Violenza sulle donne. Le strade si colorarono di fucsia con Non Una Di Meno
Credits: Sara C. Santoriello (@_sasaprova)

Di fazzoletti fucsia ce n’erano tanti. Qualcuno li portava al collo, altri davanti alla bocca. Poi c’erano gli striscioni lunghissimi, e i cartelloni improvvisati con frasi irridenti e provocatorie, di bandiere se ne vedevano poche. Non c’era età, non c’era differenza territoriale: per il #25N a Roma sono arrivati da ogni parte d’Italia. Alla manifestazione nazionale di Non Una Di Meno contro la violenza sulle donne e per il rispetto dei diritti di genere, c’erano tutti, pure i bambini. Sfoggiavano dall’alto delle spalle dei padri i corpi come a sottolineare la loro presenza. Seppure poco coscienti, seppure in numero ridotto, gli uomini e le donne del domani erano lì, come a dire “noi intanto ci siamo, non capiamo bene cosa significhi tutto questo ma respiriamo un’aria bellissima“.

Violenza sulle donne: il grido “Ci vogliamo viv3″

I dati dicono che nel 2020, nel solo periodo che va da marzo a giugno, sono state 15.280 le chiamate al 1522 per segnalare una violenza. Dall’inizio di quest’anno si sono verificati 109 femminicidi, lo scorso anno erano 101: il problema della violenza sulle donne è strutturale.

Lo hanno gridato in piazza a Roma le migliaia di persone che erano presenti alla manifestazione : “Ci vogliamo viv3” hanno urlato, un leimotiv necessario, oggi più di ieri dato che le condizioni di vita delle donne sono peggiorate nel periodo della pandemia.

Il corteo

Dopo essersi radunati in piazza, i 100mila manifestanti hanno sfilato per le strade di Roma, via Cavour, via Merulana, piazza Vittorio, fino a raggiungere piazza San Giovanni. Un fiume in piena di colori e voci, di performance e dimostrazioni per dire no al patriarcato, all’iniquità salariale, all’assenza di diritti per le donne migranti, per denunciare la noncuranza istituzionale, il mancato riconoscimento di malattie come la vulvodinia, la carenza di un approccio efficace da parte di avvocati e magistrati nel trattare i casi di violenza. La denuncia era amplificata dai megafoni con cui le varie associazioni e i dimostranti hanno preso parola. Erano quasi tutte donne e di sole donne erano le canzoni trasmesse dalle casse del camion che faceva capo al corteo. In compenso erano presenti tanti gli uomini al corteo. Perché se c’è una verità, è che la lotta alla violenza sulle donne e di genere non è esclusiva prerogativa di uno o dell’altro sesso.  

Chi c’era?

Sono stati anche loro, gli uomini, ad agitare le chiavi di casa al cielo: un gesto stridente e simbolico per ricordare che molto spesso la violenza si consuma tra le mura più sicure di tutte, quelle della propria casa.

E poi ancora c’erano le ragazze incatenate che mostravano i loro corpi nudi, erano le giovani di Our voice con la loro performance straziante, e poi gli/le artistǝ della murga, e quelli che ballavano, c’era tanta confusione. All’improvviso è calato il silenzio assoluto. Un grido muto. Tutti si sono seduti per terra. Nessuna canzone, nessun rumore. Era la voce soffocante delle vittime di violenza.

Candele transfemministe

A piazza San Giovanni, quando il corteo era ormai radunato, il numero delle vittime di violenza è stato formato accendendo candele. Come in un falò su una spiaggia si sono radunati tutti attorno al fuoco, quasi a voler proteggere quella luce di speranza.

Alla manifestazione di Non Una Di Meno, dopo anni di assenza, c’erano tutti. Neanche la pandemia è riuscita a fermare il bisogno di scendere in piazza e di godere fisicamente della lotta e dell’impegno contro la violenza sulle donne.

Quando tutto era ormai finito, e ognuno andava verso casa, sembrava di sentire ancora tuonare uno slogan, il più delicato, il più potente:

“SIAMO IL GRIDO ALTISSIMO E FEROCE DI TUTTE QUELLE DONNE CHE PIÙ NON HANNO VOCE

INSIEME PARTITE SIAM, INSIEME TORNEREMO: NON UNA, NON UNA DI MENO”.

Alba Dalù

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