L’11 settembre di vent’anni fa avveniva quello che è considerato unanimamente l’attentato più terrificante dell’età contemporanea. In questo ventennio gli USA hanno intrapreso la così detta “guerra al terrorismo” che non ha fatto altro che peggiorare la situazione politica locale, finendo per regalare più potere ai talebani, che oggi controllano l’intero Afghanistan.
La situazione è catastrofica. A vent’anni dal 7 ottobre 2001, giorno in cui gli USA invasero il territorio controllato dai talebani, colpevoli di aver aiutato Bin Laden e i membri di al-Quaeda nell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre, c’è il ritiro delle truppe statunitensi e degli alleati NATO. A un mese circa dalla ritirata il mondo sta assistendo a quello che tutti si aspettavano: la guerra neo-imperialista fatta passare come ‘guerra al terrore’ non ha fatto altro che peggiorare le cose, lasciando un enorme vuoto politico che è stato subito colmato dai talebani, che dal canto loro hanno dimostrato di non essere cambiati affatto in questi anni.
Dopo la conquista di Kabul hanno annunciato il nuovo governo ad interim, composto da 33 membri per l'”Emirato islamico d’Afghanistan” il quale prenderà potere proprio oggi, 11 settembre 2021, una data simbolica volta a dare un pugno in piena pancia all’occidente. Il capo del nuovo esecutivo sarà Mohammad Hasan Akhund, già presente sulla lista nera dei terroristi internazionali stilata dall’Onu, e sarà accompagnato da altri elementi quasi tutti collegati a vicende di stampo terroristico. Va rimarcato che oltre ai sempre più frequenti contatti con Doha, i talebani stanno iniziando a dialogare con la Cina, la quale ha forti interessi economici e non nei confronti dell’Afghanistan, spostando il baricentro geopolitico della zona verso l’asse sino-russo.
Oltre alla composizione del governo, ciò che certifica il fallimento è la regressione politica e istituzionale che sta affrontando la popolazione afghana. Prima su tutti la disparità di genere: dalla presa di Kabul le donne sembrano aver perso qualsiasi tipo di diritto acquisito in precedenza, nonostante le pur velleitarie rivolte intraprese nei confronti dei talebani già dai primi giorni dopo la presa di potere. Un ruolo importante in queste proteste l’ha avuto l’associazione RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane), la quale afferma che le donne afghane non vogliono fuggire, ma «rimanere e lottare contro il regime». Altro elemento che consolida il gap di genere è la pur prevedibile mancanza di donne all’interno del nuovo governo.
In queste settimane inoltre si è presentata un’emergenza nell’emergenza: la siccità potrebbe minacciare più di 7 milioni di abitanti afghani in caso di mancato aiuto da parte delle istituzioni. Queste famigerate istituzioni sono però inesistenti. I talebani non hanno alcuna intenzione di impegnarsi in tal senso, come dimostra la fuga dei moltissimi afghani dal proprio paese. Insomma, questo ventennio seguito all’11 settembre ha portato in dote solo morte, distruzione e sperpero di denaro. Gli USA hanno dimostrato ancora una volta di non conoscere la differenza tra politica estera e guerra, portando soltanto ulteriore caos e destabilizzazione alla popolazione locale. I talebani, come ci si aspettava, non sono stati sconfitti, anzi ne escono rafforzati e compatti, forti del fatto di aver scacciato il dominio di quello che fino a poco fa era definito come il centro del mondo. A pagare le conseguenze del disastro, inutile sottolinearlo, è la opolazione afghana, stremata da vent’anni di guerra: per loro un sentiero di normalizzazione sembra ancora molto lontano.
Non siamo riusciti a dare un senso alla brutalità di quell’11 settembre 2001: nessuno è stato in grado di lavorare per scongiurare il ripetersi di sciagure simili. Le tremila vittime di quel giorno (alcune ancora non identificate), sembrano aver lasciato un cordoglio inutile in un mondo che anche dopo vent’anni è rimasto a quel buio martedì.
Gennaro Palumbo