un pentolone bollente stordito ma ancora vivo per il piacere del palato (accade in molti paesi asiatici come da da noi accade con i maiali). E se fossimo noi a subire continui cicli di inseminazioni, gravidanze, separazioni dai nostri cuccioli perché una specie diversa dalla nostra (per di più di adulti) è convinta che debba bere il nostro latte (o i derivati) per tradizione o perché è fondamentale per la propria salute? Glielo dicono i medici! Ma i medici da dove hanno preso queste informazioni? E’ possibile che madre natura abbia escogitato questo sistema perverso così poco logico?
    Vegan è uno stile di vita, un tentativo di impattare il meno possibile, per quanto praticabile nei confronti di chi non ha voce per difendersi. Una visione credo onestamente più ampia e giusta ma certamente non perfetta e sicuramente non giustifica certi atteggiamenti arroganti che tra l’altro non fanno bene alla causa. La cosa più triste è vedere certi scontri tra vegani e non dove esce il peggio da ambo le parti, uno spettacolo indegno dove i diritti degli animali non fanno neanche da comparsa.
    Volevo essere breve, ma scusate mi sono lasciata prendere la mano… un caro saluto

  3. Salve Cristina. Le opinioni e i punti di vista di tutti sono ben accetti, ci fa piacere il confronto. Nell’articolo non si criticano affatto le scelte (etiche e/o ambientali) del mondo vegano. Qui non cerchiamo di convincere nessuno di niente, qui esponiamo i fatti, i dati e cerchiamo di stimolare il pensiero critico nelle persone. Nell’articolo si analizza semplicemente uno studio scientifico che prende in studio diverse diete e che, in base a vari fattori, calcola la dieta che attualmente ha il minor impatto ambientale. I danni causati dagli allevamenti intensivi li conosciamo bene tutti, come conosciamo i danni ambientali dovuti a coltivazioni di prodotti che molto spesso vanno a soddisfare il mercato vegano. Non è una questione di chi inquina di più, non è una gara a chi ha più colpe ma, al contrario, è un problema che fa affrontato seriamente, tutti insieme, seguendo i consigli della scienza. Ad oggi la scienza dice che la dieta più sostenibile è quella che è. Questo non vuol dire che non possiamo migliorare magari lottando contro gli allevamenti intensivi, chiedendo ai governi di non finanziare più tali allevamenti etc. Detto questo (e parlo a titolo personale) non ne ho mai fatto e mani ne farò una questione etica perché non trovo nulla di etico nemmeno nelle monoculture di avocado, ad esempio, che, come tutte le monoculture, causano deforestazione e distruggono la biodiversità. Ma ripeto non è una gara a chi fa peggio bensì una stimolo per fare tutti meglio.
    In ogni caso grazie per il commento e il confronto e un caro saluto anche a te.

    • Buonasera, nell’articolo trovo fuorviante il fatto dell’utilizzo dei terreni: è chiaro che i terreni da pascolo non siano adatti all’agricoltura, come è chiaro che le enormi quantità di terra e di acqua consumate per alimentare centinaia di milioni di bovini e suini (animali, si badi bene, che per stazza e per “ingozzamento” da parte dell’uomo, mangiano e bevono molto di più di noi esseri umani (americani compresi) esistano, siano soggette a monoculture (soia in primis) e siano milioni di ettari “rubati” al nutrimento diretto dell’uomo. Quindi come è possibile che l’impatto di una dieta che include carne o latte possa essere minore di una che gli esclude?

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