Arbitri, Daniele Orsato
Fonte: Calcio e Finanza

La stagione degli arbitri in tv, inaugurata da Orsato, è l’ennesima trovata tutta italiana volta ad accontentare il tifoso medio, quello polemico, brontolone e complottista. Da oggi una figura terza ed imparziale, deputata a garantire il corretto svolgimento di una partita di calcio, sarà costretta a sottoporsi ad un confronto con giornalisti e tifosi. Come se ciò non fosse abbastanza, alla prima occasione disponibile i giornalisti hanno sfruttato la presenza dell’arbitro in tv per riportare alla luce vecchie polemiche e per soffermarsi su episodi completamente inutili, piuttosto che approfondire importanti aspetti tecnici. Tutto ciò è il risultato di una popolazione calcistica sempre meno interessata al dibattito e sempre più concentrata sul creare polemiche.

Quello tra gli arbitri e l’audience calcistica è un rapporto complicato da tempo. Un rapporto da sempre impostato sul piano dello scontro e del contrasto e che mai si è trasformato in civile dialettica. Da anni si discute sull’opportunità che la classe arbitrale si apra al dialogo con l’opinione pubblica. Eppure, sembra che tale discussione esista soltanto in Italia. Probabilmente nessun altro paese ha un’ossessione nemmeno lontanamente comparabile a quella che gli italiani amanti del calcio hanno per la classe arbitrale. Nessuno negli altri paesi si preoccupa delle designazioni prepartita, dell’analisi delle decisioni arbitrali. In Italia, invece, il tifoso italiano medio sa tutto sulla classe arbitrale: il nome, la storia, il numero di errori commessi in passato, i precedenti in cui ha arbitrato la sua squadra. In Italia gli arbitri sono una classe perseguitata, in campo e fuori. Sul terreno di gioco sono spesso trattati con poco rispetto, sia da giocatori che da allenatori, senza contare il fatto che vengono continuamente apostrofati dalle tifoserie con alcuni epiteti famosissimi e poco generosi. Fuori dal terreno di gioco esiste invece la moviola, un’invenzione tutta italiana, uno spazio esclusivamente dedicato all’analisi degli errori arbitrali e che inevitabilmente dà origine a polemiche e tesi complottiste di ogni tipo che non fanno altro che generare odio verso la classe arbitrale.

In Italia tutto ciò accade senza curarsi del fatto che l’arbitro è umano e, come tale, può sbagliare. Il fatto che sia arbitro non lo obbliga a non sbagliare. Anzi, proprio come ogni altro essere umano, può sbagliare anche spesso. L’Italia è un paese talmente ossessionato con il calcio e con gli errori arbitrali che è stato il primo paese al mondo ad introdurre la tecnologia in supporto dell’arbitro, il VAR. Eppure, ciò non è bastato a placare gli animi della frangia più polemica dell’audience calcistica italiana, la quale ha individuato nel VAR la risoluzione a tutte le sviste arbitrali e continua a pensare che in presenza del VAR gli arbitri non abbiano più il diritto di sbagliare. Tuttavia, i più distratti dimenticano che il VAR è solamente uno strumento di supporto intervenuto per ridurre il margine di errore umano, senza tuttavia poterlo eliminare del tutto.

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L’arbitro Mazzoleni accerchiato da calciatori di Inter e Napoli nel dicembre 2018.
Fonte immagine: il post.it (MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images)

Insomma, visto che nemmeno l’aiuto della tecnologia è stato in grado di convincere lo spirito complottista del tifoso italiano medio, si è giunti alla soluzione estrema: mandare gli arbitri in tv. Questa soluzione, sebbene bollata come storica occasione per fare chiarezza, ha tutte le sembianze di un ultimo disperato tentativo di ricucire il difficile rapporto tra il tifoso medio e la classe arbitrale. Quasi come se la sua presenza in tv conferisse all’arbitro un aspetto più umano e, se si vuole, più vulnerabile. Un ultimo tentativo per dimostrare al tifoso italiano che gli arbitri sono in buona fede e prendono le loro decisioni in maniera terza ed imparziale.

Tuttavia, la prima storica presenza di un arbitro in attività sugli schermi televisivi è stata tutt’altro che un’occasione per fare chiarezza o per un confronto serio su regole e protocolli in vigore. Tutto il contrario. Anziché approfondire aspetti tecnici su cui ci sarebbe bisogno di maggiori delucidazioni, i media hanno approfittato della presenza in tv dell’arbitro per riportare alla luce vecchie polemiche e soffermarsi su episodi completamente inutili. Questo è quanto accaduto in occasione della storica intervista al maggiore rappresentante della classe arbitrale italiana, Daniele Orsato, durante la trasmissione 90° minuto andata in onda su Rai Uno la scorsa domenica. In quasi 20 minuti di intervista i giornalisti coinvolti hanno pensato bene di chiedere all’arbitro spiegazioni sulla mancata ammonizione di Pjanic durante Inter-Juventus del 2018, una partita di tre anni fa. Inoltre, episodi completamente inutili sono stati evocati, come quello di Ronaldo e dell’orologio di Orsato durante Juventus-Roma dello scorso 6 febbraio. Nessuna domanda di carattere tecnico sul VAR, sulle sue corrette modalità di utilizzo, sul modo in cui la discrezionalità deve essere controbilanciata con l’evidenza tecnologica. Niente di tutto questo, solo brevi cenni che meritavano sicuramente un approfondimento. Tutto ciò è l’emblema di una popolazione calcistica che ha perso qualsiasi interesse per il dibattito e che ormai da anni a questa parte sembra solo interessata a creare polemiche.

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L’ormai celebre siparietto tra Cristiano Ronaldo e Daniele orsato durante Juventus-Roma del 6 febbraio 2021.
Fonte immagine: calciomercatoweb.it

Insomma, se il fine di invitare gli arbitri il tv diventa quello di spingerli ad ammettere gli errori, allora la disperata e bizzarra strategia di far parlare gli arbitri potrebbe essere addirittura controproducente. Tant’è che a margine dell’intervista, Orsato è stato nuovamente l’oggetto di insulti da parte di tutti i tifosi d’Italia. Ciò accade perché secondo il tifoso medio l’arbitro non ha il diritto di sbagliare e nel momento in cui ammette un errore finisce per riconoscere indirettamente la sua malafede.

Piuttosto, si colga questa occasione per intavolare un dibattito serio su regolamento e protocollo VAR, su aspetti che sono ancora poco chiari e che necessitano di delucidazioni. L’obiettivo di mandare gli arbitri in tv dovrebbe essere proprio quello di evitare che siano mandati in tv in futuro. Se proprio vogliamo l’arbitro in tv allora la sua presenza deve servire per invitare il popolo calcistico a comprendere ed a riflettere sul funzionamento delle regole. Perché prima dell’arbitro c’è la regola. E l’arbitro non fa altro che applicare la regola. Per cui, non sprechiamo questa occasione.

Amedeo Polichetti

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