Crisi di governo, Giuseppe Conte, Matteo Renzi
Fonte immagine: tg24.sky.it

Crisi di governo? Oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente. Mentre nelle aule parlamentari va in atto la scena madre del duello tra Conte e Renzi, i suoni d’ambiente sono attutiti dalle mascherine e i voti diventano pallottole da schivare o mandare a segno. Al fondatore di Italia Viva, del resto, riesce benissimo di interpretare il villain che ha fra le mani le sorti dell’umanità, pur sapendo di essere invariabilmente destinato a fallire; meno a suo agio, invece, sembra l’attuale presidente del Consiglio nel ruolo di eroe romantico intento a salvare la donzella Italia dalle mire meschine dei lestofanti di turno. Uno scenario da cult cinematografico, da “Conte-bis: il ritorno” a “Conte-ter: la vendetta”, una regia leoniana (e qui l’interpretazione è libera, potete metterci il Sergio maestro dei western o il Giovanni che fu il primo a sciogliere le Camere) dall’epilogo spezzafiato.

Fiducia o sfiducia che sia, i titoli di coda sfileranno su una delle rappresentazioni politiche più grottesche della Terza Repubblica, una per cui sarebbe meglio astenersi da facili commenti – o astenersi dal voto al Senato, come preferite. Una crisi di governo cervellotica, difficile da comprendere per i suoi stessi artefici e da accettare in un frangente critico come questo. Non che la pandemia giustifichi ogni sospensione della democrazia, ci mancherebbe. Ma è difficile non imputare a Matteo Renzi un’avventatezza che della fine strategia ha ben poco; così come è impossibile negare che la scelta di Giuseppe Conte di affidarsi al voto delle Camere, ben sapendo di non avere i numeri necessari, sia stata un’estremizzazione della crisi di governo per nulla prudente.

Perché oltre l’attuale maggioranza, inutile nasconderselo, c’è la destra che attende sulla sponda del fiume il cadavere del governo giallo-rosso. Una destra autarchica e isolazionista che ha come riferimento i modelli polacco e ungherese, quei paradisi di oppressione salariale e negazione dei diritti che farebbero la felicità di ogni popolo. Oltre la crisi di governo c’è un Parlamento rabberciato a 600 rappresentanti da scegliere con una legge elettorale obsoleta e distorsiva, e tanto per gradire un presidente della Repubblica da regalare agli amici di Orban. Un gran bel casino, insomma.

E si può discutere quanto si vuole della bontà delle rivendicazioni di Renzi, ma sappiamo tutti che la politica è altra cosa rispetto ai giochi di potere: i soldi del Recovery Fund (e del MES) sono un boccone prelibato, troppo ghiotto per accontentarsi delle briciole. Sul piatto ci sono quasi 250 miliardi: circa il 15% del PIL nazionale, secondo le stime per il 2020. La mossa di ritirare le ministre potrà anche sembrare, agli osservatori più ingenui, un modo onesto di rinunciare alle poltrone per difendere le proprie idee, ma non siamo nati tutti ieri ed è patetico affermare che non ci siano altri tipi di interessi alla base della crisi di governo. Governo che, d’altro canto, è arrivato all’appuntamento con la storia sui banchi a rotelle delle scuole (chiuse) con i cartoncini colorati su cui elencare le restrizioni per le zone gialle, arancioni e rosse. Era lecito aspettarsi di più, dopo un anno di pandemia, e sarebbe intellettualmente disonesto non sottolinearlo.

Peccato però che mentre Conte e Renzi giochino a chi ce l’ha più lungo (il consenso, ça va sans dire) imperversi la seconda ondata e ci sia una campagna vaccinale da portare a termine nel più breve tempo possibile. Peccato che stando ai dati più aggiornati in Italia circa una persona su 100 sia attualmente positiva al coronavirus e i morti siano più di 80mila. Peccato che vi sia una generazione di studenti che non vede le aule da un anno e sta chiedendo a gran voce il rientro a scuola. Peccato che vi siano interi comparti produttivi fermi da mesi e in balia delle colorazioni, tra chi resiste stoicamente e chi viola ogni normativa nella totale impunità. Peccato che si parli così tanto di crisi di governo e così poco delle crisi invisibili che attanagliano e consumano le categorie più fragili della popolazione, fra cui gli anziani soli, i disoccupati, le persone affette da disturbi psichici e psicologici.

Per cui fate con comodo, senza disturbo. Decidete pure se chiamarvi costruttori o responsabili, trovate nomi fighi ai nuovi gruppi parlamentari, aspettate che a Mastella rinnovino i minuti illimitati. Quando avete finito di divertirvi, però, ricordate che oltre l’orizzonte del vostro ego esiste un mondo di intubati e posti letto che non si trovano, di infermieri che fanno turni da 26 ore e lavoratori bloccati un mese per un tampone, di dosi vaccinali che si riducono e famiglie che piangono i loro cari. Mi rendo conto che non è piacevole come un film da applaudire e da dimenticare appena lo schermo si oscura e le luci in sala si riaccendono, ma i cinema sono ancora chiusi, e il Parlamento non è il luogo adatto per sedersi con bibite e popcorn per vedere come va a finire.

Emanuele Tanzilli

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