Russia, Putin per sempre
Credit: Voice of America

ll 22 aprile il popolo russo sarà chiamato a votare per una riforma costituzionale che, se approvata, permetterà a Putin di restare presidente della Federazione russa fino al 2036, quindi: Putin per sempre, o almeno fino a quando non avrà 83 anni. Se qualcuno però, governa ininterrottamente per 37 anni può essere considerato un tiranno? La domanda, che in una democrazia ha ancora un significato, dal 22 aprile in Russia potrebbe non averne più.  

Ad aprire la questione è stato l’emendamento approvato dal Parlamento, con 380 voti a favore e 43 contrari, e presentato dalla deputata Valentina Tereshkova, il quale specifica che il limite dei due mandati presidenziali “non impedisce alla persona che ha ricoperto o ricopre la carica di presidente della Federazione Russa, al momento dell’entrata in vigore della modifica, di partecipare come candidato alle elezioni presidenziali”. L’unica persona ad aver esercitato due mandati presidenziali è Putin, dal momento che Dmitrij Medvedev ha ricoperto la carica solo per un mandato (2008-2012). L’iter della riforma costituzionale prevede ora una terza lettura alla Duma, il passaggio al Senato, l’approvazione da parte dei consigli regionali, la firma presidenziale e, a sigillo, il voto nazionale previsto per il 22 aprile. Si tratta di pure formalità, sostengono in molti, perché l’esito appare chiaramente certo.

Come sottolinea Enzo Reale in un articolo per il quotidiano Atlantico, Putin ha pianificato una riforma costituzionale che, pur rispettando il carattere presidenziale del sistema, garantirà un ruolo di preminenza al Governo, finora più emanazione del Capo dello Stato che reale organo di amministrazione politica. Per questo il Parlamento avrà il potere di nominare il Primo Ministro e il suo gabinetto, mentre attualmente si limita a confermare le scelte presidenziali. Inoltre, per concorrere alle elezioni presidenziali, sarà necessaria la residenza nel Paese per un periodo ininterrotto di almeno 25 anni (oggi sono 10), e il permesso di residenza in un Paese straniero passerà ad essere motivo di esclusione. Una norma chiaramente diretta a limitare le ambizioni di potenziali concorrenti che vivono all’estero. Le riforme proposte saranno sottoposte a un referendum su scala nazionale in cui la popolazione dovrà confermare o respingere gli emendamenti alla Costituzione.

Per assicurarsi la vittoria anche in questo referendum, Putin ha fatto in modo che nella legge che cambia la Costituzione ci siano tre formule magiche: il rimando alla fede in Dio trasmessa dai “nostri antenati”, il riferimento al popolo russo come costitutivo dello Stato e il matrimonio come unione di uomo e donna. Non ci sono molti dubbi che la mossa funzionerà. Del resto, questi tre elementi mettono radici nella storia profonda della Madre Russia, come gioiosamente la chiamano i suoi abitanti.

Putin deve avere una solida fiducia in questa sua missione imperiale, tenuto conto che alla data definita dalla nuova legge per la sua possibilità di gestire il potere, cioè il 2036, ci potrebbe arrivare alla veneranda età di 83 anni. Probabilmente è convinto che l’epiteto per lui coniato dalla Novaya gazeta, ovvero “Putin l’eterno”, sia frutto di consapevolezza.

La scommessa sul futuro della Russia lanciata da questa riforma è, nuovamente, una proiezione della sua vicenda politica sul destino del Paese: il dibattito costituzionale che ne seguirà sarà prima di tutto un dibattito sulla figura del presidente. Che cosa vuole davvero Putin? Rimarrà saldamente al comando o si prepara a un ritiro al rallentatore? Per adesso si giustifica con l’argomento usato da tutti i dittatori: la stabilità, ma la stabilità che può offrire somiglia alla quiete lugubre di un cimitero. La cosa apparentemente reale è che Putin sarà per sempre, o almeno fino al 2036.

Martina Guadalti

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