Blogger, da tempo attivista contro la corruzione che imperversa in Russia e strenuo oppositore e critico di Vladimir Putin: questo è il profilo di Alexei Navalny, arrestato durante una manifestazione pacifica non autorizzata dall’amministrazione pubblica.

Il 26 marzo si sono svolte in Russia innumerevoli manifestazioni, che hanno avuto luogo nelle più importanti città del paese; quella di Mosca vedeva tra i suoi organizzatori e partecipanti Alexei Navalny. L’esito di questi cortei pacifici, scesi in piazza senza i permessi delle autorità, è stato l’arresto di più di mille persone, tra le quali spicca proprio il nome di Navalny. L’incarcerazione del quarantenne leader politico dell’opposizione all’establishment di Vladimir Putin ha suscitato immediate polemiche da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, che con le parole di Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato, hanno condannato fermamente gli arresti che hanno seguito le manifestazioni, in particolare quello di Navalny.

Ma chi è Alexei Navalny?

La sua attività politica più concreta e innovativa ebbe inizio nel 2008, quando acquisì piccoli pacchetti azionari delle grandi compagnie petrolifere russe per essere autorizzato a chiedere indagini e risposte in merito al funzionamento delle stesse compagnie, ottenendo così prove evidenti della corruzione endemica che ne caratterizzava l’operato. Navalny iniziò così la sua carriera di blogger politico, promotore di innumerevoli campagne contro la corruzione e fortemente critiche nei confronti di Vladimir Putin e soprattutto del suo partito, Russia Unita, che Navalny nel 2011, in occasione delle elezioni presidenziali, definì «party of crooks and thieves»: partito di truffatori e ladri. Nonostante la campagna di Navalny, il partito di Putin trionfò, ma con percentuali decisamente minori rispetto alle previsioni e la Commissione Investigativa Russa cominciò a scandagliare le attività dell’oppositore politico.

Nel 2013 Alexei Navalny è stato condannato a cinque anni di prigione per appropriazione indebita nel distretto di Kirov e di recente, nel 2017, la sentenza è stata confermata con le stesse parole della precedente, suscitando l’ironia dello stesso Navalny, che si è sempre dichiarato innocente, sostenendo che queste condanne artificiose fossero volte unicamente a impedirgli di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, che si terranno nel 2018 e, probabilmente, lo vedranno avversario di Vladimir Putin che può essere rieletto per altri sei anni.

Nonostante la sentenza del 2013, Navalny non fu imprigionato e partecipò come candidato alle elezioni per diventare sindaco di Mosca, dove ottenne il 27% dei voti, un risultato incredibile se considerate le modalità con cui si realizzò: senza l’ausilio dei media televisivi, solamente tramite internet e il passaparola. A trionfare fu ovviamente il candidato-alleato di Putin: Sergej Sobyanin.

Le manifestazioni del 26 marzo riportano nuovamente l’attenzione della politica mondiale sulle condizioni della democrazia in Russia.

Alexei Navalny, che già nel 2012 avevo subito un simile trattamento, come accennato sopra, è stato arrestato e condannato a 15 giorni di detenzione e al pagamento di una multa di 20.000 rubli (circa 320 euro), e la stessa sorte è toccata a un migliaio di persone che hanno partecipato ai cortei. Gli uffici di Navalny, dove lavorava il suo staff per la campagna elettorale e la costante lotta alla corruzione, sono stati perquisiti e completamente devastati dalle forze di polizia, che hanno tratto in arresto alcuni dipendenti. I principali bersagli delle manifestazioni sono stati Putin, oggetto di cori di scherno, e Medvedev, il precedente premier, accusato di corruzione anche dall’organizzazione di Navalny.

L’oppositore politico quarantenne ha in parte ironizzato sulle vicende, con un selfie a rassicurare i sostenitori durante la detenzione, e invitando i cittadini a scendere lungo le strade di Mosca per manifestare il loro malcontento. Dal banco degli imputati, Navalny ha espresso la sua delusione per una realtà, quella russa, dove non esiste neppure la minima illusione di una giustizia equa, concludendo le dichiarazioni con un tweet:

«The time will come when we will have them on trial (but honestly)» ossia «Verrà il giorno in cui li giudicheremo noi (ma con onestà)».

Tra gli arrestati durante le manifestazioni, c’è anche un giornalista del Guardian, Alec Luhn, che nonostante avesse le credenziali in regola è stato trasportato in una struttura detentiva prima di essere rilasciato. Quando alle motivazioni dell’arresto, secondo un agente potrebbe essere stato l’omicida di Kennedy.

Al netto degli esiti delle manifestazioni e della sorte di Navalny, c’è da chiedersi come la situazione possa evolversi in Russia fino alle elezioni presidenziali. Gli ultimi sondaggi dell’Istituto Levada, considerato imparziale, a gennaio attestavano una fiducia smisurata della popolazione nei confronti di Vladimir Putin, che raggiungeva l’82% di gradimento. Ciò nonostante, l’attività di sensibilizzazione e denuncia della corruzione di Alexei Navalny, soprattutto nei confronti di Dmitrij Medvedev, del quale sono stati rivelati i possedimenti e le ricche proprietà, sta mettendo in crisi la tenuta del partito Russia Unita, che rischia di perdere gran parte del sostegno della classe media, non più rappresentata da politici onnipotenti e pienamente coinvolti nelle corrotte spartizioni di denaro con le multinazionali petrolifere.

Andrea Massera

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