Ci aveva pensato Luigi De Magistris, il 1° dicembre, ad avviare il valzer di rimescolamenti che vedrà protagoniste tutte le forze di sinistra da qui alle Europee di maggio 2019. Una serie di scissioni e successive nuove alleanze portate poi avanti da Articolo Uno – MDP con un’altra manifestazione, il 16 dicembre. Ma cerchiamo di fare ordine nella galassia della “sinistra sinistra”.

De Magistris, “Oltre le disuguaglianze”

Era un’atmosfera tutto sommato positiva quella che si respirava il 1° dicembre al Teatro Italia di Roma, dove si teneva l’evento “Oltre le disuguaglianze”, organizzato dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris per cercare di condensare intorno a sé un progetto – non solo elettorale, dice, e infatti non parla apertamente delle Europee – che metta insieme elettori di sinistra, delusi dal Movimento 5 Stelle e soprattutto buona parte della società civile e dei movimenti, protagonisti della giornata di Roma. 

Un’immagine della manifestazione “Oltre le disuguaglianze”, organizzata da DemA il 1 dicembre al Teatro Italia di Roma.

Sul palco infatti si sono alternate personalità provenienti dai mondi più disparati: da Cecilia Strada, attivista per i diritti umani ed ex presidente della ONG Emergency, a Paolo Maddalena, noto costituzionalista; passando per Claudio Sanita, tra i leader del movimento No Tav Terzo Valico e molto applaudito dalla folla in sala. Pubblico che si scalda con il video-intervento del leader di Podemos Pablo Iglesias e ricopre di applausi l’intervento finale di De Magistris. C’è addirittura chi si alza e grida “Questo è un capopopolo!”, mentre ascolta il sindaco partenopeo invitare le ONG alla disobbedienza civile contro Salvini, attraccando nel porto di Napoli. E attacca ancor più duramente il M5S: “Salvini è come si presenta, i 5 Stelle hanno tradito il loro elettorato”.

Se l’ampia partecipazione e la personalità del leader sono le note positive, però, soprattutto quest’ultima rischia di diventare uno dei principali punti a sfavore del progetto. Il progetto appare tremendamente autoreferenziale: non si vedono intorno altri organizzatori o coordinatori se non lo stesso De Magistris. E, del resto, cosa aspettarsi da chi ha fondato un partito (DemA) che porta il suo stesso nome? Proprio questo proposito “accentratore” ha suscitato il disappunto di Potere al Popolo: il movimento nato proprio a Napoli dall’esperienza dell’Ex OPG occupato e che ora viaggia intorno al 2% nei sondaggi, una delle principali forze politiche alla sinistra del PD.

Con una nota ben articolata, il movimento ha denunciato di aver ricevuto un trattamento piuttosto sgradevole:  «Noi avremmo potuto intervenire una volta, ma non presentandoci come Potere al Popolo!, non facendo parlare un napoletano (!), e non parlando come realtà politica. (…) I soli soggetti politici titolati a parlare sarebbero stati il coordinatore di DemA all’inizio e De Magistris alla fine.» Concludendo con la loro personale visione dell’accaduto: «Capiamo che i vecchi partiti della sinistra si aggrappino a tutto perché per esistere devono eleggere e oggi De Magistris sembra un buon cavallo, ma a tutto c’è un limite…». La prospettiva che non riesca un dialogo tra due realtà così vicine come De Magistris e Potere al Popolo – lo stesso De Magistris ha spesso usato parole di incoraggiamento per il progetto dell’ex OPG – appare francamente una scelta poco sensata, che lascia poche speranze a qualsiasi ipotesi di alleanze a sinistra.

Inoltre, De Magistris nel corso del suo discorso finale ha fatto più volte riferimento all’esperienza di Napoli, per la quale parla di “esplosione culturale” e rivendica in particolare due cose: aver allontanato in maniera tempestiva Alfredo Romeo dalla gestione del patrimonio di Napoli – prima che scoppiasse il caso Consip – e aver evitato la svendita dei servizi pubblici anche in momenti di difficoltà economica.

È notizia di poche settimane fa, infatti, la vittoria politica di De Magistris nell’ottenere la sospensione del blocco alla spesa per il Comune di Napoli, chiesto dalla Corte dei Conti a settembre per squilibri di bilancio. Rimane però in piedi la questione del “debito ingiusto” risalente al terremoto del 1980, che De Magistris dice di voler cancellare; e restano i 2,5 miliardi di debiti che gravano sulla città e la rendono una delle più indebitate d’Italia, con il concreto rischio di default. Davvero quello di Napoli può essere preso come un modello virtuoso? Quando si passerà dalle vittorie politiche alle vittorie per i cittadini?

Ricostruzione: l’appello di MDP a una “sinistra rossoverde”

Sempre a Roma, ma stavolta all’Auditorium Antonianum, si riuniva un altro pezzettino del complesso puzzle della sinistra italiana: quello di Articolo Uno – MDP. Un appello simile, per tematiche, a quello dell’assemblea di De Magistris: proporre e attuare politiche che siano alternative sia a quelle della destra di governo che a quelle liberiste del PD, ed evidenziare le contraddizioni interne ai 5 Stelle per favorirne una scissione verso sinistra. Ma diverso nella struttura: non si riparta dai leader o dai “capitavola”, ammoniscono prima Bersani e poi Speranza.

MDP

L’evento, dal titolo “Ricostruzione” portava nel logo anche il simbolo di Liberi e Uguali: il progetto di costruire un partito dalla lista che il 4 marzo ha raccolto il 3,3% dei voti sembra però naufragato a causa del passo indietro di due dei tre partiti originariamente coinvolti (Possibile e Sinistra Italiana, insieme appunto a MDP). A chi è rivolto quindi l’appello? A tutti e a nessuno, e forse più a nessuno. E non a caso Speranza, in chiusura, identifica nella creazione di alleanze puramente elettorali “l’errore da non ripetere”.

In fondo, negli ambienti di Articolo Uno circola ancora la speranza che una vittoria di Zingaretti alle prossime primarie PD possa ricucire lo strappo interno al centrosinistra. E che quindi questa “sinistra rossoverde” possa nascere all’interno del contenitore del Partito Democratico. Ma in uno scenario del genere, l’ala liberal probabilmente non accetterebbe di fare da comprimaria per favorire il ritorno di D’Alema e Bersani; e lo dimostrano le voci che parlano di un Renzi pronto all’ennesima scissione per fondare un ‘suo’ partito, frenato però da sondaggi deludenti che quantificano un ipotetico progetto di questo tipo al 6% circa.

Le alleanze della sinistra per le Europee

Paradossalmente, quindi, tutto quello che succederà a sinistra in vista delle Europee dipende proprio dall’esito delle primarie PD di marzo: un partito più spostato al centro e aperto al dialogo con Forza Italia aprirebbe praterie per una riproposizione di un tentativo simile a quello di Liberi e Uguali, magari in salsa partenopea con De Magistris leader; viceversa, con un segretario come Zingaretti e un occhio di riguardo a MDP e ai fuoriusciti a 5 Stelle, gli spazi per possibili alleanze a sinistra si riducono notevolmente.

Rimane però una punta di amarezza se si pensa che, a pochi mesi da un voto fondamentale come quello delle Europee, ancora “grande è la confusione” sotto il cielo della sinistra italiana. E la situazione appare ancora più critica se si considera la soglia di sbarramento per le Europee fissata al 4%, che sarebbe non semplice da raggiungere anche per impossibili alleanze che vadano da MDP a Potere al Popolo.

L’impressione è che, stavolta più che mai, sarà la chiarezza di idee a essere premiata dagli elettori. E di idee chiare a sinistra se ne vedono davvero poche.

Simone Martuscelli

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