Il Futura Pride è una manifestazione politico-artistico-culturale che si terrà il 25 agosto di quest’anno presso l’anfiteatro di P.zza Enrico Quaranta a San Pietro al Tanagro nel Vallo di Diano (SA), sarà aperta a tuttə – soggettività queer e non – con uno scopo comune e ben definito: porsi in lotta contro l’etero-cis-patriarcato e celebrare la comunità LGBTQIA+. Generando così uno spazio-tempo ibrido, interstiziale, moltitudinario d’incontro e di scontro: ritrovarsi insieme nella gioia e nel disagio significa ricollettivizzare le esistenze; significa riconoscere, resistere e destituire il paradigma etero-normativo; significa costruire relazioni di lotta e di solidarietà basate sull’ardente desiderio di denaturalizzare, di superare e di trasformare uno status quo oppressivo e un tempo presente claustrofobico che ingabbia le soggettività queer nell’eterno qui e ora dell’etero-cis-patriarcato capitalista. Il Futura Pride, dunque, immagina e guarda a una temporalità e una spazialità altra, scatenando elementi erotico-affettivi inediti e sovversivi, tracciando percorsi d’emancipazione, d’inclusività e di mutualismo tra soggettività, corporeità sofferenti, desiderose e insaziabili.
L’onnipervasivo capitale ha fagocitato e plasmato ogni aspetto dell’esistenza individuale-collettiva e cerca costantemente, riuscendoci spesso, di mettere a profitto le differenze, le libertà sessuali e persino la queerness, tentando in ogni modo di fidelizzare, di sfruttare la comunità LGBTQIA+, e financo d’occultare la sua intrinseca tendenza alla violenza di genere e sessuale, alla burocratizzazione, alla patologizzazione e alla marginalizzazione. La queerness, però, è il rifiuto di qualsivoglia forma d’assoggettamento, di discriminazione, di performatività e di binarismo normativo, e, al contempo, è il riappropriarsi e il delinearsi d’una dimensione emotivo-sessuale-politica non-lineare, non-categorizzabile, che – a partire da processi di risignificazione dei rapporti di forza materiali, dell’immaginario, del simbolico – frammenta le certezze convenzionali e mette, quindi, seriamente in discussione gli strumenti del potere e l’ordine del discorso etero-cis-patriarcale.
L’oppressione e lo sfruttamento delle soggettività queer e non, si dispiega attraverso la stretta articolazione tra l’economico e il culturale. Così la feticizzazione di un modello predatorio e colonizzante comporta il soggiogamento dei corpi, delle coscienze, del tempo di vita, dell’eros, del lavoro produttivo e riproduttivo. Pertanto, realtà come il Futura Pride possono promuovere differenti e molteplici orizzonti di cooperazione e di senso che rispecchino la differenzialità, l’auto-determinazione, la ri-soggettivazione e la contro-egemonia dell’universo queer; possono, infine, valorizzare la «scandalosità» e la favolosità delle soggettività queer e dei loro organismi non riproduttivi, anali e clitoridei, in antitesi alla legge dell’etero-cis-patriarcato e del capitale.
Di seguito l’intervista allə ideatorə e organizzatorə della prima edizione del Futura Pride.
Anzitutto, cosa v’ha spintə a organizzare la prima edizione del Futura Pride nel Vallo di Diano e come si strutturerà la manifestazione?
«Innanzitutto, c’ha spintə la volontà d’organizzare nel Vallo di Diano qualcosa di sostanzialmente inedito, una manifestazione alternativa rispetto alle classiche forme di divertimento valdianese e che, soprattutto, dia visibilità alla comunità LGBTQIA+ del e nel Vallo di Diano. Purtroppo, in questo territorio ancora sono diffusi molti tabù e molti pregiudizi riguardanti la comunità LGBTQIA+ e quindi, attraverso il Futura Pride, abbiamo ritenuto necessario ritagliare degli spazi e dei momenti dedicati alle soggettività appartenenti alla comunità.
Detto ciò, la manifestazione avrà inizio dal pomeriggio – intorno alle 19.00 – con dei dibattiti di natura politica e sociale e parteciperanno con vari interventi, nel corso della giornata, lə attivistə che compongono le molteplici realtà locali e non, come R.E.S.T.A., Uds Vallo di Diano, Chōra, Bosco Natìo, Toko Film Fest, Collettivo Lisistrata di Salerno e I’mQueerAnyProblem? di Napoli. Inoltre, ci saranno spazi dedicati alle esposizioni artistiche də artistə della comunità queer e non solo, al fine di contrastare l’invisibilizzazione delle soggettività queer e della loro arte. In seguito, verso le 22.00, si ballerà perché ci sarà il DJ set. Lo scopo è quello di evocare anche un momento di svago e di divertimento che stimoli una maggiore vicinanza e allontani la paura che ogni giorno siamo costrettə a vivere».
In un contesto sociale, come quello valdianese, in cui è saldamente radicata la barbarica cultura etero-cis-patriarcale e in cui, di conseguenza, è normalizzata l’omolesbobitransinterfobia, quanto risulta complesso discutere pubblicamente e affrontare collettivamente le discriminazioni e i soprusi che vivono quotidianamente le soggettività appartenenti alla comunità LGBTQIA+? In virtù di ciò, quali scopi si prefigge e cosa può rappresentare il Futura Pride?
«In primo luogo, il Futura Pride si prefigge di rappresentare anche uno spazio non fisico di protezione di tutte le persone della comunità LGBTQIA+ che si sentono poco sicure e attaccate giorno dopo giorno in un ambiente ostile come quello valdianese. Quindi il Futura Pride è un punto d’inizio per creare questa sorta di comunità protetta: un avamposto, un punto di riferimento emotivo, concettuale e conoscitivo. Infatti, riteniamo essenziale far sì che ci si possa informare, anche basilarmente, riguardo alla comunità LGBTQIA+ e si possa comprendere cosa significhi essere gay, bi, trans* e via discorrendo. Questo è uno dei nostri obiettivi primari, anche perché dal momento in cui abbiamo deciso di pubblicizzare il Futura Pride nel Vallo di Diano è riemersa tutta la dilagante disinformazione, ignoranza, se non proprio ostracizzazione, in merito alla comunità queer.
Essendo ragazzə con scarse risorse materiali, ci siamo rivoltə alle varie attività del Vallo di Diano alla ricerca di una qualsiasi forma di sostegno però, salvo alcune eccezioni, abbiamo percepito indifferenza o, peggio, una forte ritrosia a esporsi e a supportare una manifestazione come il Futura Pride. Verosimilmente ciò deriva dalla paura di essere stigmatizzate in un contesto societario prevalentemente bigotto e discriminatorio. Malauguratamente queste dinamiche ricadono anche su di noi, e spesso, in circostanze simili, avvertiamo sia il timore d’esporci, di non essere compresə, sia la paura del riscontro di chi ci è di fronte, dello sguardo dell’altro, poiché è evidente che sulle persone della comunità LGBTQIA+ gravino pregiudizi totalmente negativi. Quindi da ambo le parti si annida una paura atrofizzante. Palesemente lo spazio geografico chiuso che contraddistingue il Vallo di Diano si riflette anche in ambito socio-politico intriso di aggressività, avversione, stereotipi e non solo che afferiscono all’universo queer. Basti pensare ai ripugnanti cliché tesi alla femminilizzazione, alla sessualizzazione e alla patologizzazione delle persone gay. Ebbene, ci prefiggiamo di sradicare questa ideologia, questa cultura etero-cis-patriarcale barbarica, antiquata e deleteria».
La queerness è il grido di battaglia di chi è considerato deviante, è la sovversione dell’esistente e del tempo presente; ragion per cui si sostanzia nel netto rifiuto dell’invisibilizzazione, della marginalizzazione e del binarismo in quanto dispositivi normativi e oppressivi del potere etero-cis-patriarcale. Pertanto, attraverso il Futura Pride e non solo, è ancora possibile rivendicare e rigenerare spazi ibridi d’inclusività, di ricollettivizzazione, di radicale liberazione e di contro-potere?
«Auspichiamo ciò sia possibile perché è necessario, ce n’è assolutamente bisogno. Però affinché si manifesti questa possibilità deve nascere dal basso qualcosa di collettivo e d’autonomo. In tal senso, noi siamo un insieme di soggettività unitesi con intenti progettuali comuni e con l’auspicio di estendersi, preservando comunque una non negoziabile autonomia. Ciò è il presupposto di base per poter anche solo semplicemente immaginare un futuro effettivamente libero per le soggettività queer. Perdipiù, non vorremmo far confluire le nostre energie principalmente nell’impellenza di rivendicare esclusivamente diritti dallo Stato o di richiedere soltanto determinate tutele, più che altro in una cornice di mera uguaglianza formale, per quanto, in una contingenza estremamente critica per tuttə noi come quella attuale, siano rivendicazioni e richieste più che necessarie.
C’auspichiamo che da uno spazio d’auto-emancipazione come il Futura Pride si possa pensare a una vita altra e di reale liberazione per le soggettività queer, non più imbrigliata in determinate regole, incasellamenti e condotte prescritte che altro non sono che dispositivi di controllo. Basti pensare a quando una persona transgender deve richiedere la rettifica dei documenti anagrafici e si ritrova ancora a dover scegliere se essere un maschio o una femmina in conformità alle norme limitanti e assoggettanti del binarismo di genere. Con ciò è evidente l’impossibilità da parte di un sistema etero-cis-patriarcale d’accogliere veramente le necessità, le istanze e le identità delle persone queer.
Il Futura Pride può fungere da stimolo, da catalizzatore per la lotta e da barlume di speranza anche per le nuove generazioni che, per molti versi, si stanno dimostrando più sensibili nei confronti della comunità queer. Il Futura Pride può garantire uno spazio fisico, digitale e metaforico-concettuale di riconoscimento delle e per le soggettività che sono e si sentono marginalizzate, per chiunque voglia informarsi, discutere e contaminarsi allo scopo di creare una commistione tra teoria e prassi e di contrastare le discriminazioni e l’invisibilizzazione. Nel Vallo di Diano tutto ciò manca, non esistono, infatti, luoghi d’aggregazione in cui poter anche solo esprimere il proprio pensiero e confrontarsi. È, pertanto, di vitale importanza fare gruppo in modo tale da fornire ascolto, reciprocità, immedesimazione, un reale supporto di natura materiale e psicologica. Crediamo nell’importanza di poter plasmare liberamente la propria personalità, d’auto-determinarsi senza sottostare a logiche costrittive ed eteronome che rispecchiano la visione di una comunità come quella valdianese – e non solo – contrassegnata e dominata da una ributtante e atroce cultura etero-cis-patriarcale che, purtroppo, attecchisce spesso anche tra ə bambinə nelle scuole».
Riprendendo Audre Lorde: «Non si può smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone», e al netto di qualsivoglia forma di rainbow washing, nel sistema tardo capitalistico ormai concetti come progresso, futuro, libertà, diritti sono stati cannibalizzati e financo il desiderio, l’eros sono costantemente capitalistizzati. Perciò, in contrapposizione alla colonizzazione del linguaggio e dell’immaginario, il Futura Pride, secondo voi, comunicherebbe l’urgenza e l’importanza di raffigurarsi e dar vita a mo(n)di alternativi di esistenze auto-determinate e non etero-normate nell’orizzonte d’un futuro-presente queer?
«Di sicuro non sarà il Futura Pride a mutare i rapporti di potere a livello sistemico e nemmeno nel Vallo di Diano però è importante che la domanda postaci sottolinei la necessità di comunicare l’urgenza, perché c’è sicuramente. L’urgenza di raffigurarsi e comunicare, appunto, modi e mondi alternativi anche se non realizzabili nell’immediato ma verso cui tendere – riprendendo i versi di Kavafis: «Sempre devi avere in mente Itaca». Guardare in avanti, proiettatə verso il futuro, del resto il nome della manifestazione non è casuale, ha un chiaro significato. Noi, pertanto, col Futura Pride puntiamo al futuro anche se probabilmente nel concreto non riusciremo ad andare molto lontano però almeno proviamo sin da ora a comunicare quelle che sono le esigenze collettive di tutte le soggettività queer.
Quindi al momento possiamo educarci reciprocamente, mostrare la dimensione universale dell’urgenza e immaginare mondi differenti in cui effettivamente le soggettività queer siano liberate. Ovviamente siamo apertamente contro il rainbow washing, utilizzato in particolar modo dalle aziende che sfruttano l’immaginario e le rivendicazioni della comunità LGBTQIA+ per i propri propositi di visibilità e massimizzazione dei profitti e non davvero come forma di supporto. Tuttavia, spesso sono le stesse piattaforme dei Pride a macchiarsi di rainbow washing; infatti, ci sono delle volte in cui per i Pride i principali sponsor sono grandi multinazionali, come Red Bull, Apple e Eni, che fanno tutt’altro che gli interessi della comunità LGBTQIA+. Tant’è vero che al Toscana Pride di Firenze di quest’anno dei gruppi della piattaforma del Pride hanno fatto sì che alcuni gruppi definiti antagonisti venissero circondati e manganellati dalla polizia. Semplicemente perché hanno criticato l’organizzazione di un Pride sponsorizzato da The Student Hotel e da altre grandi società. Questo, oltre a irritarci molto, ci addolora perché invece di far gruppo in quanto persone queer nell’ottica di una liberazione collettiva, sottostiamo a logiche individualistiche, aziendali e istituzionali e così veniamo sottomesse e mercificate doppiamente.
La nostra liberazione non può passare da qui, non possiamo, appunto, «smantellare» il perpetrarsi della colonizzazione e dello sfruttamento con gli strumenti del padrone, dell’etero-cis-patriarcato, del capitalismo. Pensiamo a quanto l’andro-centrismo e i derivanti machismo e male gaze abbiano determinato la normalizzazione della sessualizzazione delle donne, della relazione lesbica, dello stereotipo del sex worker transgender e, al contempo, la repulsione e la stigmatizzazione della relazione omosessuale, bisessuale e delle relazioni non-monogame. Di frequente, purtroppo, anche nella comunità LGBTQIA+ si manifestano e sono diffuse bifobia, transfobia, omofobia, misoginia e via discorrendo, e sono comunque la risultante dell’oppressione patriarcale e dell’etero-normatività che inevitabilmente riguardano tuttə. Non basta far parte della comunità LGBTQIA+.
Insistiamo su questo punto: la liberazione queer affinché possa essere realmente rivoluzionaria deve scardinare una serie di costrutti socio-culturali, norme biologico-naturali e superare il disciplinamento e le categorizzazioni imposte dallo Stato. In modo da per poter anche vivere, sperimentare appieno gli affetti e l’eros e così riuscire davvero a emanciparsi dall’etero-cis-patriarcato; da ciò ne trarrebbero giovamento anche le persone eterocis perché, in qualche modo, tuttə viviamo queste costrizioni che non consentono nella fattispecie d’esprimere e di vivere liberamente i propri sentimenti e le proprie relazioni. Certo, partendo dal reale e non dal possibile, si percepisce un senso d’immobilismo ed è quindi difficilissimo anche solo dar sfogo all’immaginazione in circostanze regressive, ci sono sempre meno spunti positivi che ci permettano di concepire un futuro queer. Noi, però, proviamo comunque a costruirlo, per quanto la cultura patriarcale venga inculcata e si propaghi già tra le giovani generazioni. L’utopia può essere necessaria, ma lo è soprattutto una prassi che rinsaldi l’importanza di creare spazi ibridi dove si possano coltivare e sviluppare sensibilità, ascolto e apprendimento al fine di conoscere e rimarcare i vari livelli di sfruttamento e d’oppressione: economici, sociali, sessuali e simbolici. Consapevoli del fatto che l’informazione, la conoscenza siano una condizione necessaria ma non sufficiente. In ogni caso, il Futura Pride farà da sintesi tra la dimensione politico-sovversiva e la gioiosità dell’universo queer; la spazio di tuttə noi sarà teatro di reciprocità, di collettività, di radicale libertà e di conflittualità, infine si ballerà contro l’etero-cis-patriarcato. Ebbene sì: Futura è già qui, il futuro è queer».
La forza combattiva e immanente della queerness si concretizza, da un lato, nel riconoscimento dello stigma, dell’esclusione e dello sfruttamento, dall’altro, nella strenua opposizione rispetto a un sistema etero-cis-patriarcale cristallizzatosi da tempo mediante la segregazione sociale e occupazionale, mediante la distribuzione dei beni e dei privilegi in base a specifiche politiche identitarie che oggetivizzano un’identità come «normale» mentre le altre come «devianti». Germoglia così l’urgenza d’una coalizione politica della alterità in quanto motore sovversivo della realtà, per disfarsi dei processi di soggettivazione e di naturalizzazione frutto di una politica identitaria dell’assimilazione e della subalternità al modo etero-sessuale di produzione delle disuguaglianze e delle relazioni di genere e sessuali.
«The first Pride was a riot», in tal senso, manifestazioni come il Futura Pride – nel solco dei moti di Stonewall del ’69 – possono rendere tangibile la possibilità d’organizzare la rabbia e di collettivizzare la gioia attraverso l’aggregazione di soggettività dissenzienti in rapporto a un ordine costituito. Possono attuarsi dei momenti di socialità propedeutici al coagularsi e allo sprigionarsi di energie creative e trasformative, al disvelamento e alla disarticolazione materiale e concettuale della bio-politica individualista, neo-fondamentalista ed estrattivista della società capitalista etero-normativa borghese.
Il Futura Pride sorge in un contesto di periferia attraversato spesso da paura, disfattismo e totale assenza di prospettive, ciononostante può accogliere e far risuonare l’urlo di battaglia delle soggettività queer che prorompe dalla marginalità, dal riconfigurarsi d’una contro-narrazione come produzione di saperi alternativi e critica costante dell’esistente, dalla volontà di culminare nella convulsione dei rapporti di bio-potere, dal predisporsi alla rivoluzione permanente dello spazio-tempo, dalla consapevolezza che ogni bisogno particolare ha una dimensione universale, dalla collettivizzazione del conflitto, dalla necessità di costruire l’utopia a partire da e oltre il fallimento. Perché la prassi rivoluzionaria e l’utopismo scaturiscono da e rappresentano un disadattamento rispetto alle codificazioni omogeneizzanti, un fallimento rispetto a un dover essere, il liberatorio rifiuto di essere «normali». Ebbene sì, in ciò si manifesta appieno la libertà come eccesso desiderante, come imperitura dinamica rivoluzionaria. Mettendo fine alla separazione fra il personale e il politico, fra l’attivismo politico e la riproduzione della vita quotidiana, la gioia può nascere dalla concreta possibilità d’affrontare le sfide del proprio tempo: nella lotta si è già più liberə.
«C’è stato un tempo in cui non eri una schiava, ricordalo. Camminavi da sola, ricolma di risate, facevi il bagno a pancia nuda. Dici di averne smarrito ogni ricordo, prova a ricordare… Dici che non ci sono parole per descrivere questo tempo, dici che non esiste. Ma ricorda. Sforzati di ricordare. Oppure, in mancanza di ciò, inventa». (Monique Wittig, Le Guerrigliere).
Il libero sviluppo di ognunə è la condizione per il libero sviluppo di tuttə. Così dalla negazione, dalla rottura dell’esistente si manifesta l’urgenza di una vita altra e di un «altro-fare», si sviluppa la possibilità d’inventare mondi altri non conformi alle regole del potere. Riprendendo le parole del combattente Lorenzo Orsetti: «Ogni tempesta inizia con una singola goccia»; dunque, allo schiarirsi del cielo dopo il temporale, aguzzando lo sguardo, si può notare all’orizzonte che: Futura è già qui, il futuro è queer.
Gianmario Sabini