Daphne Caruana Galizia, Ján Kuciak.
Questi due nomi risulteranno pressoché sconosciuti alle orecchie di tanti lettori. Eppure, i nomi di questi due giornalisti — entrambi uccisi tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 — portano con sé una serie di riflessioni necessarie per il mondo del giornalismo in Europa, evidenziate anche dal report annuale di RSF (Reporters sans Frontières) sulla libertà di stampa.

Il report di RSF

Classifica RSF
La libertà di stampa nel mondo

Secondo RSF, in un quadro mondiale generalmente poco roseo (i Paesi in cui la situazione è molto grave sono il 12%, mai così tanti), «È in Europa, la zona geografica dove la libertà di stampa è meno minacciata nel mondo, che quest’anno si registra il più consistente deterioramento dell’indice regionale». «Tra le cinque flessioni della Classifica 2018 — prosegue il report — quattro sono di paesi europei: Malta (65°, -18 posizioni), Repubblica Ceca (34°, -11), Serbia (76°, -10) e Slovacchia (27°, -10). Si conferma la lenta erosione del modello europeo».

Zeman kalashnikov
Milos Zeman, il kalashnikov e la scritta “per giornalisti”

Nella sezione dedicata all’Europa (dall’eloquente titolo “Anche in Europa si assassinano i giornalisti”), oltre ai due omicidi, si fa riferimento anche ad altri episodi inquietanti avvenuti ai danni della stampa: la Repubblica Ceca, ad esempio, deve la sua posizione al presidente Milos Zeman che, poco prima delle elezioni, si è presentato ad una conferenza stampa con un kalashnikov finto su cui aveva fatto scrivere “per giornalisti”. E, in Ungheria, il premier appena rieletto Viktor Orbán non si fa scrupoli ad attaccare la libertà di stampa con la scusa di combattere il “nemico pubblico numero uno” George Soros, che vorrebbe screditare l’Ungheria agli occhi dell’opinione internazionale.

Problemi anche in Europa Occidentale

Ma anche i Paesi più sviluppati ed economicamente avanzati vivono una situazione difficile. Perde due posizioni la Spagna dove, come si legge nel report di RSF, «il referendum del 1° ottobre 2017 in Catalogna ha esacerbato le tensioni e ha rivelato un clima irrespirabile per i giornalisti». In particolare, nel report si evidenzia la posizione difficile dei giornalisti catalani non indipendentisti, avversati dalle istituzioni catalane favorevoli alla secessione.

E in Italia, nonostante le sei posizioni guadagnate rispetto allo scorso anno (siamo al 46° posto), «una decina di giornalisti d’inchiesta minacciati sono oggetto di una protezione rinforzata 24 ore su 24: indagare su una rete mafiosa o su una gang criminale fa spesso pesare su di loro rischi mortali».

Kuciak Caruana Galizia
Jan Kuciak e Daphne Caruana Galizia

Le vicende più eclatanti, però, sono legate ai due nomi citati all’inizio.

Daphne Caruana Galizia era una giornalista 53enne maltese, che aveva scosso l’Europa rivelando il coinvolgimento di alcuni politici maltesi nei Panama Papers. È stata assassinata il 16 ottobre 2017 tramite l’esplosione di un’autobomba.
Ján Kuciak era un giornalista slovacco di soli 28 anni, che stava indagando sui legami tra il governo slovacco e la ‘ndrangheta italiana. Ucciso da un colpo di pistola insieme alla sua compagna.

Queste storie rivelano una terribile realtà: la libertà di stampa è sotto attacco perfino nella “civile e democratica” Europa. Uno shock per un’intera generazione di giovani europei, tra i 20 e i 30 anni, nata e cresciuta dopo la caduta del muro di Berlino e dei regimi sovietici, e che quindi ha sempre percepito il rispetto dei più elementari diritti umani e civili come qualcosa di naturale, scontato, garantito.
Un brusco risveglio, insomma, per tutti coloro che vedevano la censura e l’intimidazione come pericoli appartenenti ad un altro mondo, lontano nel tempo o nello spazio.

I motivi del declino della libertà di stampa

Bisogna al più presto prendere atto delle difficoltà della situazione odierna: il giornalismo e i giornalisti sono una categoria bistrattata e screditata agli occhi dell’opinione pubblica.

I motivi sono tanti, e forse non è questa la sede giusta per elencarli tutti. Sicuramente, ha influito in alcuni casi una ricerca ossessiva della notizia ai danni della qualità. Un ruolo importante ha giocato anche lo sviluppo dei social media e l’evoluzione del mondo della comunicazione, al quale il giornalismo ha fatto fatica ad adattarsi e a cui deve tuttora forse prendere le misure.

Ma se è vero che c’è bisogno di un’autocritica da parte del mondo della stampa, sono però innegabili le influenze esterne. Alle minacce di clan mafiosi e di criminali di vario genere, che soprattutto in Italia attentano da tempo alla libertà di stampa, si sono aggiunti negli ultimi tempi anche pesanti attacchi di leader politici (come dimenticare Grillo che «mangerebbe i giornalisti solo per il gusto di vomitarli»?) che hanno fatto della stampa un perfetto capro espiatorio per negare proprie condotte discutibili.

Politkovskaja
Anna Politkovskaja

Basti pensare ai tanti giornalisti uccisi in Russia (148° posto nella classifica RSF) negli ultimi anni — tra cui il caso di Anna Politkovskaja è quello che ha avuto il maggior impatto mediatico — o alle condizioni precarie in cui versa la libertà di stampa in Turchia (157°), aggravata della repressione successiva al fallito colpo di stato del luglio 2016.
La Turchia era ad un passo dall’entrare nell’Unione Europea. Slovacchia, Malta, Repubblica Ceca, Ungheria ne fanno parte. Spagna, Italia e Russia sono tra le prime 15 economie mondiali. Eppure, non sempre lo sviluppo si accompagna ad una maggiore libertà.

Voltaire diceva che il grado di civiltà di un Paese si misura osservando le sue carceri, e di certo non sbagliava. Ma probabilmente, se qualcuno gli avesse chiesto come misurare la libertà, valutarla attraverso il grado di indipendenza della stampa sarebbe stata un’ottima opzione.

Solo affermando l’importanza della questione si può cercare di invertire la tendenza. E allora, non ce ne voglia Voltaire, prendiamoci questo lusso.

Simone Martuscelli

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