Pedro, in teoria, di Marcos Gonsalez
Pedro, in teoria, di Marcos Gonsalez / Credits: Mar dei Sargassi

“Pedro, in teoria”, esordio letterario del saggista, critico e professore Marcos Gonsalez, tradotto da Marina Finaldi, è uscito in Italia per la casa editrice Mar dei Sargassi lo scorso maggio e, per le tematiche trattate, si inserisce nel catalogo dedicato a storie che danno voce a chi voce non ne ha avuta: le storie dei “diversi” e degli “emarginati.

Selezionata nel 2021 per il Brooklyn Public Library Literary Prize, l’opera ha riscosso grande successo ed è stata acclamata dal New York Times in quanto “emozionante”, “magistrale”, e “piacevolmente telescopica” con una “voce forte e personale”.

Sono infatti pagine molto dense che, come Gonsalez stesso dichiara, prendono molte forme, dall’epistola di scuse al saggio. Il risultato è un memoir autobiografico nel quale l’autore espone una sua teoria, “la teoria di Pedro”, elaborata nel corso della vita e attraverso la quale riflette su tematiche delicate, apparentemente troppo lontane dal nostro quotidiano, se non anacronistiche, eppure estremamente attuali e universali: il fenomeno di migrazione verso gli Stati Uniti, la terra promessa, la conseguente discriminazione per il colore della pelle, per la lingua, a cui si aggiunge quella per l’orientamento sessuale, e infine il desiderio di liberarsi dalle catene di una storia che non sente propria. La sua storia è la storia di tutti i Pedro che hanno vissuto sulla propria pelle il peso del colonialismo, e sono pertanto stati relegati ad uno stato di marginalità e invisibilità.

La teoria di Pedro

Il mondo si metterà fra voi. Ma per ora, l’intervallo di una fotografia, siete padre e figlio. Abbracciati. In due, uniti, presenti, all’inizio degli anni Novanta”.

La foto, che ritrae Marcos con suo padre, è la raffigurazione di due generazioni, un abbraccio tra la storia passata e il presente: da un lato il padre, elevato a simbolo di una generazione che è immigrata nella fatidica “Terra Promessa” alla ricerca di un futuro migliore, dall’altro un figlio che per gran parte della sua vita ha sentito pesare su di sé la “mole di questo passato, che è suo e non lo è”, e dal quale ha per questo tentato di staccarsi quanto più possibile.

Partendo da quella foto scattata da nessuno ricorda chi, e arricchendo la narrazione di ricordi, speculazioni e riflessioni, Gonsalez ripercorre la storia di Pedro, la storia della sua vita e di tutti i Pedro, la storia di un passato collettivo, per elaborare una teoria, la teoria di Pedro, al fine di capire cosa significhi essere messicano, essere un Pedro.

Pedro, in teoria di Marcos Gonsalez
Marcos Gonsalez, Credits: Mar dei Sargassi

La teoria di Pedro, o anche “Pedro, in teoria”, consiste in una riflessione che parte dalla spersonalizzazione del nome proprio “Pedro”, che assume una valenza aggettivale: il nome Pedro viene infatti spesso associato in maniera automatica a qualcuno del Sudamerica, è un nome stereotipato, ed è per questo motivo che pedro diventa un attributo universalmente valido per definire persone con determinate caratteristiche fisiche e determinati comportamenti sociali, come ad esempio la pelle scura, un lavoro umile, il vivere in quartieri specifici e il parlare male la lingua “del posto”. Il pedro è dunque Marcos, ma soprattutto suo padre e sua madre, una generazione che l’inclusione negli Stati uniti d’America l’ha vissuta sulla propria pelle, una generazione della quale Marcos si è vergognato per i primi vent’anni della sua vita. A queste caratteristiche Marcos vi aggiunge l’essere grasso e omosessuale negli Stati Uniti dei bianchi etero, la “bianca folla amorfa”. La semantica dell’aggettivo pedro quindi si amplia, andando a definire per estensione “una persona non ben accetta”, “il diverso per eccellenza” (tra tante virgolette).

Per anni Marcos si è sentito un pedro indesiderato, criticato, bullizzato, deriso, incompreso, e ha per questo motivo provato a lungo vergogna delle sue origini, per anni ha celato il suo essere messicano a causa delle discriminazioni legate alla storia di quest’aggettivo, presentandosi “solo” come portoricano. La vergogna e il desiderio di essere ben accetto nel mondo fatto su misura dei “bianchi” erano tali da negare, davanti a quelli che considerava amici, persino che suo padre fosse suo padre, ma “solo uno che lavorava per loro”. Un desiderio di spogliarsi della sua pelle da portoricano e messicano, grasso e omosessuale che ha prevalso e ha condizionato la sua vita e la sua voglia di integrarsi fino agli anni dell’università, un percorso di studi aiutato e finanziato proprio dal padre che ha per anni rinnegato, un padre che vede nel figlio la possibilità di riscattare se stesso e la famiglia intera. Allontanandosi per studiare nella Grande Mela, ha tentato di spogliarsi dalle vesti imposte nella cittadina in cui è cresciuto, facendo un secondo coming out: quando finalmente rivela delle sue origini messicane ai “nuovi amici”, nessuno si sconvolge, non è una grande notizia, è tutto normale. Da questo momento inizia il processo di auto-accettazione.

Nel suo primo libro, Gonsalez sperimenta generi diversi, dal saggio al memoir, dall’epistola al monologo, per analizzare e riflettere su quello che è stato il suo sguardo e la sua percezione della vita da bambino, con escursioni nel presente. “Pedro, in teoria” prende così le forme di una lettura densa, una riflessione sulle origini tanto sofferte di una qualsiasi persona, origini che si riflettono nel nome, nel colore della pelle, nella lingua, e anche nell’orientamento sessuale. Pedro, messicano, campesino, queer, è l’emarginato per eccellenza, costantemente sotto accusa dallo sguardo del prossimo, alla ricerca di un’identità che rispetti le aspettative dei bianchi e slegata dalla storia dei suoi genitori.

Al Pedro bambino che sognava di diventare scrittore, a Marcos: ce l’hai fatta, la tua storia è una storia vera, hai così rivendicato la “tua storia” rendendola storia di tutti.

“La nostra storia è un tempo sfasato, un racconto orale tramandato e dimenticato e, allo stesso momento, un vivo ricordo nei corpi che soffrono, amano, provano dolore. La nostra storia è una storia del corpo” (da pagina 198)

Nunzia Tortorella

Nunzia Tortorella
Avida lettrice fin dalla tenera età e appassionata di ogni manifestazione artistica. Ho studiato Letterature e culture comparate all'università di Napoli L'Orientale, scegliendo come lingue di studio il tedesco e il russo, con lo scopo di ampliare il mio bagaglio di conoscenze e i miei orizzonti attraverso l'incontro di culture diverse. Crescendo, ho fatto della scrittura il mio jet privato.

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