Nigeria e SARS. Un massacro silenzioso. Fonte immagine: SkyNews.
Nigeria e SARS. Un massacro silenzioso. Fonte immagine: SkyNews.

Nigeria – sono settimane difficili per il popolo africano in protesta contro la SARS, la Squadra speciale anti-rapina (Special Anti-Robbery Squad) accusata di abuso di potere, corruzione, brutalità e violenze.

Era il 1984 quando in Africa è stata istituita per la prima volta la SARS per contrastare una serie di crimini e illegalità tra cui rapine, furti e rapimenti. Dal 1992 la SARS è diventata un’unità del Dipartimento di Intelligence e Investigazione Criminale della Nigeria che agiva a volto coperto, “in favore della comunità”. Dopo i primi anni, però, qualcosa è cambiato. Tale unità di polizia si è trasformata nel problema stesso da ovviare; è diventa una vera e propria impresa criminale e il popolo africano, in seguito agli innumerevoli soprusi subiti, ha deciso di ribellarsi.

Nel corso degli ultimi anni la SARS è stata accusata di arresti e detenzioni immotivati, esecuzioni extragiudiziali, violenze sessuali ai danni di numerose donne nigeriane e abusi ai danni dei detenuti. Tra il 2017 e il 2020 Amnesty International ha documentato a rapporto ben 82 casi di tortura nei centri di detenzione SARS a giovani tra i 18 e i 35 anni. Dal 2017 è partita una petizione per l’abolizione della SARS al parlamento di Abuja e si sono susseguite, di mese in mese, numerose manifestazioni pacifiche di protesta insieme alla diffusione dei primi movimenti #EndSARS, un vero e proprio grido d’allarme il cui eco diventa sempre più forte.

Solo di recente il presidente nigeriano Muhammadu Buhari avrebbe accolto la richiesta dei manifestanti ma lo scetticismo del popolo e la diffusione di un video che testimonia l’omicidio di un ragazzo ha fatto sì che le manifestazioni proseguissero. 

Nigeria, #EndSARS, Fonte immagine: TheConversation.

Le proteste sono iniziate il 7 ottobre e da allora sono già stati registrati 56 morti. La situazione è peggiorata nell’ultima settimana, quando i soldati, durante la manifestazione del 20 ottobre, hanno sparato sulla folla riunita al casello di Lekki, nello stato di Lagos, violando il coprifuoco annunciato dal governatore Babajide Santo-Olu. Anche in questa occasione, Amnesty International ha registrato almeno 12 morti e diversi feriti, mentre il governo ha completamente negato questi numeri ammettendo un solo presunto decesso. Sui social, i manifestanti nigeriani, hanno subito smentito il dibattito numerico affermando che i morti sono almeno 78.

“Le telecamere sono state disattivate e i cadaveri rimossi da terra, in modo da eliminare tutte le prove” commenta così Sofia, giovane ventiduenne italo-nigeriana. Un vero e proprio massacro che si compie silenziosamente.

A dare l’appello e rompere il silenzio mediatico è stata proprio una blogger italo-nigeriana, Niky Nyenke, che nel corso degli ultimi giorni ha scosso le coscienze di tutti facendo appello alla verità, scrivendo ai media e alle tv locali, senza ottenere, malgrado ciò, molta visibilità. “In Europa, mentre l’Africa è piegata in due, si parla solo di Covid commenta “Il governo nigeriano ha staccato la corrente e ha mandato i soldati a sparare su giovani che stavano semplicemente protestando contro le ingiustizie che avvengono nel Paese. Chi ci salverà se il nostro governo decide di ucciderci? La Nigeria rischia un’altra guerra civile e l’ombra del Biafra fa paura. Volete aiutarci a casa nostra? Questo è il momento per farlo! Non lasciateci soli.”

Alla ribellione hanno preso parte soprattutto i giovani, stanchi di vedere il loro Paese sempre in ginocchio. La Nigeria è la nazione più popolosa di tutta l’Africa con 206 milioni di persone. È l’epicentro economico più importante del continente e detiene le maggiori riserve di petrolio.

Niky Nyenke aggiunge: “Gli africani non sono lì seduti a sognare solo di venire in Europa ma sognano di vivere come tutti quanti pacificamente. Tutti noi abbiamo il diritto di vivere serenamente nella propria terra. Questa storia merita attenzione. Questa generazione che lotta è una generazione istruita, che ha i social dalla loro parte. Accendere i riflettori su di loro è un modo per aiutarli in questa lotta.”

#EndSars Simbolo della protesta in Nigeria, Fonte immagine: @henyvbaby profile.

Sabrina Mautone

Sabrina Mautone
Sabrina Mautone nasce a Napoli il 18/05/96 e vive a Milano. Giornalista pubblicista laureata in Lingue Moderne presso la Federico II e specializzata in Comunicazione e Cooperazione Internazionale per Istituzioni ed Imprese presso l'Università Statale di Milano. Con un master post-lauream in Giornalismo Radio-Televisivo a Roma, lavora da freelancer e segue eventi in Italia e all'estero.

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