Le negoziazioni intavolate dalla Juventus per Sarri (Guardiola) hanno coinvolto professionisti e attraversato molteplici ecosistemi. Da una trattativa binaria sono sorprendentemente emersi dei vincitori e dei vinti, e già questo basta a raccontare storie non propriamente felici.

L’attesa, faticosa ed eroica, così tanto che quasi se ne sente la mancanza, è stata superata. Un percorso catartico, quello del tifoso bianconero, di riscoperta del proprio io, di gestione sopraffina di quell’horror vacui che ogni giorno diventava sempre più insistente. Un cammino condito da voci, tweet, smentite. E ancora, percentuali date, percentuali non dette, speranze che si alimentavano e ciclicamente si svuotavano di senso. E poi, alla fine, la liberazione.

MAURIZIO SARRI: COMANDANTE INASPETTATO

Maurizio Sarri raccoglie l’odiata – almeno fino a qualche tempo fa – eredità di Allegri, in uno scenario contraddittorio, regalato dall’ennesima follia di un calcio italiano che sta ricercando il proprio valore nei più assurdi dei plot twists. La scelta dell’ex Napoli si pone in una linea di assoluta continuità con quella adottata da Conte: comandanti (espressione quantomai appropriata), simboli che rinnegano se stessi – o almeno le proprie parole – per affrontare nuove sfide, aprire nuovi capitoli, raccontare nuove storie, lì dove non ci si sarebbe mai aspettati di vederli.

Se Conte, però, si è imbattuto in una critica tutto sommato positiva, Sarri, per usare un eufemismo, non è stato accolto, almeno sui social, con canti di giubilo. La Juventus ha fatto una scelta, senza dubbio consapevole, ma verosimilmente forzata dalla contingenza. Prescindendo da un discorso meramente tecnico-tattico, viene difficile pensare che una squadra come la Juventus, così legata ai dettagli (soprattutto comportamentali) e ad una dialettica di matrice aziendalista, possa aver deciso di esonerare Allegri per optare per chi, da Allegri, è sempre stato battuto.

Evidentemente, la volontà, almeno sul campo, era quella di introdurre un sistema che potesse elevare i valori intrinseci dei giocatori su nuovi palcoscenici. Forse a Torino volevano un gioco consapevole, basato su dettami ben precisi piuttosto che trame improvvisate basate sulla manifesta superiorità dei singoli. Questa roba qui, Sarri, più dell’Allegri degli ultimi due anni, è assolutamente in grado di farla. Tutto ciò però non basta a giustificare la scelta dei Campioni d’Italia.

SARRI SCELTA MIRATA?

Sì, perché, più di quanto avviene con Sarri, questo tipo di discorso è rintracciabile a fondamento della filosofia di un altro allenatore, verosimilmente l’obiettivo primario di questa campagna di reclutamento per la panchina bianconera: Pep Guardiola. Non un’illusione, non una voce o un nome gettato nella mischia perché altisonante almeno quanto quello di Ronaldo. La trattativa per l’ex allenatore del Barcellona è stata intavolata ed è stata anche portata ad un punto di soluzione. In effetti, c’è più di un indizio alla base di questo ragionamento, ripugnato da molti quasi in una sorta di esorcismo.

La Juventus sta portando avanti un processo di crescita costante, in termini sportivi, sì, ma soprattutto in termini economico-finanziari. Il brand cresce, il fatturato aumenta: i Bianconeri sono nella top ten dei club a livello mondiale, e tutto ciò è stato possibile grazie ad un capillare lavoro di programmazione, di attente valutazioni in sede di mercato, sia sportivo che reale. Negli ultimi anni, la Juventus è sempre andata alla ricerca di qualcosa che la migliorasse ulteriormente, e Ronaldo che prende il posto di Higuain non può che essere il più sintetico degli esempi. Allegri, al netto del materiale a sua disposizione, nettamente superiore a qualsiasi contendente, ha sempre ricacciato sapientemente i tentativi di chiunque di scalzarlo dal trono d’Italia: proprio in quest’ottica, insomma, pensare che la società abbia esonerato Allegri con lo scopo mirato di andare a mettere Sarri sotto contratto viene decisamente difficile.

Juventus, brand, guardiola, sarri
La Juventus è nella top ten mondiale per forza del brand. Fonte: brand football finance report 2019

E ancora: davvero la Juventus, ponendo il caso che Sarri fosse stato l’unico vero obiettivo per completare la successione di Allegri – e tenendo in considerazione tutti gli eventuali intoppi burocratici -, avrebbe impiegato più di un mese a chiudere una trattativa così (relativamente) semplice? Davvero il meccanismo della Juventus si sarebbe “inceppato” davanti alla richiesta da parte di Abramovich di una buonuscita di “ben” sei milioni di euro (poi diventati circa 3)?

L’INCONCEPIBILE COMPLESSITÀ DELLA TRATTATIVA SARRI (GUARDIOLA)

La verità è che, lontano dai nostri occhi, Agnelli, Paratici e Nedved hanno intavolato una delle trattative più complesse e di difficile interpretazione della storia bianconera. Niente Spy Stories, no depistaggi, nessun aggiotaggio: più “semplicemente” una trattativa dal doppio binario. I dettagli più nascosti non è dato conoscerli, ma quello che è possibile ricostruire, ponendo entrambe le campane, razionalmente, una di fianco all’altra, è che la Juventus si sia mossa parallelamente su due fronti, portando avanti una trattativa per Guardiola e una per Sarri. Due percorsi che si sono sviluppati su due piani differenti, con la prima sensibilmente più complessa, poi inevitabilmente fallita, e la seconda lasciata lì fino all’ultimo in attesa di risvolti, concretizzatasi solo come conseguenza del fallimento dell’altra.

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La trattativa per Guardiola, che la società campione d’Italia si è guardata bene dal far circolare, ha viaggiato su un fronte che poco ha a che fare con lo sport. La complessità dei dettagli legali, dei tempi burocratici: tutto doveva essere coordinato alla perfezione, ogni minuzia doveva essere curata per permettere il funzionamento di una macchina perfetta. L’ambiente della finanza, che si muove esclusivamente basandosi su fonti di un certo rilievo, nel corso delle passate tre settimane ha dato segnali forti sull’esito positivo delle negoziazioni per il Catalano, e questo non può che dare la dimensione del percorso compiuto dalla Juventus in termini di crescita. I Bianconeri hanno “colonizzato” la finanza, e non, come molti credono, in maniera illecita attraverso aggiotaggi e simili banalità complottistiche. I grandi investitori credono nelle capacità aziendali della macchina montata dalla famiglia Agnelli – micro-ecosistema di un mondo molto più potente che è quello di Exor -, che dopo l’affare Ronaldo ha ricevuto una ulteriore spinta propulsiva all’interno del suo percorso di crescita.

MORTIFICANTE SCONTRO IDEOLOGICO

La trattativa Sarri (Guardiola) è stata talmente innovativa nelle sue dinamiche, talmente rivoluzionaria nei processi, che ha finanche rischiato di mettere in crisi il modo classico di fare giornalismo. Ci sono stati nuovi confronti: due mondi speculari si sono incontrati, scontrati, derisi e infine offesi. E forse è questo l’aspetto tecnicamente più oscuro e demoralizzante dell’intera questione Guardiola (Sarri), che a tutto attiene fuorché alle ragioni del campo. Si parla di competizione, sì, ma quella sana, dettata dall’inseguimento della notizia esclusiva che ti garantisce la gloria. Fa parte del lavoro, che è prima mezzo di sostentamento e poi di appagamento. Però poi c’è l’educazione, il rispetto, il confronto genuino che non devono mai essere dati per scontati. Omettendo qualsiasi nome, per una fazione (terribile utilizzare questo termine, ma tant’è) o per l’altra, il giornalismo 2.0, quello legato più ai social che ai quotidiani online e alla carta stampata, ha detto la sua rispetto alla questione. Si è fatta strada, prima sibillina, poi progressivamente più insistente, portando avanti fatti corroborati da analisi, tesi, ricostruzioni, ma senza mai sfociare nel turpiloquio e nella mancanza di rispetto. Fonti diverse, provenienti da altri ambienti, ma non per questo meno rispettabili del “mainstream“. I “giornalisti social” sono stati identificati da alcuni esponenti dei media classici – in maniera infondata – come venditori di bugie, cavalcatori dei sogni del grande pubblico, retorici della fuffa.

Come è giusto che sia, i giornalisti di vecchio stampo, portatori della notizia Sarri, non sono mai stati distolti dalle proprie posizioni, il che denota assoluta professionalità e rispettabilità di un lavoro che quando vuole sa essere veramente infame. Tuttavia, all’interno di questo gruppo di professionisti del settore, alcuni, molto più di altri, hanno deciso di scagliarsi contro i propri colleghi per legittimare le proprie posizioni montando uno scontro ideologico ad hoc. Frecciatine, battute, irrispettosa e snervante ironia sul lavoro altrui: “È così e basta! Guardiola alla Juve è una fake news! Credete agli asini che volano!“.

E quindi, se nella telenovela che ha portato Sarri alla Juventus, per ciò che concerne strettamente il fattore sportivo, non si può azzardare ex ante un reale discorso su chi abbia vinto e chi abbia perso in questa trattativa – sul quale sarà poi il campo ad emanare le proprie sentenze -, tutto ciò che ne è scaturito ha di fatto definito i reali vincitori e i vinti del più estenuante e controverso dei romanzi di mercato.

Sì, perché vincitore è chi fa il proprio lavoro onestamente, anche sbagliando (perché ci sta), senza delegittimare nessuno per dare forza alle proprie convinzioni. La gloria che proviene dal dare la notizia in esclusiva prima di altri è “fuffa” – ora sì – se non supportata da comportamenti eticamente impeccabili. La crociata contro il giornalismo 2.0 mirata ad alimentare un ego che necessita di continue scariche di autostima serve solo a mortificare un lavoro che magari è testimone di sacrifici ed impegno costante. Creare la competizione dove non dovrebbe esistere, solo per vincere qualcosa, non contribuisce a costruisce la reputazione di un vincitore: piuttosto serve a demolirla.

Fonte immagine in evidenza: Calcio.fanpage.it

Vincenzo Marotta

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