Lì fuori c'è l'estrema destra che avanza e noi ci preoccupiamo dei meme

“Potrei mettermi al centro di Fifth Avenue e sparare a qualcuno e comunque non perderei nessun voto, capite? È incredibile!”

Quando Donald Trump pronunciò queste parole a Sioux Center, il 23 gennaio 2016, inaugurò senza volerlo (o forse fin troppo consapevolmente) una nuova stagione politica: l’Età della Rabbia, come ebbe modo di descriverla, con una azzeccata metafora, il saggista indiano Pankaj Mishra. Da quell’istante, l’estrema destra ebbe modo di accrescere il consenso elettorale in maniera virulenta e pervasiva, recuperando spazi e agibilità all’interno delle stesse istituzioni democratiche che l’avevano messa al bando con frettolosa approssimazione. A poco meno di quattro anni di distanza possiamo affermare che nulla di quella enfasi retorica è sopita, e che il successo presidenziale di Trump ha anzi fatto da stura a un contagio catastrofico di populismo, nazionalismo e xenofobia, consentendo alle formazioni dell’alt-right di assumere il controllo della narrazione in modo ben più pervasivo di un meme condiviso su Facebook.

Ma cosa ha portato, nello specifico, all’ossimoro sociologico per cui interi flussi di voti sono confluiti verso l’estrema destra sia dagli agiati borghesi che dai vessati operai, sia dai caucasici miliardari che dagli afroamericani dei ghetti, sia dagli uomini dominanti che dalle donne mercificate? In realtà non c’è poi da stupirsi che al crollo delle infrastrutture del liberismo sia corrisposta un’avanzata così poderosa dell’estrema destra, poiché l’architettura perversa dell’economia capitalista, retta su uno schema di Ponzi globale di sfruttamento, supremazia razziale e utilitarismo cornucopiano conteneva già in sé il difetto strutturale che l’avrebbe fatta crollare. E dalle macerie, si sa, emerge sempre qualcosa di diverso e spaventoso. Imputare invece il fallimento della democrazia liberale a un utilizzo improprio della satira e dei meme è nel migliore dei casi irrealistico, nel peggiore un atto di dolo intellettuale.

Eppure siamo stati capaci anche di questo: di fronte alla Brexit, ai successi del Rassemblement National in Francia, di Alternative für Deutschland in Germania, di Vox in Spagna e della Lega in Italia, di fronte all’emersione sovversiva di squallidi e cinici assassini come Jair Bolsonaro in Brasile, Rodrigo Duterte nelle Filippine, Recep Erdoğan in Turchia e Narendra Modi in India, tutto quello che sappiamo fare è criticare l’utilizzo strumentale di un meme. A tal proposito, il surreale dibattito sorto intorno alla parodia satirica “Io sono Giorgia” è la foglia di fico per un’assenza pneumatica di contenuti in seno alla sinistra e alla sua carrolliana, allucinata, speculare nonché speculativa visione del mondo. E a peggiorare le cose c’è il fatto che contiene una incontestabile verità di fondo: perché la sinistra è realmente incapace di comunicare e di utilizzare i pervasivi strumenti della rete e delle nuove tecnologie.

Lì fuori c'è l'estrema destra che avanza e noi ci preoccupiamo dei meme
Dopo le elezioni del 10 novembre il partito di ultradestra Vox è diventato la terza forza politica in Spagna
(AP Photo/Andrea Comas)

Non per questo, tuttavia, il ressentiment delle masse popolari così ben descritto da Mishra ha condotto Donald Trump alla Casa Bianca e il Regno Unito fuori dall’Europa: a spingere i populisti dell’estrema destra al potere è stato il mix micidiale di austerità, stagnazione salariale e compressione del welfare che ha spinto vaste porzioni di elettorato a preferire il virus all’anticorpo, la malattia mortale al vaccino per un modello di società ormai fallimentare e obsoleto. Limitandosi ad assumere pigramente il neoliberismo come unica forma di mondo possibile, unico scenario presente e futuro, eterno e immutabile, intere generazioni di ceti dirigenti – sia progressisti che conservatori – hanno preferito ignorare il malcontento e rinfocolare invece un’inerzia politica fatta di tagli, privatizzazioni e precarietà che alla lunga gli è esplosa tra le mani.

Nel frattempo, a sinistra l’elaborazione politica si limitava a quanto fosse deleterio condividere i meme su Giorgia Meloni che canta o Matteo Salvini che apre gli ospedali nel weekend, e se fosse legittimo permettere che qualcuno si facesse una risata mentre il lavoro gli veniva sottratto, il salario diminuto, la pensione cancellata, l’assistenza sanitaria negata e l’aria resa irrespirabile. Non si tratta di benaltrismo, quanto di essenziale aderenza alla realtà: quella che ha portato la città spagnola di Totana, guidata da un sindaco comunista, a esprimere il 30,6% delle preferenze per gli ultranazionalisti di Vox; quella che ha spinto il giornalista inglese Paul Mason a chiedersi come sia stato possibile che a Leigh, roccaforte laburista di operai, minatori e sindacalisti, due terzi della popolazione nel 2016 abbia votato a favore della Brexit.

“Esaltando il predatore finanziario come una specie di nuovo eroe proletario, il neoliberismo iniziò a trasformare la ‘cultura popolare’ in un’ideologia filocapitalistica che celebrava l’ignoranza e l’egoismo”, è la risposta di Mason, il nesso eziologico tra la rottura degli schemi sociali tradizionali e l’avanzata impetuosa delle idee di estrema destra anche nei tessuti e nei territori storicamente associati alla sinistra. L’utilizzo radicalizzante di internet ha di certo giocato un ruolo importante nello sviluppo di questo processo, ma non l’ha avviato né tantomeno sdoganato. È difficile credere che intere masse di elettori in India e nelle Filippine, che spesso non dispongono neppure di una connessione, abbiano scelto despoti autoritari indottrinati dai meme dell’alt-right. Bisognerebbe quindi stare attenti a parlare di narrazione tossica segnatamente al linguaggio e alle forme di espressione dei nuovi media, perché si tratta di un sintomo e non certo di una causa.

Lì fuori c'è l'estrema destra che avanza e noi ci preoccupiamo dei meme
Gli snack preferiti di Alexandra Ocasio-Cortez
(refinery29.com)

Non si spiegherebbe altrimenti il successo oltreoceano di Alexandra Ocasio-Cortez, non propriamente un’estremista di destra, che ha fatto dei social uno dei suoi punti di forza anche grazie a una strategia comunicativa semplice ed elementare, alternando una politica adatta all’uomo comune, da kitchen table issue”, a momenti di vita quotidiana ironici e banali come tagliare i peperoncini o fornire consigli sulla pulizia del viso. Nulla di diverso da quanto facciano dalle nostre parti Meloni o Salvini abbracciando gatti o partecipando alle sagre di quartiere. Del resto la satira esiste da che esiste la democrazia, in complemento e contrappeso, non certo in antitesi ad essa. Preoccuparsi della viralità di un contenuto in rete tralasciando le mutazioni antropologiche che hanno spinto gli elettorati di ogni continente a preferire le soluzioni più “irrazionali” come Trump o la Brexit: è questo il vero cortocircuito della sinistra, ormai diventata il meme di se stessa.

Emanuele Tanzilli

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