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[Copyright Simone Moricca, CC BY-NC-ND]

Il Piemonte è caduto, la Padania è arrivata. La domenica elettorale registra anche per le elezioni del Consiglio Regionale del Piemonte l’affermazione della Lega come prima forza e la disfatta del Movimento 5 Stelle, oltre alla resa di Chiamparino e di un PD che è parso non presente, pur mantenendo un risultato in linea con quello nazionale delle europee.

I risultati delle elezioni regionali in Piemonte

La consultazione ha arriso ad Alberto Cirio, di Forza Italia ma con un passato nella Lega Nord di Bossi, eletto con il 49.86% delle preferenze, che stacca nettamente il governatore uscente del PD Sergio Chiamparino (35.80%). Terzo posto per il candidato pentastellato Giorgio Bertola, che raccoglie appena il 13.62%.

Tra i partiti, è la Lega a fare la parte del leone con un robusto 37.10%, media ponderata tra il 31.09% raccolto a Torino, il 40.71% di Alessandria, il 41.22% di Cuneo, il 42.97% di Novara, il 44.41% di Biella, il 44.99% di Asti, il 46.18% del Verbano-Cusio-Ossola e il 47.52% di Vercelli.

A seguire il Partito Democratico con il 22.44% (25.45% nel torinese), poi il 12.55% del Movimento 5 Stelle, l’8.39% di Forza Italia e il 5.49% di Fratelli d’Italia.
Escludendo le liste civiche e di rilevanza locale, c’è poco spazio per gli altri partiti nazionali che hanno scelto di presentarsi: Liberi Uguali Verdi (Chiamparino) 2.42%, +Europa (Chiamparino) 1.82%, UDC (Cirio) 1.15%, Popolo della Famiglia (Valter Boero) 0.64%, Italia in Comune (Chiamparino) 0.58%.

La campagna elettorale è stata condotta su toni decisamente blandi, e senza mai giungere a uno scontro frontale vero e proprio. Perlomeno a Torino città, ad aver concentrato le energie sulla cartellonistica in ottica regionale è stata soprattutto Fratelli d’Italia con l’onnicandidato ex parlamentare forzista Roberto Rosso, attualmente vicesindaco di Trino Vercellese e consigliere comunale a Torino nonché candidato anche a un seggio a Strasburgo, mentre il consigliere comunale torinese della Lega Fabrizio Ricca, anch’egli candidato per la Regione, ha puntato sulla chiamata alle urne dei giovani con una lettera in buca. Il PD ha preferito orientare la sua comunicazione sulle elezioni europee con la campagna nazionale affissa sui mezzi del trasporto pubblico, una scelta che non ha pagato molto.

Scontro sulla TAV? Ininfluente in Piemonte

La TAV Torino-Lione è l’argomento che, in realtà, meno ha diviso: a eccezione del M5S, difatti, sono a favore della sua realizzazione sia gli altri candidati presidente che, in larghissima parte, le liste a loro collegate.
La questione del Terzo Valico dei Giovi, collegamento ferroviario tra Genova e Novi Ligure/Tortona in direzione della Svizzera, sembra invece essere stata ininfluente nella provincia di Alessandria.

La TAV, visto il consenso ampio e trascendentale all’opera, e sentito come tema principalmente in provincia di Torino e secondariamente dalle tante imprese della provincia di Cuneo, è servita solamente a spostare voti dal M5S alla Lega.

L’analisi degli sconfitti in Piemonte

Il M5S, inoltre, sconta due fattori penalizzanti che prescindono dai finora 14 mesi di governo nazionale condivisi con la Lega: la debolezza della candidatura di Giorgio Bertola, che per primo a ottobre 2018 ha ufficializzato la propria candidatura ma per i più è uno sconosciuto, e infine l’infelice esperienza di Chiara Appendino, sempre meno apprezzato Sindaco di Torino e anche Sindaco della Città Metropolitana, cioè Presidente della Provincia, fattore che senza dubbio ha dissuaso molti elettori tra quelli che risiedono o lavorano a Torino dall’esprimere il proprio sostegno alla lista pentastellata.

Il Partito Democratico deve solamente piangere se stesso, per non essere stato in grado di portare alla rielezione del Governatore uscente Sergio Chiamparino. In primo luogo, da anni non riesce a formare in proprio candidati validi in grado di essere rappresentativi, competenti e rassicuranti, tanto da dover sistematicamente – e ormai da anni – ricorrere alla “società civile” per trovare candidati che portino consenso.

Ne sono un esempio nel passato recente e nel presente le candidature dei vari Francesco Profumo e Mario Dogliani dal mondo accademico, dell’ottimo chirurgo Mauro Salizzoni, dell’anima delle “madamin” che a novembre avevano mobilitato la piazza di Torino in favore della TAV Giovanna Giordano, ma anche il ricorso al “riciclato dal Parlamento” Piero Fassino come candidato Sindaco di Torino sia nel 2011 (vincente al primo turno) che nel 2016 (sconfitto al ballottaggio) e inviso a più parti della città.
A ciò si aggiunga che Chiamparino ha lasciato intendere, in seguito alla sconfitta, la volontà di ritirarsi dalla politica.

In secondo luogo, e ciò non deve essere sottovalutato, si sono registrati alcuni malumori interni – chetati ma mai del tutto sopiti – tanto a riguardo della composizione delle liste e delle candidature quanto circa un certo favoritismo, sia nelle politiche attuate che nel bilanciamento delle rappresentanze territoriali, nei confronti di Torino e della sua provincia. Va tuttavia osservato come, dei 2.2 milioni di votanti piemontesi, la metà abbia espresso la propria preferenza nella provincia del capoluogo, con 395mila voti effettuati sotto la Mole: inoltre, risiede nella sola città di Torino un quinto dei cittadini piemontesi, mentre la popolazione totale della provincia equivale alla metà di quella regionale.

Il voto del Piemonte cambierà la sanità?

A questa domanda la risposta tendenziale è sì: è infatti ancora tutta da giocare la partita sul progetto della Città della Salute di Torino, che andrebbe a sorgere nei pressi della stazione ferroviaria del Lingotto. L’investimento previsto sarebbe di circa 500 milioni di euro, e vedrebbe trasferiti i maggiori ospedali della città, oltre all’accorpamento in un’unica Azienda Ospedaliera, mentre le vecchie strutture sarebbero recuperate all’uso pubblico e privato.

Non solo Torino: anche le ASL periferiche sono in attesa di un’organizzazione più logica e funzionale, e possibilmente di un potenziamento, che però potrebbe tanto essere rimandato quanto diventare soggetto di tagli.

Inoltre, una tradizione consolidata dall’alternanza tra le giunte di centrodestra e centrosinistra (Ghigo, Bresso, Cota e Chiamparino) è stata quella di variare, in senso sia restrittivo che concessivo, l’importo dei ticket sanitari sulle varie prestazioni. Gli utenti piemontesi devono sperare che la situazione attuale sia mantenuta, e se possibile migliorata.

Le conseguenze del voto del Piemonte

In ambito strettamente locale, sarà la nuova giunta Cirio a trazione leghista a negoziare con il governo nazionale a trazione leghista una maggiore autonomia regionale, completando l’iter avviato dalla giunta Chiamparino.

Con uno sguardo ai vicini prossimi, i risultati di questa tornata mettono fieno nella cascina di Lucia Bergonzoni, sottosegretaria alla cultura e candidata leghista alla guida dell’Emilia Romagna nel prossimo autunno: dovesse essere così, sarebbe finalmente compiuta la realizzazione della Padania senza bisogno di secessioni, come teorizzavamo lo scorso novembre.

In ottica piemontese, e ancor più strettamente torinese, il prossimo appuntamento di rilievo sarà l’elezione del Sindaco di Torino nella primavera 2021, salvo una caduta anticipata della giunta di Chiara Appendino, la cui rielezione appare un miraggio.
Sinistra e centrosinistra hanno due anni per organizzarsi, e se non perdono tempo possono riconquistare la città: in caso contrario, all’ombra della Mole giungerà il primo Sindaco di centrodestra dal 1992, al tramonto della Prima Repubblica.

Simone Moricca

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