Maternità per una donna disabile? Troppe barriere da distruggere
Grafica a cura di Tony Baldini

Sin dalla propria nascita, quasi qualsiasi donna cova in se stessa il desiderio di voler diventare madre: a motivare la maternità è la spinta della propria dolcezza di sentimenti che crea differenza con i componenti del genere opposto. Spesso questa grande volontà viene ostacolata da pregiudizi che ostacolano il desiderio di maternità: ma questi non possono e devono creare barriere. Molto spesso, a scoraggiare le donne con desiderio di maternità sono proprio gli esperti del settore: a creare barriere non mancano strumenti poco adatti come l’uso di certi lettini da visita ginecologica che talvolta risultano davvero inutilizzabili per chi è affetto da qualche handicap fisico.

Purtroppo però non basta solo il desiderio di diventare madre: se la donna è affetta da qualche disabilità fisica, sarà certamente più complicato affrontare una gravidanza serenamente e successivamente la maternità: qualsiasi donna, durante la gestazione, diventa senza ombra di dubbio un po’ goffa o maldestra proprio perché le condizioni fisiche lo impongono.

Provando ad essere ottimisti ed immaginando che la donna in questione riesca a far crescere e portare in grembo il bimbo, quando si arriva al momento del parto, (sperando che questo accada nel momento previsto e non si debba correre in ospedale d’urgenza in quanto la situazione sarebbe ancor più complicata a causa di disabilità fisiche) dopo l’ottimismo e la gioia subentrano altre barriere relative alla maternità che da fisiche si trasformano in mentali e psicologiche: la madre si renderà presto contro che non sarà semplice crescere un figlio nelle scomode vesti di madre disabile.

Una volta giunti tra le mura di casa (che risulterà sicuramente adattata alle esigenze di chi è affetto da handicap) la neo-mamma dovrà affrontare tutte le responsabilità che il ruolo della maternità le impone. Ovviamente, subentrano la paura e il timore tipiche di ogni madre che si vede tra le braccia il proprio figlio e si interroga su come proteggerlo dalle insidie del mondo e della vita; al contempo sarà pronta a insegnargli un’educazione fondata sul rispetto e sui principi dell’umanità e della convivenza civile, formata da norme e regole, diritti e doveri.

Questo sentimento di paura va sconfitto con il giusto supporto, ma in ogni caso resta sempre quel grande sentimento di protezione verso il figlio che talvolta potrebbe costringere la madre a diventare troppo oppressiva ed ostacolare, a fin di bene, la propria crescita più di quanto possano fare le difficoltà fisiche che si possono incontrare. In fondo è proprio il nostro cervello a crearci troppi pensieri che ci impediscono l’azione, soprattutto quando a spingerci è un sentimento puro come l’amore materno.

Eugenio Fiorentino

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