Migranti
Il Ministro dell'Interno Di Maio e la Ministra degli Esteri Lamorgese (fonte_ SkyTg24)

Le dichiarazioni che i ministri Di Maio (Esteri) e Lamorgese (Interni) hanno rilasciato negli ultimi giorni sulla questione migranti fanno cadere l’ostentata maschera di progressismo che l’esecutivo Conte bis ha provato ad indossare fin dall’inizio. Lamorgese, dopo aver schierato l’esercito in Sicilia, promette rimpatri più frequenti e veloci verso la Tunisia, e nega la possibilità di regolarizzazione per i migranti economici. Di Maio le fa sponda sul fronte estero, bloccando dei fondi destinati alla Tunisia.

La pandemia di Covid-19 e la maggiore frequenza degli sbarchi in estate stanno rappresentando l’occasione per il governo di dotarsi di una linea di azione sui migranti ancor più dura del recente passato. Col pretesto di un sistema al collasso, il governo ha gioco facile per affermare, senza conseguenze, che è impossibile garantire i diritti minimi di chi giunge sulle nostre coste. Si annunciano quindi potenziali espulsioni di massa dei migranti in arrivo dalla Tunisia, in violazione degli articoli 10 e 13 della Costituzione, nonché della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Sembra proprio che Salvini, che verrà processato per il caso Open Arms, non saprebbe fare meglio della coppia Interni-Esteri dell’attuale governo.

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Di Maio e Salvini ai tempi d’oro della loro amicizia politica (fonte: Corriere Roma)

Dalla Libia alla Tunisia, le preoccupazioni del governo sui migranti

Il fronte caldo della politica estera italiana pare spostarsi più ad ovest della Libia, precisamente in Tunisia. È di pochi giorni fa la notizia del rinnovo del memorandum d’intesa tramite il quale l’Italia si è impegnata a finanziare la “guardia costiera” libica; poche ore dopo questa notizia, in un porto ad est di Tripoli le forze libiche hanno sparato ed ucciso a freddo tre migranti durante le procedure di sbarco.

Il tema migrazioni è tornato prepotentemente in prima pagina. Prima la fuga di alcuni migranti dall’hotspot di Lampedusa e dalla tecnostruttura di Porto Empedocle (ART). Poi, la rinnovata preoccupazione per le traversate dalle coste della Tunisia, che avvengono sempre più spesso su piccole imbarcazioni e con l’approdo sulle coste siciliane e calabresi.

Il pugno duro di Lamorgese: sempre più a destra

In questo stato di cose, Luciana Lamorgese ha compiuto due viaggi in Tunisia in sole due settimane. Il 16 ed il 17 luglio la ministra dell’Interno si è recata a Tunisi, ricevuta dal Presidente Kais Saied, mostrando preoccupazione per la situazione sbarchi e domandando un maggior controllo sulle coste tunisine. Dei circa 12 mila migranti sbarcati in Italia da gennaio 2020, il 35% ha dichiarato di avere cittadinanza tunisina. A distanza di pochi giorni dalla seconda visita, Lamorgese ha rilasciato un’intervista al Corriere che leva ogni dubbio sulla linea delle politiche migratorie di questo governo. 

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Lamorgese a colloquio con Saied il 27 luglio scorso in una foto presa dall’entourage del presidente tunisino. (fonte: EPA/TUNISIAN PRESIDENCY PRESS SERVICE)

«Garantiremo la tutela della salute pubblica delle nostre comunità locali, ma i migranti economici sappiano che non c’è alcuna possibilità di regolarizzazione per chi è giunto in Italia dopo l’8 marzo 2020», ha affermato lapidariamente la ministra. Per la seconda volta dopo la “chiusura” dei porti italiani a marzo, la pandemia di Covid-19 diventa il pretesto per ribadire un punto che non trova riscontro pratico nella realtà: i migranti sono un pericolo per la salute dei cittadini italiani. Salvini sorride e annuisce; del resto fu proprio lui ad incutere per primo il falso pericolo dei porti aperti durante la pandemia.

In quello che pare un funesto tentativo di mettere in guardia i potenziali migranti, Lamorgese tenta di dissuaderli sostenendo che chiunque sia giunto in Italia dopo l’8 marzo, data di inizio del lockdown, non sarà regolarizzato. Come questa sorta di minaccia possa essere messa in pratica, però, non è chiaro alla luce del sistema attuale. Oltre alla totale assenza di vie legali per poter risiedere in Italia, dal 2011 i cosiddetti “decreti flusso”, che offrivano qualche possibilità di regolarizzazione per i migranti in arrivo sulla base di quote annuali decise anno per anno, sono scomparsi dall’agenda di governo. La strada preferita è ora la sanatoria, come quella approvata pochi mesi fa su iniziativa di Teresa Bellanova, uno strumento che permette al governo di regolarizzare saltuariamente, arbitrariamente ed ex post un certo numero di migranti irregolari sul territorio italiano. In tale caso, l’arrivo dei migranti prima o dopo l’8 marzo non cambia molto.

La schizofrenia politica di Di Maio: stop aiuti alla Tunisia

Parlando poche ore dopo la sua collega, Di Maio riesce ad avanzare ipotesi ancora più incredibili, al limite dallo Stato di diritto: «Anche perché la Tunisia è un Paese sicuro e chi parte per l’Italia viene rimpatriato. Non sarà regolarizzato nessuno». Come già nell’estate 2019 sbraitava Salvini, Di Maio ripete che la Tunisia è un “porto sicuro”, ovvero un territorio sul quale ai migranti e richiedenti asilo, non solo tunisini, sono garantiti i diritti previsti dalla normativa internazionale sui rifugiati, ai quali la Tunisia aderisce. 

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Una mappa della Tunisia. Segnalate Sfax e le Isole di Kerkennah, punti principali di partenza per le coste italiane. In questo tratto, tra la costa di Sfax e le isole Kerkennah, più di 50 migranti sono annegati ad inizio giugno 2020 (fonte: Infomigrants)

Nonostante le autorità tunisine collaborino con le organizzazioni internazionali, principalmente l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il destino legale dei migranti non è interesse del governo tunisino, ma viene affidato integralmente a questi due enti, che si occupano di tutte le spese relative al soggiorno e, nel caso di migranti non tunisini, al rimpatrio. Il governo tunisino riconosce inoltre il proprio dovere di protezione dei rifugiati ma non ha ancora una normativa nazionale che permetta di rilasciare loro un permesso di soggiorno o di lavoro. 

Inoltre, non è vero che «chi parte per l’Italia» dalla Tunisia «viene rimpatriato». Le espulsioni coatte sono illegali e l’Italia è già stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani per una simile azione nel 2009 (caso Hirsi). Infatti chiunque ha diritto a presentare domanda di asilo presso le autorità italiane, al di là che provenga dalla Tunisia o da un paese diverso. Con ritmo incalzante, il 31 luglio scorso Di Maio ha annunciato sulle pagine del Corriere la sospensione dello stanziamento di 6.5 milioni euro destinati alla Tunisia sotto la voce cooperazione allo sviluppo.

Nella stessa intervista il ministro ha sostenuto che l’Italia, in relazione alla Tunisia, deve valorizzare «gli stanziamenti della cooperazione allo sviluppo: rafforzare le istituzioni locali serve ad offrire possibilità di crescita e sviluppo a chi è in difficoltà e a dargli una prospettiva futura nel suo Paese di origine». Se il ragionamento sulla cooperazione sembra essere logico, la sospensione dei fondi lo contraddice.

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Di Maio spiega il suo piano sulla migrazione alla luce degli sbarchi dalla Tunisia. (fonte: pagina Facebook Di Maio)

Quando è lo Stato ad essere razzista e Salvini un semplice funzionario

I vari governi italiani post crisi del 2008, nonostante le indubbie sofferenze provocate dalle politiche di austerity, replicano cinicamente un meccanismo simile nella politica migratoria con il Nordafrica: prima i risultati, poi i soldi. Lasciando da parte importanti considerazioni etiche, i casi di studio che mostrano un concreto beneficio nel porre condizionalità negative (riassumibile nella formula non ti do/ti punisco, se non fai) sono davvero esigui se non inesistenti. Non inaspettatamente al ministro degli Esteri Di Maio, oltre che la dimestichezza, mancano le basi teoriche del funzionamento delle relazioni internazionali.

Ancora una volta il governo Conte bis prova ad arrampicarsi sugli specchi della necessità (l’esigenza di protezione sanitaria delle “comunità locali”, la Tunisia come porto sicuro) nel tentativo di giustificare l’ingiustificabile: bloccare migranti e rifugiati comprando la collaborazione del governo tunisino, che già affronta una seria crisi politica, con le dimissioni del primo ministro pochi giorni fa ed una maggioranza che si è sfaldata, ed economica, a causa della pandemia e del crollo del turismo.

Il governo italiano, intanto, continua ad esternalizzare i proprio doveri, in primis quello di soccorso e protezione, piangendo ciclicamente lacrime di coccodrillo sui morti in mare di fronte alle coste siciliane. L’opera di focalizzare l’attenzione mediatica sul lutto, sul pianto per chi tragicamente non sopravvive alla traversata aiuta a mascherare, ma solo in parte, il razzismo di Stato che accoglie chi invece riesce ad approdare. Con o senza Salvini, che si configura come una delle tante pedine, insieme al suo predecessore Minniti, di una strategia xenofoba di lunga durata che raccoglie consensi tanto nella Lega, quanto nel M5S e nel PD.

Lorenzo Ghione 

1 commento

  1. Però, a questo giro ce ne é per tutti.
    Analisi molto interessante e dettagliata sui rapporti Italia/paesi del Mediterraneo, nessun governo ha avuto il coraggio di fare cambiamenti decisivi così Minniti, Salvini, Di Maio e Lamorgese finiscono per assomigliarsi tutti.
    Ottimo articolo.

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