Alba Dorata
Una manifestazione di Alba Dorata in Piazza Syntagma, Atene. (fonte: AFP/Getty Images)

Dopo cinque anni e mezzo di processo Alba Dorata (Χρυσή Αυγή), il partito neonazista greco nato nel 1980 e che ha conosciuto un forte consenso tra il 2009 ed il 2017, è stato dichiarato un’organizzazione criminale. Il processo è durato 453 giorni ed è iniziato nell’aprile del 2015, a poco più di un anno dall’uccisione del rapper antifascista Pavlos Fyssas per mano di un militante di Alba Dorata, Giorgos Roupakias. Il processo ha portato alla sbarra 68 militanti del partito, di cui 50 sono stati riconosciuti colpevoli, 38 di loro con pene detentive dai 5 ai 15 anni.

Il processo assume una rilevanza politica più ampia in quanto l’intero partito di Alba Dorata (che durante il suo picco di consensi, nel 2015, è stata la terza forza politica in Grecia) è stato dichiarato un’organizzazione criminale ai sensi della legge ellenica. Particolare importante quest’ultimo, poiché riconoscere in Tribunale la matrice politica comune, la sistematicità e le modalità gerarchica nelle azioni di Alba Dorata ha permesso di qualificare le violenze come atti squadristi organizzati piuttosto che atti di violenza tra privati.

Alba Dorata
La folla attende il risultato del processo ad Alba Dorata di fronte al Palazzo di Giustizia di Atene. (fonte: EPA)

I capi d’accusa principali in mano al collegio di giudici si riferivano all’omicidio di Pavlos Fyssas, all’attacco ai sindacalisti del PAME con annesso tentato omicidio del leader Sotiris Poulikogiannis ed all’assalto e pestaggio, nel 2012, di un gruppo di pescatori egiziani al Pireo. In prigione andranno anche i 13 ex-deputati di Alba Dorata tra quei 18 che furono eletti nel giugno 2012 a seguito dei quasi 500 mila voti ottenuti alle elezioni nazionali. In carcere con loro anche lo storico leader dell’organizzazione, Nikolaos Michaloliakos. Un solo deputato, Ioannis Lagos, si trova ora a Bruxelles e conta sull’immunità da europarlamentare per sfuggire al carcere in Grecia.

Alba Dorata: genesi e popolarità

Il processo ad Alba Dorata è iniziato nel 2014, ma la genesi del partito va ricercata ben prima. Esso affonda le radici nel periodo che seguì la fine della dittatura dei Colonnelli, al potere in Grecia dal 1967 al 1974. Nel 1980 il giovane militante neonazista Michaloliakos forma il gruppo Alba Dorata, che però non riesce in a farsi spazio nella politica istituzionale, almeno fino alla crisi economica che ha travolto la Grecia a partire dal 2009.

La crisi successiva ed impietosa austerity imposta dal governo greco ha facilitato l’emersione di Alba Dorata, riscuotendo voti sia tra i più giovani che tra gli anziani, dai disoccupati ai senza pensione. Ciò è avvenuto tramite una retorica anti-establishment, contraria alle élite finanziarie internazionali e volta ad aizzare i propri militanti contro gli immigrati.

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Il leader di Alba Dorata Nikolaos Michaloliakos (fonte: BBC News)

Tuttavia, dopo aver ottenuto un buon 10% alle elezioni europee del 2014, comincia il declino di Alba Dorata. A partire dalle inchieste: le indagini a seguito dell’omicidio di Pavlos Fyssas, che ha fortemente scosso l’opinione pubblica greca, portano ad una serie di arresti dei leader del partito che vengono incarcerati in diversi periodi a partire dal 2014. Alle elezioni europee del 2019 le urne non premiano Alba, che ha portato solo due membri al Parlamento Europeo. Nello stesso anno, per la prima volta dal 2009, il partito di estrema destra non riesce a far eleggere nemmeno un deputato nel Parlamento nazionale di piazza Syntagma, ottenendo solo il 2,9%.

Un processo non basta

Inoltre è chiaro che il retaggio politico del fascismo nella società europea odierna non si può combattere solo tramite i processi. Per ogni leader di estrema destra in carcere, altri prenderanno il suo posto. Fino a quando le rivendicazioni di coloro che si trovano al centro del conflitto sociale, spesso in virtù della propria posizione politico-economica intrinsecamente relegata ai margini del sistema, verranno accolte principalmente dall’estrema destra e canalizzate in un programma politico basato sul sopruso di qualsiasi diversità rispetto ad un’artificiosa purezza, non è possibile prevedere alcun orizzonte concreto in cui le formazioni di estrema destra diventeranno davvero marginali all’interno dei sistemi politici europei. 

Oltre a ciò, una lampante e non secondaria contraddizione che resta in seguito a questo processo riguarda l’uso politico della giustizia, o meglio, come il sistema politico sia capace di dettare i tempi della giustizia. Fu infatti la barbara uccisione del rapper antifascista Fyssas a scatenare le prime indagini concrete su Alba Dorata. Già da prima del 2013 il partito neonazista contava su un’organizzata struttura paramilitare che si è distinta per pestaggi di immigrati ed azioni di violenza politica mirata, in particolare contro esponenti della sinistra e della comunità LGBTQI. Secondo lo scrittore greco Dimitris Psarras, che si è occupato di Alba Dorata sin dalle sue origini, la giustizia ha iniziato a porre un freno a queste violenze solo nel momento in cui la politica ha scelto di farlo, ovvero solo di fronte all’omicidio di un connazionale greco. Con l’assassinio di Pavlos Fyssas, antifascista ma pur sempre greco, fu oltrepassato un limite troppo evidente per qualsiasi sistema giudiziario.

Magda, madre del rapper Pavlos Fyssas, in Aula lo scorso 7 ottobre 2020 all’atto finale del processo contro Alba Dorata. (fonte: EPA)

In Italia, invece, il tentativo di negare la legittimità del neofascismo in politica avviene ancora raramente nelle aule di Tribunale. L’aggravante razzista riconosciuta a Luca Traini per la tentata strage a Macerata nel 2018 non tiene conto della sua appartenenza ad un partito politico, la Lega, per il quale era candidato. In maniera ancora più palese, alle elezioni nazionali del 4 marzo del 2018 CasaPound era candidata. A fianco agli innumerevoli pestaggi, solo sette anni prima un militante dello stesso movimento, Gianluca Casseri, sparava ed uccideva Samb Modou e Diop Mor in piazza Dalmazia a Firenze, senza alcun’altra ragione se non le sue convinzioni “politiche”. 

Forse dobbiamo amaramente aspettare, come in Grecia, che sia un connazionale, un italiano, a venire ucciso per mano dei neofascisti affinché si riconducano queste violenze ad un’unica matrice che, in quanto anticostituzionale, venga unanimemente condannata. Nemmeno questo basta però, poiché la notte del 16 marzo 2003 Dax, Davide Cesare, venne brutalmente ucciso a coltellate da tre neofascisti a Milano. Non illudiamoci. È già successo e succederà ancora, in Grecia come in Italia.

Lorenzo Ghione

2 Commenti

  1. Almeno questi topi sono tornati nelle fogne dalle quali erano usciti.
    Fino ad ora non c’è stato il botta e risposta che, almeno in Italia, caratterizzò gli anni ’70 ma fino a quando? Si spera di non vedere più quei bollettini di guerra.
    Intanto questa sentenza è già un buon risultato.

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