Quando il tuo nome è Cristiano Ronaldo, tutto ciò che ti riguarda è legato ad un’idea di astrattezza, di irraggiungibilità. Come se facessi parte di un mondo altro, inaccessibile per coloro i quali provengono da quello della normalità. Sei un Dio, e in quanto tale condividi la scena con altri come te. Anzi, li guidi, divenendo indiscusso leader di una schiera imbattibile, ed ergendoti a punto di riferimento di un Calcio che sui tuoi contorni si modella e progressivamente si evolve. Allenamenti continui, investimenti sul proprio corpo, cura maniacale dell’estetica, dentro e fuori dal campo. Un campione così, del resto, non lo diventi per caso. Talento sì, ma tanto impegno, dedizione e – necessariamente – quei sacrifici che coloro i quali non sono parte integrante dell’ambiente credono siano una mera leggenda. Impossibile associare un calciatore al concetto di sacrificio, sono due sfere concettualmente agli antipodi. Piuttosto è sinonimo di eccessi, vita lussuosa, belle macchine, belle donne: trasgressione. Ecco, Cristiano Ronaldo, a differenza di quanto il suo gusto per l’apparenza lasci trasparire, è sì emblema di una vita lussuosissima, ma soprattutto di assoluta propensione alla cura del dettaglio tecnico. Superarsi, sempre: mai accontentarsi dei traguardi, ma prenderli come stimolo per fare di meglio e imporre la propria supremazia a lungo termine.

Quando tutta la squadra torna a casa dopo una partita, lui si fa accompagnare al centro d’allenamento dei Blancos per iniziare subito il recupero fisico, anche se magari nella partita appena conclusa ha segnato una doppietta decisiva. Anche se a casa ad aspettarlo c’è una certa Irina” ha raccontato Federico Buffa, citando una conversazione avuta con Ancelotti, uno degli allenatori più influenti sul neo attaccante della Juventus. Ora Irina non fa più parte della vita di Cristiano, ma il senso è quello: puoi essere anche una super modella, ma la priorità va agli allenamenti, la qual cosa evidenzia in ogni caso una controtendenza rispetto al consueto modus vivendi di questi grandi atleti.

Quando l’approccio all’impegno sportivo assume simili connotati, i trofei perdono l’accezione di obiettivo, diventando naturali coronamenti al termine di una stagione calcistica. Un simile professionista garantisce prestazioni di elevatissimo livello nel medio-lungo periodo, e necessita inevitabilmente di investimenti economici esosi. L’unica squadra in grado di poter gestire simili asset sembrava poter essere solo il Real Madrid, per potere economico e prestigio. Proprio in quest’ottica è inquadrabile il miracolo di Agnelli, Marotta e Paratici. Attraverso un progetto strutturato nei dettagli – fatto di investimenti mirati – hanno ridotto in pochi anni l’immenso gap economico e reputazionale che elevava il Real Madrid a superpotenza incontrastata del Calcio mondiale.

Nell’estate 2010 la Juventus acquistava Jorge Martinez, ricordato dai tifosi juventini come il punto più basso della storia del club. L’operazione di mercato gettò ombre sulla dirigenza appena insediata, che però intanto stava studiando e stava apprendendo dai propri errori. Il 2011, quindi, che ha decretato il raggiungimento del secondo settimo posto consecutivo, ha aperto anche la fase del definitivo rinnovamento, quello in grado di scacciare le tenebre di Calciopoli e della Serie B. La costruzione dello stadio, l’arrivo di Conte. E poi i colpi a parametro zero, i primi scudetti, il ritorno in Champions e le finali. Visibilità, prestigio e risorse aumentavano e la Juventus tornava progressivamente ad avere appeal sul mercato, a diventare un crocevia riconosciuto dai calciatori di altissimo livello per la propria crescita personale e per un’eventuale consacrazione.

L’ufficializzazione di Cristiano Ronaldo, in un certo senso, può essere intesa sia come la chiusura di un cerchio apertosi sette anni fa, sia come una semplice tappa obbligata sul sentiero che vuole condurre i Bianconeri ad imporsi come potenza egemone (insieme a poche altre) nello scenario internazionale. Rendere possibile “l’affare del secolo” presuppone una presa di consapevolezza dei propri mezzi economici senza precedenti, riconoscersi ed essere riconosciuti come società forte, stabile e capace. D’altra parte, solo con queste basi un’impresa può rendere possibile una fusione con un’altra impresa. Sì perché Cristiano è questo: un’azienda con un proprio fatturato, propri sponsor, proprie dinamiche economiche e comunicative.

Acquistarlo non vuol dire solamente puntare a migliorare la propria rosa, portandola ad un livello tale da poter competere per il miglior piazzamento in Europa. La trattativa va letta in maniera svicolata da un mero discorso calcistico. Certo, di sicuro alla dirigenza bianconera non sarà sfuggito il detto “If you can’t beat them, join them” (“Se non puoi batterli, ingaggiali”): come puoi sconfiggere una macchina che in sei confronti diretti negli ultimi cinque anni ha tirato dodici volte in porta segnando dieci volte se non portandola dalla tua parte? Tuttavia, i vantaggi di breve e lungo termine attengono più ad una sfera economica, di visibilità, social. La sola trattativa ha fatto acquisire ai titoli bianconeri un 20% in più, mentre nella sola giornata di ieri i canali social hanno registrato aumenti impressionanti di seguaci.

La rovesciata di Cristiano Ronaldo contro la Juventus nell’andata del quarto di finale della Champions League 2017/2018. La reazione dei tifosi, che in quell’occasione hanno celebrato il campione portoghese con una meritatissima ovazione, è stata tra i fattori determinanti a spingere il cinque volte pallone d’oro a trasferirsi a Torino. Fonte: Ultimo Uomo

Espansione del brand, diffusione della dimensione Juventus nel mondo, fidelizzazione di tifosi e investimento nel merchandising a partire dalla figura professionale del numero 7. L’effetto Ronaldo è già tangibile: a Milano, nella sola giornata di oggi, è stata venduta una maglietta al minuto, costringendo lo staff dello Juventus Store ad importanti straordinari. Il Calcio italiano può acquisire nuova luce portando sulla propria scena il miglior calciatore al mondo. Può aumentare la sua visibilità e smuovere turismo in entrata. Le squadre possono sentirsi spronate a dare il massimo, incrementando la competitività del campionato, che da anni non vedeva campioni di tale caratura calcare i propri campi.

Il più forte di sempre, dicono alcuni. Pelé, Maradona e Messi saranno sempre superiori, dicono altri. Diatribe a parte, la Juventus, con uno sforzo economico senza pari, frutto di un capolavoro imprenditoriale del proprio triumvirato, ha deciso definitivamente di fare il salto di qualità. E se non sarà Champions quest’anno, poco male: un nuovo ciclo è ormai stato innescato e l’egemonia calcistica (ed economica) è soltanto una questione di tempo. Andrea Agnelli, nel 2011, disse che nel giro di dieci anni, partendo proprio dall’inaugurazione dello Stadium, la Juventus sarebbe arrivata al top in Europa e nel mondo, e fino ad ora il sentiero percorso stanno portando la società nella giusta direzione.

 

Fonte immagine in evidenza: youtube.com

 

Vincenzo Marotta

 

Politologo, storico, filosofo, economista, giurista. Sono il tipico laureato in Scienze Politiche: un po' di tutto ma nulla in particolare. Scrivo di sport per non scontentare nessuna delle mie molteplici anime.

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