lockdown all'italiana
lockdown all'italiana

«La commedia racconta i nostri difetti: i difetti dei personaggi non sono mai i difetti solo dei personaggi, ma di noi che li guardiamo, di noi che scriviamo i film, che li dirigiamo, che li interpretiamo […] questa era la grande forza di Risi, di Monicelli, di mio padre, di Scola. I personaggi negativi del cinema italiano sono la forza del cinema italiano: perché dietro alle loro debolezze vediamo le nostre». Ad ogni parola dell’intervista di Enrico Vanzina nella promozione del suo nuovo film Lockdown all’italiana, scandita nella mente di un qualsivoglia lettore, un granello misto di polvere e terreno che ricopre il sepolcro dei grandi autori della Nostra Commedia vibra e si agita. Lockdown all’italiana è una massa informe e grezza, un’accozzaglia di gag vergognose ed illogiche e di trovate fastidiosamente opportunistiche all’interno di uno sputo narrativo praticamente assente e mal costruito e mal recitato, che specula su una tematica sia insidiosa sia tremendamente attuale: più che spaccato della condizione dell’italiano dinanzi la problematica relativa alla pandemia, l’opera prima del Vanzina frantuma le cornee dello spettatore. La recensione potrebbe finire qui, smunta ed emaciata, vista la vacuità dell’ “opera” il cui autore millanta di essersi ispirato non solo ai Grandi del cinema nostrano, ma anche al dramma borghese di Polanski Carnage (ma sul serio?). Se il caso vuole che un’anima pia voglia sacrificare un po’ di tempo libero, qui si ricorda che Lockdown all’italiana è stato distribuito da Medusa in tutte le sale italiane a partire dal 15 ottobre 2020. Al botteghino il film si sta rilevando un insuccesso: colpa del COVID-19!

Ma quale trama?

Lockdown all'italiana
fonte: ilcineocchio.it

Lockdown all’italiana narra le vicende di due coppie disastrate: Giovanni (Ezio Greggio) e la moglie Mariella (Paola Minaccioni), e Walter (Ricky Memphis) e la compagna Tamara (Martina Stella). In seguito a titoli di coda che ricordano molto Woody Allen, ma con una musichetta cacofonica composta dall’indiscutibile Umberto Smaila, Vanzina ci porta nel suo mondo. Giovanni è un ricco avvocato che tradisce la moglie spendacciona Mariella con la giovane Tamara, una periferica commessa del supermercato. I rispettivi amanti traditi scoprono della relazione grazie ad uno stupido artificio narrativo: i fedifraghi lasciano i propri cellulari in balia dei partner, i quali leggono le sconce conversazioni. Evidentemente i personaggi peccano di umano intelletto. Giovanni e Tamara sono costretti a fare la valigie quando il telegiornale annuncia il lockdown: le coppie sono ora costrette a sopportarsi sino la fine della quarantena. Da una fabula così coinvolgente non può che innestarsi un eccitante intreccio: in 94 minuti di pellicola non accade assolutamente niente! Con un ritmo lentissimo Lockdown all’italiana propone le trite e ritrite gag cui i Vanzina ci hanno abituati: battute sessiste, sul calcio, sui dialetti italiani, giochi di parole veramente angoscianti dinanzi le quali allo spettatore non resta che piangere. Tutto ciò che accade è slegato dalla linea narrativa, accumulato in una sequenza di scene che non possono avvalersi del topico tema dell’equivoco (forse unico tocco simpatico di film del genere), causa la restrizione domestica dell’ambientazione e del contesto. Se i tempi comici sono del tutto mancati, la repentina transizione ad assurdi dialoghi smielati e drammatici sono il risultato di un opportunismo cui il regista si aggrappa con ipocrisia e mancanza di gusto artistico. Tale mancanza si riflette anche nell’utilizzo della macchina da presa che, in particolare in una scena, vacilla nel tentare una traiettoria ellittica (si apprezza lo sforzo).

Lockdown all’italiana: una costruzione fallimentare

È possibile che nel 2020 la Commedia cinematografica italiana debba ancora sottrarsi alla costruzione, seppur minima, dei personaggi che la compongono? La commedia dei “tipi” può funzionare se nella composizione della pellicola sussiste una chiara volontà artistica. Come può una pellicola denunciare l’attitudine dell’italiano mediante il contesto di un evento così disastroso se non vi è costruzione narrativa dei personaggi? I personaggi sono trattati dallo sceneggiatore con una superficialità imbarazzante e tra l’altro rappresentati con una recitazione deplorevole: Ezio Greggio sembra stia conducendo Striscia la notizia, Paola Minaccioni incespica e ostenta il suo istrionismo, Martina Stella è infantile ed esageratamente toscana, Ricky Memphis è… Ricky Memphis. Con un tale banco da lavoro, come si può credere di giungere ad un gioiello finale? Un finale peraltro semplicisticamente pessimista, con l’utilizzo della rottura della Quarta parete (ora sì che il film ha una sua dignità artistica) che non fa riflettere, ma infuriare: l’italiano medio resta uguale anche dopo una quarantena, così come l’incapacità di tali registi italiani cementificati in un immobilismo cinematografico prossimo – si spera! – alla sua estinzione. È ora che i produttori e le Regioni (il film è stato finanziato anche dalla Regione Lazio) smettano di investire in questi progetti e valorizzino il circuito di artisti indipendenti che nel proprio piccolo valorizzano ancora l’arte che amiamo. In un’epoca di crisi quale i cittadini stanno vivendo e quale sta vivendo anche e soprattutto il cinema, Lockdown all’italiana è un insulto anche al consumatore medio; e non saranno gli inserti sterili all’interno del film di mostri sacri come Sordi o Gassman a mutarne la sostanza. O forse non è così, forse è la più grande commedia italiana del ventunesimo secolo: le persone che non capiranno saranno, a detta di Ezio Greggio, gli insensibili “imbecilli.

Luca Longo

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